Piazza Vittorio Emanuele II [Un tuffo nel passato]

di Tony Frisina.

Ogni giorno che passa, rimugino su quanto Alessandria fosse una gradevole città, almeno fino agli anni ‘10-’20 del secolo passato (non che non abbia altre cose a cui pensare e di cui occuparmi in tutto il giorno!).

Forse anche prima del ‘900 era una bella città però – a noi – è possibile giudicare in particolare dalle fotografie e dalle cartoline, per cui oltre una certa epoca non è possibile andare a ritroso nel tempo.

Quindi, a giudicare dalla cartolina postale che sottopongo oggi all’osservazione degli appassionati, è evidente a chiunque che in questa visione sia celata l’essenza dell’armonia che avvolgeva tutta la città o forse del centro storico a quell’epoca: esattamente cento anni or sono.

A volte rimugino soltanto… altre volte mi sfogo e parlo con chi è in grado di capire. Altre volte scrivo, come ora.

Questo preambolo, forse esagerato, per arrivare a dire che anche dall’osservazione di questa cartolina possiamo trarre delle conclusioni e fare dei paralleli.

I distruttori esistevono un tempo come esistono nella nostra epoca. Forse esisteranno sempre.

In questo caso possiamo osservare, d’angolo con via Mazzini, il palazzo poi demolito per far luogo al nuovo Palazzo delle Poste e Telegrafi.

Fu abbattuto (con altri quattro o cinque bei palazzi prospicienti la piazza) intorno al 1936, dato che il nuovo manufatto fu realizzato nell’arco temporale fra il 1937 ed il 1941.

Risulta evidente anche al più sprovveduto osservatore quanto la nuova costruzione di gusto Razionalista sia in assoluta dissonanza con la bella scenografia Sette-Ottocentesca della piazza Vittorio Emanuele II.

Siamo in periodo Fascista, quindi non si può discutere; scelte prese dall’alto, quindi la città doveva subire… come però – a pensarci – subisce ancora oggi.

Quante volte sono stati commessi atti barbari in nome di chissà quale chimera anche fino a non molto tempo fa? Abbattimenti di palazzi meritevoli di conservazione, rifacimento di arredi urbani, sostituzione di manto stradale, ecc.

Quindi come si vede non è questione di dittatura o di Repubblica.

Nulla di nuovo tra il Tanaro e il Bormida. Chi comanda fa sempre e soltanto quello che vuole e/o ciò che gli conviene. E gli alessandrini stanno a guardare, con le lacrime agli occhi o enormemente incazzati. Nulla possono fare davanti al fatto compiuto, davanti a soprusi belli e buoni.

Ma torniamo ad osservare la città in questa bella immagine, forse invernale, dove cittadini di sesso maschile (non una sola donna all’orizzonte) posano incuriositi ed orgogliosi accanto al nuovo mezzo di trasporto pubblico. Siamo forse nel 1913 o inizio 1914. Il tram – fermato per lo scatto del fotografo – e la gente, fanno cornice in questa rara cartolina e molti elementi di arredo urbano ci danno l’immagine di una città gradevole e vivibile.

La bellezza e ricchezza delle vetrine della Premiata Salumeria Felice Rossi e C. sono lontane dal lasciar immaginare la profonda crisi e i tempi balordi nel cui gorgo sono finiti gli alessandrini di oggi. Tutto ciò suggerisce che un secolo non è bastato a portare progresso e cultura, gusto per il bello e per l’armonia, amministratori sinceri e leali pronti a sacrificarsi per il bene della città e dei concittadini.

La prova di come la pensi la città sta nel fatto che ogni volta, con sentimenti di speranza, si elegga un sindaco e un Consiglio e finito il mandato lo si mandi a casa quasi con ignominia.

Insomma, non possiamo far altro che sperare bene per il futuro…

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E ora il consueto servizio d’epoca.

IN PRETURA – Brusà e il suo cane

Chilotti Romeo Eugenio da tutti conosciuto sotto il nome di Brusà nella molteplice qualità dei suoi commerci aveva avuto anche l’idea di acquistare un bel cane lupo di proprietà del macellaio Lombardi Mario.

Dicono che i cani portano fortuna ma questa volta invece a Brusà il cane, forse perché era un lupo, portò disgrazia, giacchè dopo una serie di lunghe contestazioni che fruttarono ai due contraenti molte chiamate in questura, andò a finire che un bel giorno il Lombardi e il Brusà trovatisi in piazza Vittorio Emanuele vennero alle mani e si scambiarono una buona dose di pugni.

Chi ebbe la peggio fu Brusà, perché essendo nella lite intervenuto anche il padre del Lombardi, questi in difesa del figlio ruppe un bastone nella testa al Brusà.

I contendenti andarono a farsi giudicare in Pretura martedì scorso, ma anche qui Brusà ebbe sventura, perché il Pretore assolse i due Lombardi padre e figlio dalle imputazioni loro fatte di lesioni ed ingiurie, e condannò invece Brusà a lire centocinquanta di multa per lesioni.

Pretore avv. Florè; P. M. avv. Gho; P. C. per il Brusà avv. Soriano; difensori dei Lombardi avvocati Fontana e Porrati. Cancelliere Aprile.

LA FIAMMA Settimanale Socialista – Organo della « Cesare Battisti » Anno IV – N. 7 – Alessandria, 24 Febbraio 1922