Simone Zerbinati: “Noi giovani imprenditori scommettiamo sul futuro del Paese: ma la politica faccia la sua parte!”

Zerbinati Simone 1A sentirlo raccontare la storia dell’azienda, e i progetti di crescita, è impossibile non pensare immediatamente a quanto il modello ‘business family’ ha pesato e pesa nell’economia del nostro territorio. Simone Zerbinati (nella foto), 28 anni, vice presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Alessandria, rappresenta la terza generazione di un’impresa appunto “di famiglia”, la Zerbinati, che nel corso di più di quarant’anni di attività è enormemente cresciuta, arrivando ad essere uno dei principali player nazionali del suo comparto, e ad occupare circa 140 lavoratori. E al suo interno operano e si confrontano in questo momento ben tre generazioni: dal fondatore Ferdinando (classe 1931, tutt’ora amministratore unico della società, e tutti i giorni in stabilimento), ai figli Giorgio ed Enrico, ai 5 esponenti della nuova generazione. Tra cui, appunto, lui: Simone Zerbinati, 28 anni, figlio di Giorgio e fratello di Gianluca e Valentina, “e poi ci sono i miei cugini, Matteo e Serena, figli di mio zio Enrico”.

Tutti in campo, con ruoli diversi e complementari, e un forte spirito di squadra che ha consentito finora di andare in controtendenza rispetto al “tormentone” della crisi: “diciamo che nel primo decennio del Duemila la crescita è stata anche costantemente a due cifre, e negli ultimi anni ad una cifra sola: ma probabilmente più per ragioni di consolidamento del nostro mercato, che di recessione generale”. Il Gruppo Zerbinati ha essenzialmente due aree di business: i prodotti ortofrutticoli freschi e pronti al consumo (la cosiddetta IV gamma, per chi è del ramo: per tutti gli altri, e per semplificare, l’insalata in busta già pronta del supermercato,  e diverse altre verdure e frutti) e le zuppe pronte, che rappresentano un mercato in crescita sempre più rapida. Nata nel 1970 a Borgo San Martino (“dove la sede è cresciuta nel tempo attorno alla casa di mio nonno: da bambino ci giocavo a calcio con i miei amici, in quegli spazi per me simbolo sia di famiglia che di lavoro”), oggi l’azienda ha due stabilimenti produttivi: uno, “completamente ristrutturato nel 2007” in una parte della vecchia sede, l’altro inaugurato nell’agosto del 2013 nell’area industriale di Casale Monferrato, su un’area di circa 23 mila metri quadrati.

Simone è entrato in azienda dopo il diploma in ragioneria (“ma praticamente ci sono cresciuto, i miei ricordi di bambino si intrecciano con i resoconti di mio padre sull’attività, mentre oggi sempre più sto cercando di recuperare i ricordi e la memoria di mio nonno: perché davvero credo che quando hai fatto crescere un’impresa di famiglia tutto il suo vissuto faccia parte del tuo dna”), ma all’esperienza sul campo (“fondamentale, e nessun titolo di studio può sostituirla”) ha affiancato una serie di master universitari molto ‘mirati’, conseguiti all’università di Bologna e alla scuola di specializzazione aziendale del Sole 24 Ore, orientati soprattutto all’area marketing, commerciale e amministrazione, che sono le sue specifiche aree di competenza, “anche se in un’impresa di famiglia devi assolutamente avere una visione generale, di tutte le fasi della vita dell’azienda”. Ci racconta la sua esperienza di giovane imprenditore del nostro territorio (ma con un mercato assolutamente non locale), e anche il suo punto di vista di vice presidente del Gruppo Giovani di Confindustria della provincia di Alessandria, rispetto agli scenari e alle criticità con cui tutti si stanno confrontando.

Lei è un imprenditore di terza generazione, e tutta la sua famiglia è diZerbinati azienda fatto coinvolta in azienda. Questo comporta una responsabilità particolare, in un momento come questo, con un’economia così fragile e incerta?
(ci pensa un attimo, ndr) Io dico sempre che sono davvero cresciuto a pane e verdura, e non scherzo. Sono nato 28 anni fa, quando l’azienda c’era già, e mio nonno, mio padre e mio zio si confrontavano sempre, anche a tavola la domenica, su questioni di lavoro. Quindi l’azienda per me, come per i miei fratelli e cugini, coincide di fatto con la nostra vita, è nel nostro vissuto personale. Per cui crederci, investirci denaro, impegno e risorse di ogni tipo è assolutamente naturale. Abbiamo rifatto completamente il primo stabilimento nel 2007, e aperto il secondo nel 2013. E scommettiamo con determinazione sul futuro: considerando anche che il mercato delle verdure fresche ‘pronte all’uso’, come quello delle zuppe pronte, è cresciuto esponenzialmente nel nostro Paese diciamo negli ultimi 15 anni, e credo abbia ancora buoni margini di espansione.

Campo verdureQualche numero sulla Zerbinati?
Oggi occupiamo, tra dipendenti diretti e indiretti, circa 140 persone. Abbiamo chiuso il fatturato 2013 a circa 27 milioni e mezzo di euro, e la crescita continua, anche se con numeri ormai ad una cifra, e non più a due, come succedeva in passato. Abbiamo una filiera di ‘fornitori’ di materia prima, ossia i grandi produttori di verdure, che sono ubicati un po’ ovunque in Italia, anche in rapporto ai prodotti, e alle stagioni. Con un rapporto molto forte con i fornitori storici, e sul nostro territorio in particolare un bel radicamento nell’area di Castelnuovo Scrivia, tradizionalmente forte nel comparto agricolo legato alle verdure. L’aspetto più importante, che ci ha indotto e ci induce a continuare ad investire, sta nel fatto che c’è una costante crescita nei consumi di prodotti come i nostri, che abbinano freschezza e qualità al fatto di essere naturalmente già pronti, e senza scarto. E’ proprio un cambiamento culturale: quando ti rendi conto che la tua clientela è tendenzialmente sempre più giovane, guardi al futuro con maggior serenità ed entusiasmo.

Come si fa, però, a lavorare tutti quanti insieme, in famiglia, e a fare in modo che tutto funzioni? Quello della successione è uno degli ‘snodi’ critici di tutte le aziende di famiglia…
(annuisce sorridendo, ndr) E’ verissimo, e il tema lo stiamo studiando con attenzione, anche se per il momento siamo assolutamente riusciti a dividerci compiti e impegni con grande complementarità e armonia. E poi sono sempre mio nonno e i suoi figli, mio padre e mio zio,  ad avere il controllo dell’azienda, sia chiaro. Però quello del passaggio generazionale, nelle business family, è certamente un tema delicato, e da gestire con attenzione.

Lei è anche vice presidente del Gruppo Giovani di ConfindustriaSenato-italiano Alessandria. Di recente siete stati in Senato, a confrontarvi con la politica nazionale. Che impressione ne ha ricavato?
L’esperienza, che ci ha coinvolti all’interno del Gruppo Giovani regionale, è stata senz’altro positiva. Però non può fermarsi lì: ad incontri di cortesia e buoni propositi. La politica cosa fa, davvero, per il mondo delle imprese, e di conseguenza per stimolare la crescita del Paese, e l’occupazione? A me piacerebbe che, così come ogni 6 mesi un imprenditore fa i conti con i risultati ottenuti in azienda, e se ne assume la responsabilità, così fosse chiamata a fare la politica. E’ evidente che in Italia questo non succede. Tanto che, magari per provocazione, io ai miei colleghi giovani imprenditori un’idea la butto lì, ogni tanto…

Quale?
Ma perché i giovani industriali di questo Paese, che sono circa 13 mila in Italia, non provano a prendere in mano la situazione direttamente? Siamo presenti ovunque sul territorio, radicati, stimati. Abbiamo un rapporto molto positivo con chi lavora con noi, che siano dipendenti o fornitori o clienti. E quel che si sente dire in giro è alla fine poi sempre la stessa cosa: ossia che siamo un Paese dalle enormi potenzialità, costantemente mortificato da una classe di professionisti della politica, nel senso più negativo del termine. Ma perché non provare a dare una scossa diretta alla situazione? Lo so, le controindicazioni sono tante: a partire dal fatto che gli imprenditori sono tutte persone completamente assorbite dalle loro attività, mentre indubbiamente la politica richiede impegno vero, totalizzante. Però quel che finora i partiti e i politici di mestiere han saputo combinare purtroppo è sotto gli occhi di tutti. Come imprenditori speriamo naturalmente che davvero una svolta vera, reale e concreta sia imminente. Ma, ripeto, è davvero il caso di fare pressione, di fare sentire che ci siamo, e che vogliamo contare di più.

Ettore Grassano