La prevalenza del cretino

A gennaio sono due anni che è mancato Carlo Fruttero, uno degli autori della fortunata serie di libri dedicati ai cretini: “La prevalenza del cretino”, “Il ritorno del cretino” e “ Il cretino in sintesi”.
La scomparsa di Fruttero è stata per diversi commentatori l’occasione per riflettere sull’evoluzione della cretineria o della stupidità e qualcuno ha addirittura parlato di una esponenziale proliferazione della cretineria all’interno della nostra società fino a parlare di “dittatura universale” dei cretini.

Infatti: universalmente diffuso, il cretino è spesso uno stupido di successo.
Inoltre: quando la maggior parte di una società è stupida, allora la prevalenza del cretino diventa dominante ed inguaribile
Intendiamoci bene: i cretini sono sempre esistiti, ma non hanno mai avuto una platea così vasta e disponibile. La figura del cretino nella letteratura e nella storia del teatro è spesso rimasta in secondo piano, relegata al mondo dei semplici, anche se figure come Bertoldo, il contadino furbo, o Arlecchino, il servo un po’ sciocco, o Pulcinella, la maschera del popolano scaltro e scansafatiche, solo apparentemente possono manifestare atteggiamenti da cretini, ma invece sotto-sotto posseggono una saggezza popolare ed una sapienza di fondo solida ed inattaccabile. Fanno i cretini, ma stupidi non sono, ma soprattutto – ecco la differenza con l’attualità – non pretendono di comandare.

Nel mondo contemporaneo gli spazi a disposizione per i cretini si sono aperti al punto che la forza della loro presenza è diventata inattaccabile.
Se un tempo era possibile zittire definitivamente una persona dicendogli: “sei solo un cretino”, adesso il soggetto insultato con tale epiteto può rimanere imperturbabile nella sua cretineria e mantenere il suo potere ed addirittura moltiplicare prodigiosamente le occasioni per agire indisturbato, parlare, esprimersi, manifestarsi pubblicamente, cioè in una parola che va molto di moda: “realizzarsi”.

Si sente sempre più spesso gente che orgogliosamente si vanta di voler essere “sé stessa fino in fondo” per potersi “realizzare” in un mondo che di reale ha sempre di meno e di inganni sempre di più. Ma è il significato della parola realizzare che in generale si sta perdendo. Infatti la parola dovrebbe significare il conseguire concretamente un fine desiderato, il fare realtà concreta  di un progetto di vita immaginato e pensato. Ma così non è, innanzi tutto perché troppo spesso chi si vanta di essere “sé stesso” esibisce soltanto l’orgoglio dello stupido, di uno che è incapace di conoscere prima di tutto sé stesso, i propri limiti, i propri difetti. Non riesce a guardarsi allo specchio e vedersi veramente per quello che è, per cui, anziché  coltivare la dote del sapersi correggere, si vanta di non cambiare, non percependo allo specchio  l’immagine della sua stupidità.

Voglio essere me stesso equivale spesso a dire: voglio rimanere un cretino.
La forza del cretino è prima di tutto numerica. Troppi cretini non si possono isolare, per cui al personaggio dotato di tale caratteristica la nostra società ha aperto infiniti palcoscenici, ha messo a disposizione infinite occasioni, gli ha procurato innumerevoli poltrone di comando, dotate di mezzi di comunicazione di massa e soprattutto di occasioni di far danaro, nonché di tribune da cui parlare, anzi di sproloquiare. L’importante è apparire simpatici e far ridere, perché la platea vuole divertirsi e non pensare, non importa se poi si trova con le pezze al culo.
Anche il linguaggio ha subito una sorta di involuzione negativa con l’avvento della società dei cretini. Basta ascoltare criticamente il linguaggio della televisione, uniformatosi alla povertà lessicale della massa. C’è stato un momento, solo pochi anni fa, che chi cominciava un discorso non poteva trattenersi dall’infarcirlo di “cioè” o “al limite” o di “il fatto è che il discorso”, mentre poi si è andati avanti con la parola “attimino” come se un attimo non fosse già l’espressione di uno spazio di tempo inafferrabile ed ignorando che un diminutivo di attimo  presupporrebbe anche la possibilità di un accrescitivo, ma “attimone” non si è mai sentito.

Adesso è il momento dell’avverbio “assolutamente” usato a sproposito al posto di certamente o di sicuramente. Ma il cretino ha bisogno più che di certezze, di cui non può disporre, non avendo stabilità mentale e senso critico, piuttosto di assenza di restrizioni alla propria volontà, per cui si aggrappa all’assoluto, che per definizione è senza limitazioni, essendo al di sopra di tutto e di tutti.

Mai come adesso il linguaggio contemporaneo può essere paragonato allo specchio della  società, che ha messo a disposizione del “cretino di successo” un potere così vasto ma nel contempo ha consentito ad una massa così vasta di “cretini” di immedesimarsi nel ruolo, offrendo vertiginosi spazi di ascolto nella sfera mediatica e nella cosiddetta “blogosfera” pronta ad accogliere ogni mania, ogni ossessione, ogni stramberia, ogni eccentricità. Basta che tutto contribuisca a fare spettacolo e possa dare ad ogni cretino la possibilità di immedesimarsi nel ruolo del personaggio che in quel momento cavalca il successo. Non importa se è solo per un momento, intanto poi domani si vedrà.

Ma come mai la cretineria ha avuto così ampio successo nella società contemporanea?
Perché la cretineria è democratica, non ha età, non pone barriere di censo o di classe, non distingue con criteri di sesso, di professione, di livello di istruzione, non ha pregiudizi, non ha limiti di ubiquità, potendosi anche mimetizzare fra persone apparentemente intelligenti.
Essa ha infinite opportunità di manifestarsi senza rischiare di essere repressa, anzi la complicità di tanti potenziali cretini aumenta il suo consenso.
E poi il cretino può sempre in ogni momento autoassolversi, perché c’è sempre un cretino più cretino di lui.

Sconfiggere la cretineria è impossibile, perché nell’immagine della nostra società è quasi inutile odiare il cretino. Possiamo forse prenderlo in giro, fare dell’ironia si di lui, ma forse è proprio quello che lui cerca, dal momento che la sua inconsapevolezza lo pone in uno stato di forza simile a quella dei matti che fra loro, magari ridendo, pensano che i matti siamo noi.

E’ dura, credetemi, sopportare un cretino, soprattutto se poi contemporaneamente è anche un mascalzone. Se poi si presenta in politica e assurge alla guida di una istituzione, sia statale che locale, è proprio una grossa disgrazia, perché diventa anche prepotente.
Purtroppo è toccato anche a noi, che viviamo il presente con una certa inquietudine.
Mentre il teatro comunale di Alessandria resta chiuso e la programmazione tradizionale annullata, ci vengono proposti  in alternativa  spettacoli di politica locale grotteschi.

Ci meritiamo un tale livello di cretineria? Forse sì, o forse no.
Per quanto mi riguarda lascio ridere chi vuole immedesimarsi, ma non ho voglia di ridere.

Rospo – Alessandria