Sul primo pezzo di questo blog Flessibile (datato novembre 2012) che è diventato per me un appuntamento settimanale lieve e stimolante, lamentavo la mia lontananza dalla politica imputandola all’impossibilità di trovare qualcuno che potesse rappresentare le mie idee.
Le mie idee.
Sono veramente mie?
E soprattutto sono idee o semplicemente pensieri fuggevoli?
Provo a ragionare.
Intanto non credo che le mie idee siano poi così uniche.
Ascolto gli amici, i colleghi, i giovani, gli anziani, i baristi, i barbieri, tutti, e mi rendo conto che molti le condividono.
“Bene! – mi dico – tutti vorremmo qualcosa di meglio, magari qualcosina in più, magari non solo per noi stessi ma anche per gli altri”.
E dunque?
Come si spiega che nella cabina elettorale l’unità di intenti si infranga e si sparga come cenere nel mare magnum dell’inutilità?
Chi, da lassù o da dove volete, ci dice di votare per qualcuno che incarna la nostra rabbia, la nostra razza, la nostra voglia di fare, il nostro lavoro, la nostra vita, le nostre scarpe?
Faccio eco a GZL che lamenta sulle colonne di questa testata disattenzione, immobilità, promesse non ancora mantenute, dissesto, distrazione, burocrazia.
Ma faccio anche affidamento alle capacità di un’Italia che esiste.
In Europa abbiamo bisogno di voci sane.
Le mie idee sono idee sane?
Ritengo che se ci mettiamo insieme, cari amici, colleghi, giovani, anziani, baristi, barbieri, tutti, possiamo forse dire la nostra.
Per il momento ritorno ai seggi e voto senza fare troppi danni.
Guardo la scheda: ultimo timbro, domani mi tocca andare in Comune per rinnovarla. E nel frattempo magari firmo per i referendum.
Già che siamo in ballo, balliamo fino a che l’orchestra non chiama l’ultimo valzer.