Tradizioni contadine di cui faremmo volentieri a meno

Ho appreso dai mezzi di informazione che Domenica 21 Settembre a Frascaro (AL) si svolgerà “Frutti e buoi dei paesi tuoi”. Sulla locandina si legge che è la “quinta mostra-mercato di piante, animali cibi rari, tradizionali e curiosi… Appuntamento per grandi e piccini. Lo scopo di questa festa è quello di far rivivere le tradizioni contadine, i sapori di una volta e per far conoscere soprattutto ai bambini gli animali della fattoria”.

Mi sono soffermata sulla questione della mostra mercato degli animali che io ripudio senza alcuna mediazione: gli animali non sono oggetti che si esibiscono e si vendono in un mercato e spero che a questa pratica anacronistica un giorno la legge, porrà fine. Sarebbe sufficiente un regolamento comunale dettato dal buon senso ma la granitica politica specista degli enti locali è dura a morire. Ho cercato sulla locandina un riscontro delle altre iniziative, apparentemente piacevoli, riferendomi soprattutto alla conoscenza degli animali della fattoria da parte dei bambini. Ho visto la foto di due buoi che paiono stremati a trascinare un carro carico di persone, e la foto di galline racchiuse in gabbie anguste (sicuramente a norma) che cercano di percepire qualcosa del mondo che le circonda guardandolo attraverso quella sorta di bara a quadretti in cui sono rinchiuse. L’iniziativa di far conoscere gli animali della fattoria riguarda infatti l’esposizione di galline, anatre, oche, conigli, asini, buoi e tanti altri animali da cortile che, come in ogni simile occasione, saranno ingabbiati, legati, incatenati, recintati. E poi le passeggiate sui pony, sui cavalli e sul carro trainato dai buoi: c’è da augurarsi che queste passeggiate non siano la solita occasione per vedere quei disgraziati animali trattati come macchine che ripetono gli stessi movimenti ripetitivi come in una giostra.

Sul sito del Comune di Frascaro c’è una galleria fotografica deprimente sulle condizioni (sicuramente a norma) degli animali alla festa.

Restava la curiosità sui “cibi rari, tradizionali e curiosi”: non ho trovato nulla di raro e curioso ma solo piatti tristemente tradizionali, per esempio insalatina di galletto, polenta con cinghiale o gorgonzola, trippa. I bambini sono invitati a conoscere gli animali e poi li trovano morti a pezzetti nel piatto. Visto che la festa si prefigge uno scopo didattico, bisognerebbe che lo perseguisse fino in fondo, mostrando l’anello di congiunzione tra cortile e piatto: il macello. Non voglio dare lezioni di ristorazione, in cui non sono affatto competente, ma almeno in questa occasione si sarebbe potuto organizzare un appuntamento gastronomico che risparmiasse la vita degli sfortunati animali che i bambini saranno lì per conoscere. E’ davvero imbarazzante che nessuno dei ristoratori abbia pensato di proporre un menù veg. Quando si organizzano certi appuntamenti, bisognerebbe essere almeno coerenti col messaggio che si vuole trasmettere.

Gli organizzatori mostrano l’orgoglio di portare avanti la tradizione contadina, di riportare in luce gli antichi valori e quella socialità che rende più gradevole il vivere civile. Ciò che in realtà ha luogo in qualsiasi manifestazione con animali in mostra, peggio che mai in gabbia, non ha nulla di civile, nonostante sia presentato nell’assoluta legalità, come spero accadrà a Frascaro. Chi vuole conoscere gli animali, deve vederli liberi da gabbie, corde e catene, osservarli nei loro comportamenti, ed eventualmente interagire con parole e gesti.

L’aggravante di questi appuntamenti è che diventano un alibi per fare didattica ai bambini, mostrando loro gli animali da vicino. Se ci mettiamo dal punto di vista dei bambini, ci accorgiamo che certamente vedono gli animali da vicino ma ingabbiati, legati, incatenati e recintati: ciò è diseducativo perché i bambini interiorizzano l’idea della sopraffazione dell’uomo su altri esseri viventi indifesi e la ritengono legittima. Queste iniziative legate allo sfruttamento degli animali non aiutano a creare la cultura della tutela dei loro diritti: al contrario, fanno un passo indietro rispetto a tutto ciò che molte amministrazioni locali hanno fatto finora e sono intenzionate a fare in futuro.

E’ sconfortante vedere che la città di Alessandria abbia prestato il suo logo all’iniziativa di Frascaro: è l’ennesimo segnale di noncuranza verso gli animali dato da questa Amministrazione Comunale, caduta in un progressivo degrado nell’affrontare la questione animale, sotto ogni punto di vista.

E’ altrettanto sconfortante vedere il logo della Comunità San Benedetto, che offre sostegno ai bisognosi, agli emarginati, ai sofferenti, insomma agli ultimi, e non capisco come possa ignorare la sofferenza degli animali, gli ultimi degli ultimi.

Anche l’ordine dei medici veterinari della Provincia di Alessandria appoggia l’iniziativa e mi chiedo con che occhi i veterinari guardino quegli schiavi rinchiusi. Un veterinario può certamente controllare che le condizioni degli animali siano a norma di legge ma non basta affidarsi alla legalità perché non tutto ciò che è legale è moralmente accettabile.

Credo che fiere e mercati di animali non abbiano più senso: non che in passato ne abbiano avuto… ma oggi bisognerebbe voltare pagina e lasciarsi alle spalle quelle anacronistiche usanze che si appellano a leggi e regolamenti, anziché fare capo a una sola legge: quella etica.

A proposito di regolamenti, ciò che mi ha lasciata davvero senza parole è il regolamento che disciplina specificamente questa mostra: non vi è traccia di cura e attenzione per gli animali, non sono citate le parole “tutela”, “benessere” degli animali, ignorando che a quella fiera gli animali ci devono stare un’intera giornata ingabbiati, legati, incatenati, recintati. Esporre animali o tavoli da giardino non è certo la stessa cosa: si può discutere di area espositiva, posteggi, assicurazioni, tasse, canoni e sanzioni ma nulla dovrebbe essere più importante degli animali che in questo baraccone purtroppo sono ridotti a meri oggetti di compravendita, come nella peggiore tradizione schiavista.

“Chiunque abbia l’indecenza di tenere anche un solo animale in gabbia, o non provi sdegno alla vista di un animale recluso, evidentemente non ha ancora liberato se stesso – e chissà mai se ci riuscirà – dall’ottusa convinzione secondo la quale gli animali, in quanto esseri “inferiori”, avrebbero bisogni assai limitati che andrebbero poco oltre il mangiare e il bere”. (Giovanni Soriano, Malomondo, 2013)

Cordiali saluti.

Paola Re – Tortona (AL)
Delegata del Movimento Antispecista