Ieri è morto Paolo Zoccola. Aveva compiuto da poco settant’anni, ed era un grande giornalista, un uomo colto e ironico, ma soprattutto una persona perbene.
Per me e Andrea Antonuccio Paolo era il ‘mitico’ direttore del Piccolo, dei tempi in cui eravamo al liceo, e poi all’Università. Una figura autorevole, che ebbi modo di conoscere superficialmente, da aspirante giornalista, credo intorno al 1992, prima di intraprendere i primi passi del mio tragitto professionale altrove, a Milano.
Ma il rapporto vero, e di grande affinità, con Paolo è stato quello dell’ultimo anno. Lo incontrai l’estate scorsa, grazie ad un amico comune, Carlo Viscardi. E naturalmente subito gli proposi un’intervista a tutto campo, da osservatore attento e disincantato dell’Alessandria di ieri, e di oggi. Accettò dopo qualche ritrosìa, e oggi ci fa piacere riproporvene la lettura, perchè intelligenza ed ironia di Paolo in quel pezzo emergono in maniera netta, per chi sa coglierle.
Fu un incontro a tre in realtà, a cui partecipò appunto anche Andrea, che ben ricorderà credo anche la piacevole conversazione a latere dell’intervista ufficiale: ricca di aneddoti, di umanità, di disincanto e di acume.
Fu allora che ci venne spontaneo dirgli: “Direttore, perchè non torna in pista con noi, con una bella rubrica di riflessioni e analisi, locali e non?”. Ci pensò, e poi accettò con entusiasmo: a patto naturalmente che passassimo al tu, “e che mi sia consentito sostituire la foto dell’intervista con un’altra che vi mando io”, sorrise ironico. Ossia quella, splendida, che divenne il simbolo della sua Coda dell’occhio, titolo scelto dallo stesso Paolo, “perchè vorrei raccontare i pensieri laterali, le visioni e i punti di vista meno scontati, e quelle immagini che appunto intercetti solo per un attimo, con la coda dell’occhio”.
Il resto è storia di questi mesi, che conoscete anche voi. Paolo Zoccola a scrivere, commentare, dibattere ci aveva ripreso gusto, e noi ne eravamo orgogliosissimi. Quel che magari non sapete è che era nato tra noi un rapporto non solo professionale ma di amicizia, assolutamente diretta e profonda. “Mi raccomando – ci diceva ogni tanto – se scrivo qualche stupidaggine, o qualche punto di vista che vi crea problemi, ditemelo e modifico senza problemi”. Ma, naturalmente, non è mai successo, e non ci saremmo mai permessi di farlo. Perché Paolo Zoccola, anche quando prendeva posizioni nette e decise sui diversi temi (ossia sempre: era uomo di grande garbo, ma anche dalle idee forti e definite) lo faceva mettendosi dalla parte del dialogo, del dubbio, del confronto. Si capiva che era refrattario ai dogmi, di qualsiasi tipo e natura. E, personalmente, mi piaceva anche per questo.
Non solo: col passare dei mesi prese a viziarci, e il ‘concordato’ editoriale settimanale di Paolo divennero due, spesso tre. Mi bastava mandargli un’e-mail: “Direttore, domani sono in giro tutto il giorno, e mi sa che non riesco a scrivere niente”. E lui: “tranquillo, ci penso io: entro sera arriva la coda”.
La sua rubrica purtroppo si ferma al 10 marzo.
Qualche settimana prima ci eravamo visti, per un caffè e molte preziose riflessioni sull’Alessandria di ieri e di oggi, e lo trovai piuttosto affaticato. Anche se, da uomo schivo, preferiva parlare poco di sé, e men che meno dei suoi problemi di salute.
“Mi sa che devo fermarmi un po’ Ettore, sono sopraffatto da questioni di varia natura, ma spero di riprendere quanto prima a scrivere per il vostro bel giornale”, mi scrisse a metà marzo. In un paio di telefonate successive capii che non sarebbe stato così. Anche se speravo che potesse migliorare, e che davvero tornasse a scrivere, ma soprattutto a regalarci, anche in privato, i suoi sprazzi di ironia, e di intelligenza lucida. Perché Paolo aveva ancora voglia di vivere, e anche di cambiare in meglio questo Paese. Per questo ci mancherà la sua Coda dell’occhio, e la sua amicizia.
Ciao, Direttore.
Il funerale di Paolo Zoccola sarà celebrato mercoledì mattina alle 10, nella chiesa di San Pio V. Il rosario, nella stessa chiesa, martedì sera alle 19.