Il Grande Gianni Fozzi, cantore di un’Alessandria da nent smentiè aveva scritto una ballata con questo titolo, perché dentro l’arbanëla ognuno di noi tiene i ricordi, cui ricord da tirè föra al moment giüst.
Anche questo paese dovrebbe avere un’ arbanëla da tenere, perché i ricordi fanno riflettere sui propri errori e soprattutto tenere viva la memoria non guasta mai
L’ arbanëla 1 riporta a galla un fatto che non dobbiamo assolutamente dimenticare.
Le grandi lotte e le grandi conquiste del mondo del lavoro, quelle che riscattano diritti e ripristinano condizioni di vita a dir poco accettabili nascono anche da immani tragedie che la nostra storia farebbe bene a tenere vive.
Oggi il mondo politico, modernizzato e svecchiato da contenuti che lo avrebbero reso logoro e frusto, azzerato dalle grandi ideologie che lo avevano animato, guarda avanti e pensa in grande. Ridiamo un sogno a chi ha smesso di credere, grandi parole per dare fiato alla bocca, certo bisogna guardare avanti, perché il mondo non sta fermo, è in continua evoluzione, cammina.
Certo, ma senza quei fatti, quelle lotte e quelle conquiste, oggi non saremmo qui a raccontarla.
L’8 agosto del 1956 avveniva in Belgio l’incredibile tragedia di Marcinelle, una miniera attiva dal 1830. In quel disastro morirono 262 persone su 274 presenti e oltre la metà di quei lavoratori erano italiani, migranti che avevano trovato lavoro in seguito all’accordo italo belga sulla base di un protocollo che prevedeva una mano d’opera in cambio di carbone.
Naturalmente questo accordo non aveva valutato i disagi, le condizioni in cui avrebbero vissuto i nostri connazionali, le norme di sicurezza inesistenti e rischi che ne provenivano. La politica italiana aveva portato a casa qualcosa di buono da dare al paese, il resto era secondaria importanza.
Cosa successe quel fatidico 8 agosto nessuno può dirlo. Un operaio italiano che capiva poco il francese aveva azionato un ascensore mentre stava salendo un montacarichi. Venne tranciato un tubo di petrolio e divampò un incendio che portò alla morte 262 persone di dodici nazionalità di cui 136 italiani.
Al processo i proprietari della miniera furono assolti, l’unico responsabile fu Antonio Iannetta, l’operaio italiano di 27 anni che non capiva il francese e che fuggì in Canada.
Per non dimenticare. Adess saruma l’arbanëla e mettiamo un tappo sui ricordi.
Qualcosa ci aspetta al prossimo giro.