Dopo le prime vittorie di Fausto Coppi, nella primavera del 1939, l’alessandrina Casa Maino, con il suo direttore sportivo Giovanni Podestà, gli offrì un ingaggio. Fausto mostrò di gradire la richiesta, soprattutto per il prestigio di una maglia gloriosa, filo diretto con l’altro grande campionissimo, Girardengo. Ma, all’insaputa del giovane atleta, il suo fac-totum Biagio Cavanna si era già impegnato con la Legnano.
Quando la cosa venne all’orecchio dei dirigenti alessandrini, si decise di affidare a Girardengo il compito di dirimere la questione. Infatti, la mattina precedente il Giro del Piemonte, che doveva rivelare le qualità di campione del nostro Fausto, il buon Costante si precipitò a casa di Coppi. Il giovane, appena rientrato dall’allenamento, cercò di tergiversare, in quanto avrebbe voluto informare Cavanna, suo fidato consulente. Intervennero la signora Angiolina, madre del campione, e la zia e, fiduciose delle parole di Girardengo, convinsero Fausto a sottoscrivere l’impegno.
Tra Coppi e Cavanna, informato della cosa, ci fu certo un battibecco e, poiché evidentemente il cieco massaggiatore aveva mandato di rappresentanza, si cercò di annullare l’impegno sottoscritto con la Maino. Ma i protagonisti, nonostante le firme apposte, erano pur sempre – parliamo di altri tempi – tutti gentiluomini. Si arrivò quindi a un compromesso: Fausto Coppi avrebbe dovuto disputare in quella stagione tre corse per la casa alessandrina, dopo di che le parti contraenti avrebbero avuto libertà di scelta se proseguire il contratto o considerarlo estinto.
La cosa, tuttavia, si esaurì ancor prima del termine in quanto, per ragioni non solo economiche ma anche di assetto organizzativo, Coppi e Cavanna propendevano per la casa milanese.
La casa Maino, con grande disponibilità e signorilità, rinunciava a seguire il futuro campione nelle due gare che ancora rimanevano, in quanto Coppi, psicologicamente, aveva già scelto un’altra strada che lo portava lontano da Alessandria, anche se non del tutto dal cuore degli alessandrini.