La globalizzazione unitamente alle nuove tecnologie ha prodotto effetti sicuramente importanti, ci ha proiettato nel villaggio globale e Indietro non si torna.
Uno degli effetti della globalizzazione è un mercato ormai “globale” e quindi conflitti globali. Conflitti finanziari globali, conflitti economici globali; senza contare di un conflitto armato ormai Globale che, come dice Papa Francesco, seppur frammentata, è oggi una realtà.
Una vera e propria guerra mondiale che avrà effetti disastrosi sulla convivenza civile di questo nostro pianeta.
Se è vero quindi che siamo in una fase di conflitti globali l’approccio della politica ai problemi deve essere “globalizzante”. Problemi che richiedono soluzioni non più “nazionali” ma “sovranazionali”; per intenderci “continentali”..e quindi europei..
Questo è il compito della POLITICA oggi; una visione di futuro che vada oltre i confini del secolo scorso..
ripensare quindi all’Europa, ripensando a Ventotene ..ma non solo ! occorre ripensare a questo Villaggio Globale combattendo una guerra di idee e valori.
Una POLITICA che deve farsi carico di governare una vera e propria fase costituente nella quale si riscriveranno le regole del vivere civile.
Come dice Arturo Parisi la decisione, veloce, trasmessa in prima persona, alla generalità dei cittadini, raggiunti individualmente, saltando tutti gli apparati di intermediazione professionale (i famosi corpi intermedi), ha esaltato la propensione a proporsi come referenti immediati della domanda politica, e come promotori della risposta di governo.; questo ci spaventa, questo mette in crisi la democrazia in questo paese.
La cultura da cui proveniamo infatti ci impedisce di accettare la politica senza legarla ad un fatto collettivo; la politica per noi si realizza tramite un soggetto collettivo e non con il metodo dei tweet di questo o quel personaggio.
Pensiamo ad una sorta di “Rinascimento della Democrazia” che partendo da due principi fondamentali “Responsabilità” e “Uguaglianza” ponga le basi per un “mondo nuovo”.
È quindi di una fase costituente di cui abbiamo assoluto bisogno affinché dalle elites nasca un nuovo rinascimento culturale, politico, economico e sociale. Elite non certo chiuse in postriboli politici o economici ma che si mettono in campo con tutti quei cittadini che desiderano contribuire a questo processo costituente. Elite che si assumono la responsabilità di produrre un progetto di repubblica democratica per il terzo millennio che “responsabilmente” i cittadini dovranno contribuire a realizzare.
Per cambiare VERAMENTE occorre innanzi tutto una profonda e drammatica operazione verità che solo chi non ha paura dell’impopolarità puo’ permettersi di fare. E chi, se non i cittadini che si assumono questo compito in prima persona, può sfidare l’impopolarità?
Non è un caso che tutti quanti oggi accettino il parametro della governabilità come un tabù irrinunciabile senza curarsi di rispondere, di fronte ad un mondo che è completamente cambiato e sempre più cambierà, di quale Democrazia ha bisogno la nostra comunità; senza rispondere ad una domanda banale ma basilare in ogni Democrazia: “chi rappresenta chi?”.
Tutto ciò avviene con uno spettro che si aggira ancora per l’Italia: l’angoscia di un popolo alla ricerca del compimento di una identità nazionale.
Un popolo che non ha mai fatto alcuna rivoluzione ma paradossalmente un popolo che ha sempre aperto la strada a grandi cambiamenti epocali.
Un popolo che dopo l’epopea “romana” ha vissuto sempre in servitu’ e nonostante ciò ha prodotto quel grande fenomeno culturale che è stato il Rinascimento per tutta l’Europa ed il mondo conosciuto.
Un popolo che fuori dalla retorica risorgimentale non è riuscito nell’impresa di costruire una “nazione”; un comune sentire nazionale ed ha sempre interpretato lo Stato come un qualche cosa di avverso ai suoi interessi. Un popolo che ha sempre convissuto con istanze rivoluzionarie mai tramutatesi in vere e proprie azioni rivoluzionarie e sempre viziate da revanscismi di diversa natura.
E’ un popolo che è ancora alla ricerca di un senso, un significato da dare al suo vivere insieme. E’ questa la domanda che ognuno di noi si pone di fronte allo smarrimento segnato e voluto da una classe dirigente che a definirla tale ci vuole fantasia. Una classe dirigente economica, sociale, culturale, politica e, non ultima di certo, “finanziaria” che è in completo stato confusionale con un orizzonte di futuro che non supera lo steccato del proprio giardino.
Una classe dirigente disponibile tuttalpiù a costruire gattopardeschi processi e che, con una politica mediatica, è costretta a sperare nel più grande “gattopardesco” bluff del momento al grido “dopo di lui la catastrofe” o “l’ultima spiaggia”.
E’ infatti dalla questione della “Democrazia dei post-moderni” che occorre partire per garantire la governabilità di società complesse. E’ dall’etimo della Democrazia che occorre partire per superare una crisi che ha un solo aggettivo: epocale.
Richiamando quindi i Principi di Responsabilità e Uguaglianza è necessario porre mano concretamente alle questioni.
IL LAVORO: ci troviamo in una situazione che segna in modo drammatico una disuguaglianza profonda tra cittadini. Ci riferiamo a condizioni lavorative completamente differenti tra lavoratori, tra lavoratori del comparto pubblico e del comparto privato. L’unificazione delle condizioni lavorative è il primo obiettivo da realizzare anche per quanto riguarda l’aspetto della “valutazione”. Valutazione che nel privato è realizzata dai responsabili dell’impresa e nel pubblico potrebbe essere realizzata attraverso l’introduzione dello “spoil sistem” per le posizioni apicali.
Scendendo nella selva delle norme che regolano ( n. ? …..o meglio sregolano ..) il mondo del lavoro è chiaro ed evidente che alla proliferazione delle forme contrattuali di lavoro, inneggianti alla flessibilità/precarietà si è abbinata una incredibile diffusione sul territorio di agenzie interinali dalle dubbie e discutibili possibilità di ricollocazione.
Un’agenzia nazionale per il reimpiego, dotata degli strumenti scientifici più moderni, ( ci riferiamo non solo a strumenti tecnologici ma anche a “intelligenze” preposte ad accompagnare il lavoratore al suo reinserimento nel mondo del lavoro– Un mondo del lavoro che sempre più avrà caratteristiche duali: “lavoro dipendente” e “lavoro autonomo” , produrrebbe sicuramente più risultati di migliaia di agenzie interinali.
Lo stesso Statuto del Lavoratori che fu il punto più avanzato della legislazione del lavoro in illo tempore può e deve essere radicalmente cambiato.
BUROCRAZIA: l’applicazione dello spoil sistem applicando un principio di responsabilità certa risolverebbe sicuramente quella velocizzazione e quell’efficientamento dei provvedimenti legislativi di cui tanto si parla …a tutti i livelli della pubblica amministrazione.
GIUSTIZIA: Non c’è democrazia senza una Giustizia Giusta, senza una giustizia fattuale e tempestiva.
La giustizia civile: paralizzata da cinque milioni di cause pendenti opera in tempi mediamente superiori ai sette anni.
Questa situazione compromette la competitività del paese, alimenta sfiducia, carica di costi inutili le imprese e dissuade gli investitori stranieri.
Vanno perciò semplificati i riti del processo civile e promossi gli istituti deflattivi come la conciliazione.
Prioritario investire in informatizzazione e personale amministrativo, introdurre criteri di efficienza e di responsabilità per i magistrati, ridurre e razionalizzare le circoscrizioni giudiziarie.
E’ necessario semplificare e snellire lo svolgimento del processo civile applicando i principi introdotti dalla recente evoluzione del Diritto del Lavoro. La divisione tra Magistratura Ordinaria e Magistratura Amministrativa (Tar) deve essere rivisitata alla luce dell’esperienza, onde evitare sperequazioni e squilibri sul piano dei diritti. Nemmeno gli arbitrati devono essere affidati al Corpo della Magistratura, ma riteniamo che si debba creare una “autority” completamente separata dall’Ordinamento Giudiziario.
Il processo d’appello gestito da un giudice monocratico aiuterebbe il processo di semplificazione e di efficienza, così come la non appellabilità da parte del PM, qualora intervenisse in Assise l’assoluzione, fatta salva la facoltà della parte lesa di richiedere risarcimento in sede civile. Conseguentemente riteniamo che nel processo civile siano sufficienti due gradi di giudizio.
La Corte dei conti
L’infiltrazione della criminalità organizzata nella Pubblica Amministrazione e la corruzione dilagante producono effetti devastanti non solo nelle regioni del Sud; è pertanto indispensabile rivedere il ruolo, la funzione e la stessa composizione di questo organismo.
Il controllo del bilancio dell’ente locale non deve essere un controllo di merito, ma un rigoroso strumento che verifichi la conformità della spesa alle norme vigenti.
Anche attraverso l’informatizzazione completa e capillare si deve impedire che si protraggano condizioni di dissesto degli enti pubblici e situazioni palesemente illegittime relative, ad esempio, a gare d’appalto. Questo non esclude il ricorso al blocco dei trasferimenti da parte dello Stato con il parere vincolante della Corte.
LA SCUOLA (Scotto di Luzio) non può più essere “venduta” come opportunità di autorealizzazione sganciata da un legame vivo con la tradizione culturale.
La scuola va liberata di funzioni e di pesi che non le competono e messa al servizio di un progetto di sviluppo della nazione. Per fare questo è però necessario avere un’idea del paese, della sua storia, delle sue tradizioni culturali e sociali e del modo di in cui è possibile rinnovarle.
La scuola ha quindi bisogno di sapere ciò che è degno di essere conservato e tramandato alle generazioni che verranno.
La scuola deve essere intesa come un dovere della persone e non un qualche cosa che si fa a loro vantaggio!
E compito della scuola, dell’educazione è coltivare il giudizio e cioè il pensiero che ci permette di scegliere, di distinguere tra ciò che è bello ed è meritevole della nostra ammirazione e ciò che deve essere senz’altro rifiutato.
Non l’escogitazione di un congegno didattico o di un curricolo ben organizzato, ma il frutto dell’opera paziente dell’interpretazione.
Prodotto quindi di un lavoro critico di discriminazione, la cultura è essa stessa la base di esercizio della facoltà individuale di chiarificare e distinguere i significati, perché comporta il riconoscimento di un canone e di ciò che lo sfida ai suoi margini e continuamente lo rimette in discussione, sollecitando una ininterrotta opera di giustificazione razionale dei valori
Carlo Viscardi – Alessandria