Polo chimico: bonifica vera o messa in sicurezza temporanea?

Solvay SpinettaSecondo i capi d’accusa al processo, Ausimont e Solvay hanno commesso un reato gravissimo verso la collettività: avvelenamento doloso delle acque. Il caso del “pozzo 8” poi ha superato ogni immaginazione. Hanno utilizzato questo pozzo, privato, per uso alimentare di lavoratori e cittadini, contravvenendo a tre divieti tassativi.

Il primo è già sufficiente in sé: non devono essere utilizzati ad uso potabile pozzi situati sotto uno stabilimento industriale. In più: lo stabilimento in oggetto è addirittura chimico. In più: è nientemeno in regime di bonifica per inquinamento. Se esaminiamo invece i pozzi pubblici, ci rendiamo conto che la recente chiusura del pozzo AMAG “Bolla” non lascia scampo: l’immensa riserva idrica della Fraschetta non potrà più essere utilizzabile per l’acquedotto alessandrino, almeno finchè la falda acquifera sottostante Solvay di Spinetta Marengo non sarà liberata dalla ventina di veleni tossico cancerogeni di cui la Procura di Alessandria ha dimostrato l’esistenza.

Ciò sarà possibile se e quando questi veleni saranno tolti dai terreni dove sono stati scaricati e da dove continuerebbero nei secoli a colare in falda. Cioè facendo una bonifica vera distinguendo “bonifica” da “messa in sicurezza”, “risanamento definitivo” da “accorgimento temporaneo”.

La “bonifica” annunciata da Solvay non appare che sia tale, da quanto abbiamo finora letto: una “bonifica” che sarebbe fatta con modica spesa e senza asportare i terreni inquinati. Una soluzione che non ha riscontri in nessuna parte del mondo per situazioni analoghe e che candiderebbe il proponente professor universitario ad un Nobel per la Fisica e/o per la Chimica.

Barbara Tartaglione
Medicina democratica Alessandria