Abito in una campagna un po’ depressa e abbandonata a sé stessa, dove l’arcaico e il moderno s’intersecano senza tanti problemi di omogeneità. Qui puoi trovare ruderi in rovina accanto a padiglioni di plastica e metallo adibiti a scuola di ballo. Silenziosi fantasmi cacciati in angolo dallo strombettare sguaiato di balli latini. Ma puoi attraversare anche demenziali rotonde mai terminate, cantieri disastrati e caterpillar lasciati ad arrugginire in mezzo ai campi: uno scempio estetico che ben rappresenta l’analogo morale e culturale dell’Italia che affonda.
Per tornare da Castellazzo Bormida a casa mia, o per andarci, mi servo di una stradina, un po’ asfaltata e un po’ no, che accorcia il tragitto. Anche qui il paesaggio monocorde offre superbe tenute che cascano in rovina, campi coltivati, fossi privi di manutenzione e qualche casolare abitato dove indomiti contadini resistono alla crisi.
A metà strada devi transitare attraverso una croce di Sant’Andrea perché esiste il binario della tratta Ovada / Alessandria. Penso che sappiate tutti di che parlo. E’ quel passaggio a livello senza barriere, incustodito, che si attiva in automatico quando arriva il treno con una doppia segnalazione, acustica e luminosa, e si chiama così perché il segnale ha forma di croce. Credo che l’Andrea citato sia l’apostolo martirizzato e appeso al legno di una croce a Patrasso nell’anno 60 d.C., ma le sue vicende qui non ci riguardano.
La croce di Sant’Andrea è il meno igienico e il più pericoloso dei passaggi a livello incustoditi perché in genere si attiva 30 secondi prima dell’arrivo del treno. Questa di cui vi parlo è tristemente famosa in zona perché qualche anno fa vi trovarono la morte un nonno e la sua nipotina. La macchina condotta dall’uomo non si fermò per qualche misterioso motivo.
Una notte stavo tornando appunto da Castellazzo – saranno state quasi le 2 – e, giunto in prossimità del binario, vidi da lontano che la croce lampeggiava in rosso con tanto di suoneria scampanellante. Ligio al dovere civico e giusto per non correre inutili rischi, mi fermai col motore acceso ipotizzando pochi secondi di sosta.
Mi sbagliavo. Dopo 5 minuti di blocco spensi il motore. Ero alquanto perplesso. E forse non solo perplesso. Pensateci un attimo: notte fonda di autunno, non un’anima in giro (almeno così all’apparenza), io lì da solo con quel coso che diffondeva il suo monotono cicalino. Scesi dall’auto e mi spinsi vicino al binario. Non si vedevano né sentivano mezzi in avvicinamento da una parte o dall’altra. Ipotizzai un guasto e tornai verso l’auto, deciso ad attraversare.
Mentre risalivo percepii con chiarezza un rumore che aumentava di tono giungere dalla direzione di Ovada. Non capivo bene. Era un mix di cigolio metallico più l’effetto sonoro di un grande soffio periodico e altalenante. Non ci credevo. Non poteva trattarsi di…
Ma quando arrivò, rallentando, fui costretto a ricredermi. Era proprio una locomotiva a vapore. Tecnicamente impossibile a meno di un buco nel tempo. Non sono un tecnico del settore ma da un sacco di tempo quei mezzi sono stati pensionati e in disuso. Sono diventati, appunto, pezzi da museo.
Eppure non esistevano dubbi. La gucciniana locomotiva arrivava con pachidermica lentezza e si fermava proprio dinanzi alla croce. Stantuffando, sbuffando e respirando. Non ero neppure salito in macchina. Stavo lì accanto, in piedi, a testimoniare stranito l’assurda apparizione. La situazione era grottesca, anche perché io non scorgevo proprio nessuno all’interno. Feci per avvicinarmi ma quella riprese a muoversi.
All’indietro. Lo riscrivo: all’indietro. Prima lentamente e poi riacquistando la sua cosiddetta velocità di crociera. Raggiunsi il binario e la vidi scomparire in direzione di Ovada, lasciando nell’aria il suo caratteristico e antico rumore che andava scemando.
Non ho altri particolari da fornire. Su quella tratta, di tanto in tanto e sempre nottetempo, ci sono veicoli strani che sparano diserbo sulle erbacce e tagliano le siepi che crescono ai lati. Ogni tanto dei treni sfrecciano davanti a passaggi a livello che non si abbassano. La cadente stazione di Castelspina fornisce ancora in automatico avvisi sonori che paiono arrivare dall’oltretomba. In un quadro del genere ci sta pure il fantasma di una locomotiva a vapore. Peraltro la stessa croce di Sant’Andrea è un fantasma residuale.