Abbiamo visto i più svariati accostamenti in questi giorni. Il più abusato è quello tra Canelli e Rosarno. Abbiamo sentito anche le più disparate soluzioni. Ma solo alla questione degli accampamenti dei braccianti stranieri. Dichiarazioni buone solo a conquistare qualche titolo di giornale e provenienti proprio da coloro che non hanno mai affrontato seriamente questo tema.
Mi pareva giusto fare un’analisi meno superficiale partendo dalla mia esperienza personale. Infatti lo scorso anno ero tra loro, spalla a spalla, a vendemmiare con otto ragazzi polacchi. Qualcuno, alla notizia che avrei chiuso lo studio di architettura per una settimana causa vendemmia, ha strabuzzato gli occhi. Purtroppo, per chi come me ha un lavoro autonomo, avere il 50% dei creditori che non ha nessuna intenzione di pagare, può diventare un problema da non dormirci la notte. Così ho fatto la mia esperienza sul campo. Per fortuna sono anche titolare di una partita iva agricola e la mia posizione era facilmente regolabile. I miei colleghi invece facevano parte di una coperativa. L’imprenditore agricolo ci forniva un lauto pranzo e per i ragazzi stranieri metteva a disposizione un’abitazione più che decorosa.
Ma chiaramente per la legge italiana l’agricoltore, anche in questo caso, non è in regola. Anche se si pagano tasse e contributi, infatti, la cooperativa dovrebbe mettere a disposizione non solo manodopera ma anche tutta l’attrezzatura necessaria, senza utilizzare gli strumenti (già in loco) presenti nell’azienda agricola. Alternativa? Assumere per una settimana ogni vendemmiatore il che si traduce in circa 600 euro di costi di assunzione, tasse e contributi a fronte di un guadagno del vendemmiatore di circa 300 euro.
Come al solito nello Stato della sovra – regolamentazione, in cui nessuno riesce ad essere “a norma” al 100%, vince chi se ne frega e, tanto per rischiare, rischia tutto. Quindi, da imprenditore furbo, chiamo un sedicente capo (il più delle volte straniero) di una fantomatica cooperativa e penso di aver risolto ogni problema.
Questo è il motivo per cui in un paese con il 40% di disoccupazione giovanile, si ricorre così massicciamente a stagionali stranieri. Non è questione di bamboccioni ma di rimbamboccioni che hanno legiferato.
La soluzione c’è. E passa dal semplice uso degli strumenti che già ci sono. Gli stagionali dell’agricoltura dovrebbero essere registrati all’anagrafe agricola (esistente e completamente informatizzata), le visite mediche dovrebbero essere eseguite ogni anno e gratuitamente dalle Aziende sanitarie locali (un’opportunità di screening preventivo).
Si potrebbero così eliminare gli adempimenti di assunzione e licenziamento, lasciando solo la comunicazione di inizio e fine lavoro sul portale, con indicazione dell’importo pagato e relativi oneri contributivi / fiscali. Chi non è registrato non è in regola. Chi utilizza lavoratori non registrati sarà sanzionato, e mi auguro anche pesantemente.
In un paese normale e civile si farebbe pressappoco così.
*Consigliere regionale M5S Piemonte