Matilde Izzia è un’artista del territorio monferrino ancora tutta da scoprire, ma d’ora in poi si potrà conoscere di più del personaggio e delle sue opere visitando la sezione di arte contemporanea appena inaugurata all’interno del Complesso Monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo, nella quale sono esposti permanentemente circa cinquanta suoi dipinti.
Nata nel 1931 a Casale Monferrato da famiglia di nobile casata e da sempre dedita all’arte, l’artista manifesta precocemente il suo talento, sia letterario che pittorico. Si diploma a pieni voti nel 1949 al Liceo artistico dell’Accademia Albertina. Il suo insegnante Francesco Menzio la avvicina alla cultura dei ‘sei pittori di Torino’ (Enrico Paulucci, Francesco Menzio, Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi).
Negli anni a seguire si dedica totalmente alla pittura, esponendo molto raramente (nel 1968 a Torino presso la Galleria d’Arte Fogliato, a Ginevra nel 1970 presso la Gallerie Motte e di nuovo a Torino nel 1971 alla galleria Hilton dove si firmava Matilde di Ricaldone, utilizzando il cognome del marito Aldo di Ricaldone, noto storico.
Matilde Izzia è rimasta per tutta la vita lontana dagli schemi che il mercato imponeva all’arte, ed ha sempre prediletto dipingere in solitudine, nei suoi amati rifugi: lo studiolo sul Po a Torino e poi il ‘Romito’, nel Monferrato, in zona Ottiglio: così la ricordano la nipote, gli amici e coloro che ora hanno contribuito con la mostra permanente a valorizzare la sua arte, come il Direttore del Museo di Santa Croce, Gianfranco Cuttica di Revigliasco e l’editore artigiano Lorenzo Fornaca.
Tormentata dalle sue premonizioni e dalle tensioni verso lo spirituale, Matilde ha trasmesso testimonianza della sua ‘magia’ interiore in ogni sua opera. La sua produzione è molto vasta (circa 500 oli su tele di grandi dimensioni) e suoi quadri sono presenti in grandi collezioni private. La sua preparazione va ben oltre la pur validissima impostazione torinese: pur affondando le sue radici nella tradizione novecentista, l’artista si contraddistingue per uno stile del tutto personale. La sua pittura intende approdare ad una realtà trasognata, metafisica, perdendo i connotati realistici, pur essendo e mantenendosi comunque figurativa.
I suoi personaggi spesso perdono il contatto con la realtà e paiono fluttuare in una dimensione onirica, sembrano abbandonarsi al sogno, paiono in attesa di eventi…qualcosa di inespresso e sorprendente rende magica l’atmosfera.
Si puo’ trovare qualche riferimento con il silenzio metafisico di Carrà o il tratto favolistico di Chagall, anche se l’arte di Izzia sembra potersi definire più il frutto di realismo magico sentimentale. Gli sfondi nelle sue tele sono estremamente semplici, e a volte gli elementi paesaggistici sono appena suggeriti o accennati. Spesso, vicino ai soggetti vi sono oggetti che paiono casualmente posati lì accanto: una bicicletta, un uccellino, un cardo….., protagonisti di un mondo più simbolico che reale. Le composizioni armoniche non sempre seguono regole di prospettiva, e riflettono una realtà più sentimentale che ottica. I colori variegati sono stesi con toni pacati di sironiana memoria, che non ne intacca però l’originalità.
Alberi, paesaggi collinari, campagna, persone, cani, i suoi bizzarri fox terrier, bottiglie, nature morte silenziose, che spesso riportano coppe vuote o ricolme di fiori e frutti: questi i suoi soggetti, come le donne senza connotati, o nude e vaganti per la campagna, testimoni di una bellezza poco sensuale, sono permeate di una forza misteriosa. Bellissima in mostra anche la Venere d’argilla, scultura con busto di donna in grandezza naturale, espressione di una femminilità vigorosa, in posa dinamica, come se volesse sollevarsi. Essa è la trasposizione di un ideale femminile che emerge anche nelle tante altre figure di donna presenti nelle tele: donna, creatura unica, forte e complessa.