Che un alessandrino sia candidato alla guida regionale del Partito Democratico è già una notizia, essendo notoriamente il Piemonte a vocazione ‘torinocentrica’. E se fino a pochi mesi fa si sarebbe potuto definire Daniele Viotti, in quanto ‘civatiano’, un outsider, dopo il risultato delle primarie nazionali, e con la voglia di costante rinnovamento (e anche di incertezza) che aleggia un po’ovunque in Italia, meglio non fidarsi troppo di certe etichette. Di sicuro Viotti ci crede, glielo leggi negli occhi entusiasti, e un po’ febbrili. Crede ad un altro modo di fare politica, “a partire dai problemi di tutti, e di tutti i giorni: sembra banale, ma non si fa più”. Sogna (“e credo di poterci arrivare, o non farei politica”) un’Italia senza disuguaglianze di diritti tra persone che hanno diversi orientamenti sessuali, come pure naturalmente religiosi o politici. E proclama, in maniera forse ancora più ardita “il Partito Democratico deve uscire dalle banche, e dalle Fondazioni: il caso del sindaco di Asti (autonominatosi nel cda della banca locale, ndr) è inaccettabile!” Viotti immagina, in caso di vittoria alle primarie ‘aperte’ (ossia a cui possono partecipare tutti, non solo gli iscritti al Pd) del 16 febbraio una segreteria costantemente itinerante sul territorio, e non immobile nel suo baricentro torinese. E, da alessandrino che da alcuni anni vive e lavora sotto la Mole, ci racconta come vede la sua e nostra città, di cui da due anni ormai si parla solo in negativo, e per questioni legate al dissesto del comune e alla decadenza del territorio.
Daniele Viotti, ad Alessandria lei ci torna spesso? E come ci vede, onestamente? Sempre più malmessi, o semplicemente inclini al tradizionale mugugno mandrogno?
(sorride, e ci pensa un attimo, ndr) Guardi, oggi sono arrivato in treno, con due amici torinesi che mi affiancano e aiutano nella campagna per la segreteria. Avevo fatto loro molti discorsi sul dissesto, e sulla decadenza della città, e abbiamo attraversato a piedi corso Roma, puntando verso il Comune. Ho notato, certo, che ogni volta c’è qualche serranda abbassata in più, e che il clima in giro non è dei più festosi. Ma non è mica qualcosa di tanto diverso da quel che succede a Torino, o in altre province, sa? E gli alessandrini, io ci credo per primo, hanno sempre saputo reagire, e sapranno farcela anche stavolta.
Nei giorni scorsi è girata voce che, sul fronte dissesto e post dissesto, lei avesse puntato il dito sul Partito Democratico, dicendo più o meno: “Rita Rossa ha fatto e sta facendo tutto il possibile, ma il partito non c’è, l’ha lasciata sola”. Sicuramente ha messo in agitazione qualche notabile del Pd…
Spiace dirlo, ma è così: sono stato equivocato. Io ho detto, e ribadisco, che il Pd regionale, il partito di Torino ha gravi mancanze, e ogni volta sono io a dover ricordare che Alessandria è in dissesto, e merita più attenzione. Credo invece che, qui sul territorio, in tanti, dai segretari provinciale e comunale ai consiglieri di Palazzo Rosso, e naturalmente i nostri parlamentari, abbiano in questo anno e mezzo messo in campo energie, intelligenza ed impegno. Certo, molto resta da fare, e anche qui il Pd ha probabilmente lo stesso problema che registriamo a Torino, e in tutto il Piemonte.
Ossia?
Ossia una grave crisi di partecipazione, di coinvolgimento vero e costante degli iscritti, e dei simpatizzanti. E non facciamoci distrarre dal mega evento delle Primarie nazionali, in cui riusciamo comunque a ‘muovere’ milioni di persone, e siamo un unicum nel panorama politico italiano. Ma se guardiamo alla vita dei circoli, ci rendiamo conto che, persino in realtà in cui siamo storicamente fortissimi come Barriera di Milano, a Torino appunto, abbiamo ormai fortissimi problemi quando si tratta di confrontarsi, proporre, discutere. E’ come se ci fossimo disabituati al confronto, ed è sbagliato.
Per questo lei ha scelto n’duma, puro dialetto piemontese, come slogan della sua campagna per le primarie? Come a dire diamoci una mossa, torniamo ad esserci?
Non solo, anche per segnalare che noi (la mia è davvero una candidatura collettiva, credeteci: e senza i tanti amici e amiche che mi sostengono e aiutano non andrei da nessuna parte) crediamo in un Pd itinerante, in costante movimento. Non solo ora, in una ‘maratona’ che ci vedrà toccare ogni angolo della Regione (e della nostra provincia: centri zona, ma anche piccole realtà come Gavi, ad esempio), ma anche dopo. Se sarò eletto segretario (ma anche se non lo sarò, in realtà) continuerò a girare per il Piemonte, ovunque ci sia necessità di conoscere, affrontare e provare a risolvere problemi legati al territorio: dall’ambiente, al lavoro, alla sanità.
Parliamo ancora un po’ di lei Viotti, e della sua alessandrinità: qui ha studiato (liceo classico e laurea in scienze politiche) e qui ha cominciato a fare politica, e ancor prima attività di associazionismo. In molti ricordano ancora Tempi Moderni…
Ah, bellissima esperienza, Ero giovanissimo, 17 anni credo. Tempi Moderni fu un’associazione giovanile della Cgil, che si occupava dei diritti degli studenti, e dei giovani lavoratori. Erano i primi anni Novanta, e già si parlava di precariato, naturalmente. Poi, nel 1994, mi iscrissi al Pds, e mi sono impegnato a livello locale fino al 2007. Quando, sentendomi come segretario cittadino dei Ds corresponsabile per la sonora sconfitta subita alle elezioni da Mara Scagni, decisi di dimettermi, per fare un passo indietro. Credo che in certi casi sia doveroso, e faccia anche bene, purifica. Però, a ben pensarci, anche se di fatto ero solo un primis inter pares, e si trattava di segreteria collegiale, un passo indietro lo feci solo io…
Che fa Viotti, polemizza?
(sorride, ndr) Ma no, constato semplicemente. Di me già dicono che sono antipatico, non mi faccia peggiorare la situazione per favore…
In quel periodo decise di abbandonare la nostra ingrata provincia, e puntò su Torino?
In realtà già lavoravo a Torino dal 2005, come precario della pubblica amministrazione: come ancora ora, del resto. E nel 2007 decisi di trasferirmi, sì. Ma, soprattutto, da allora fino ad oggi sono stato un semplice iscritto al partito, senza nessun incarico. Certo, sono stato referente piemontese di Civati alle primarie, ma quello non è un ruolo istituzionale.
Nel frattempo però lei è diventato quasi una star nel mondo dell’associazionismo lgbt. Che, ricordiamolo, sta per lesbian, gay, bisex, transgender. Chi utilizza internet, e facebook, ancora ricorda le sue brillanti video interviste dello scorso anno sul tema diritti civili, matrimoni gay, adozioni e dintorni ad imbarazzati (o indispettiti) leader nazionali del Pd come Bersani, D’Alema, Bindi, Cofferati…Lo rifarebbe?
Assolutamente sì. E lo rifarò, e ci inventeremo anche altre strade, se può servire a far sì che, su questo tema, il Pd prenda una volta per tutte la questione di petto, e assuma una posizione forte e chiara. Non piccole concessioni, frutto di estenuanti mediazioni: ma l’apertura di un grande dibattito permanente, perché è chiaro che la questione è grande, ha una dimensione culturale che non può essere imposta solo per legge. Ma io mi arrabbio quando anche a Torino, città tra le più aperte d’Italia, ci sono amici che mi dicono: “ma sì, dai, perché per ora non vi accontentate delle unioni civili, è un primo passo..”. Non è così, non basta: bisogna aprire un grande dibattito sui diritti civili: e non solo su quelli dei gay, o delle lesbiche. Penso anche alle donne, a come sul fronte del lavoro femminile e della maternità si siano fatti enormi passi indietro. Dobbiamo recuperare, e dal Pd a guida Renzi aspettiamo ora segnali concreti. Del resto io, che nel partito in vent’anni sono sempre stato in minoranza, una volta sola ho votato con la maggioranza: al congresso del 2007, con cui i Ds si scioglievano nel Partito Democratico. A cui credevo tantissimo.
E oggi, a che punto è il ‘suo’ Pd?
A metà strada. In salita però: e c’è da mettersi a pedalare con vigore, e tutti insieme. Io lo farò: anche se dovessi perdere le primarie regionali del 16 febbraio, sia chiaro. Anzi, ancora di più.
Ma quante possibilità di vittoria si dà Daniele Viotti?
Io, anzi noi, partiamo da zero. Il 16% ottenuto da Civati in Piemonte è confortante, ma la nostra ambizione è di dialogare con tutti coloro che vogliono una politica diversa, non solo i civatiani. Poi, naturalmente, so bene che molto dipende da quanti elettori decideranno di partecipare alle primarie, al di là dei militanti in senso stretto. Più cresce il numero dei votanti, più cresciamo noi. Il Pd in Piemonte ha circa 20 mila iscritti, e alle primarie nazionali hanno votato in 120 mila. C’è chi dice che tra due settimane saranno 40 mila, chi 80 mila. Vedremo. Sicuramente confido che a me una mano gli alessandrini una bella mano la possano dare: speriamo che sia così!
Ettore Grassano