Un giorno, mentre Giovanni Fattori stava dipingendo nel suo studio un soggetto di arte antica, gli fece visita il collega Nino Costa, un grande amico, che in pochi minuti con i suoi consigli diede una svolta alla sua linea stilistica e, si puo’ dire, cambiò anche il corso della storia dell’arte.
Costa, famoso per i paesaggi di natura classica, ma anche dotato di lungimiranza creativa, suggerì all’ amico di rivolgere il suo talento alla pittura ‘dal vero e del contingente’, rinunciando agli schemi accademici della classicità.
Fattori voltò allora la grande tela che stava dipingendo, coprì il precedente lavoro con uno strato di vernice bianca ed iniziò a dipingere ‘La Carica di cavalleria di Montebello’ , uno dei suoi capolavori.
Cambiando stile ed ispirazione, divenne di lì a poco il padre del movimento dei Macchiaioli, precursori, secondo la grande critica, degli impressionisti. Era il 1861 e Fattori fermava il suo sguardo sulla realtà iniziando un intimo colloquio con le ‘cose vere’ che non lo abbandonerà più.
Quella del pittore livornese, morto a Firenze all’età di 83 anni in un’aula dell’Accademia di Belle Arti dove aveva insegnato per trent’anni, fu una grande produzione pittorica. Sfaccettata e ricca di sfumature. Nel suo percorso l’artista usò diverse tecniche: dal disegno, agli olii, alle acqueforti, affrontando temi diversi, asciugati dal superfluo, dominati dall’essenzialità. La pittura di Fattori fu libera e disinibita e seppe assaporare e tradurre sulla tela la realtà con una sensibilità forte ed infuocata che si può percepire in ogni opera, sia che riguardi scenari storici o convulse scene di battaglia come quelle in cui dipinse le pattuglie, le vedette, gli accampamenti sia che riguardi la natura in cui riprodusse i piccoli o grandi paesaggi livornesi o i ritratti di una borghesia colta e raffinata o le scene di butteri di un mondo bucolico maremmano dove i buoi hanno la stessa imponenza e vitalità dei soldati.
Milano rende omaggio, con un grande successo di pubblico, a Giovanni Fattori in una mostra che ha luogo presso la GAM MANZONI (Via Manzoni 45) fino al 12 gennaio 2014. Si intitola Giovanni Fattori. Capolavori da collezioni private ed ha registrato in poco piu di un mese oltre 7000 visitatori. Curata da Francesco Luigi Maspes ed Enzo Savoia, coordinata da CLP relazioni pubbliche, la rassegna propone una selezione di quaranta capolavori provenienti da prestigiose collezioni private italiane, alcuni mai viste in pubblico, come quella del milanese Giacomo Jucker o del genovese Mario Paragoni, mettendo soprattutto in risalto le tele prodotte tra il 1860 ed il 1905, periodo della piena maturità stilistica e creativa.
Vi è il nucleo dedicato ai militari come Le ordinanze, Militari al bivacco, Passaggio del Mincio, che documentano la lunga ed attenta riflessione dell’artista sulla guerra (modi, tempi, ragioni e drammi individuali e collettivi). Di grande interesse anche il tema delle ‘impressioni’ paesistiche della Maremma, le sue radici, la sua terra, raccontata con devozione e pieno e fermo rigore. ‘Riposo in Maremma’ ‘Le boscaiole’ e ‘Oliveto’. Ai paesaggi ‘puri’ si affiancano quelli animati dalla presenza umana come la tavoletta Silvestro Lega che dipinge sugli scogli.
Silvestro Lega fece parte del movimento dei Macchiaioli e ne fu uno dei massimi esponenti insieme a Telemaco Signorini. I seguaci del movimento, che può essere datato nel periodo che va dal 1848 al 1880,si incontravano al Caffè Michelangelo di Firenze. Essi cambiarono in pochi anni il modo di dipingere rendendo sulle tele atmosfere magiche ed indimenticabili, attraverso la stesura a macchie di colori intrisi di luce ed ombra. La ‘macchia’ divenne il mezzo per cogliere l’immagine dal vero in tutta la sua immediata bellezza..
La tecnica consisteva nell’accostare i colori costruendo effetti di ombra e luce senza fare uso del nero, con inediti effetti di grande luminosità e resa atmosferica. Le pennellate veloci abbreviate, impulsive, registravano ‘le impressioni’ delle immagini sulla tela. Nelle opere in mostra emerge prepotente il personalissimo realismo integrale dell’artista dove si percepisce l’amore per la terra, la natura, ciò che ‘vede’ e che lo circonda raccontato senza folclore, con grande devozione e senso di appartenenza alla civiltà.