“In situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo ci vuole ottimismo, ma anche capacità di fare squadra, e di mettere in campo un progetto di città, e di territorio: vale per il commercio, ma anche per tanti altri campi. Noi ci siamo, per nulla rassegnati e pronti a fare la nostra parte: ma la cabina di regia a chi spetta, se non alla politica? E dov’è, oggi, la politica ad Alessandria?”
Manuela Ulandi, presidente di Confesercenti per la zona di Alessandria, ha un diavolo per capello, anche se non perde la gentilezza, e il sorriso. Nelle scorse settimane, in tandem con il suo presidente provinciale Sergio Guglielmero, ha sferrato attacchi decisi alla grande distribuzione, ma anche a chi le ha consentito, negli anni scorsi, di crescere a dismisura ‘divorando’ progressivamente gli spazi vitali del commercio tradizionale. E durante il nostro incontro non torna indietro, anzi: rincara la dose, facendo un elenco di precise responsabilità, e di occasioni perdute. Ma soprattutto guardando avanti, verso un 2014 che i commercianti affrontano con realismo e preoccupazione, ma senza rassegnarsi al declino….
Presidente Ulandi, si allunga l’elendo di marchi, anche assai noti, che starebbero per ‘abbassare la claire’ a fine anno: è la catastrofe?
E’ una situazione serissima, anzi drammatica. A gennaio rischiamo che anche corso Roma, giusto per citare quello che è sempre stato considerato il salotto, commerciale e non, della città, si ritrovi con un numero di ‘cessate attività’ senza precedenti. Ma il problema, naturalmente, riguarda tutta la città, e i principali centri zona.
Possibilità che aprano nuovi negozi, a compensazione delle chiusure, ce ne sono?
Certamente ci sarà anche chi apre, per fortuna: ma non in misura tale da compensare, lo escludo. E poi, diciamocelo, c’è anche un problema di qualità e professionalità. Chi decide, in quanto disoccupato, di investire un piccolo gruzzolo per lanciarsi in una nuova attività merita rispetto, e aiuto: ma pensiamo davvero che possa sostituire negozi storici, con generazioni di professionalità alle spalle?
Sul banco degli imputati, naturalmente, c’è la grande distribuzione: di recente voi siete partiti all’attacco di un simbolo eccellente del ‘nuovo corso’: l’Outlet di Serravalle…
Noi la certezza che l’Outlet avrebbe ucciso il commercio novese, e non solo quello, l’abbiamo sempre avuta. E fin dall’inizio (al contrario di altri, diciamolo pure chiaramente) ci siamo opposti con forza a qualsiasi compromesso, a qualsiasi logica compensativa. Perché chi parla di compensazione già implicitamente riconosce che c’è un danno, e noi il danno avremmo voluto evitarlo. A cosa, o a chi, sono servite certe compensazioni ognuno può giudicarlo da solo. Personalmente mi limito a constatare che agli outlet, in generale, è consentito un regime di sconti (veri? Finti? Anche qui non faccio valutazioni) permanenti, là dove i negozi tradizionali sono controllati con il mitra spianato, e se sgarrano anche solo di un giorno sono dolori. Non solo: gli outlet ci sono stati ‘venduti’, inizialmente, come il luogo in cui comprare le ‘grandi firme’ a basso costo, perché avanzi di magazzino o di fine stagione, o prodotti lievemente ‘fallati’. Giusto? Accidenti, viene da chiedersi: ma quanti avanzi hanno a fine stagione, queste grandi boutique?
D’accordo dottoressa, osservazioni sacrosante: ma qualcuno, anche tra i commercianti, non ci sta: e sostiene (Simone Lumina intervistato da noi qualche settimana fa, ad esempio) che le associazioni di categoria hanno spesso dormito su morbidi guanciali, come minimo senza accorgersi che la casa andava a fuoco. E’ così?
Lumina, oltre ad essere un amico, è una persona intelligente, che non si arrende mai, e che fa proposte. Tutte caratteristiche molto positive. Però sa anche lui che un conto solo le analisi che si possono fare, e che spesso ci trovano concordi, altro sono i confini entro i quali un’associazione come la nostra deve muoversi, con limiti connessi. Noi sul fronte Outlet ci siamo sempre opposti, e schierati al fianco dei commercianti tradizionali. E quando sono nati altri progetti di grande distribuzione, legati ad Alessandria 2000 ad esempio, abbiamo battuto davvero tutte le strade possibili: sollecitando la politica locale e regionale a muoversi sul piano normativo ad esempio, e attivando di nostro azioni legale e amministrative. Anche molto costose: insomma, la grande distribuzione non è mai stata trattata da Confesercenti né con superficialità, né con gentilezza.
Sta cercando di farci capire che, invece, altre associazioni di categoria, non si sono comportate allo stesso modo?
(sorride, ndr) No, non riuscirà a portarmi sulla strada della polemica, anche perché oggi non è dividendoci che possiamo affrontare la ‘tempesta perfetta’ che stiamo attraversando. Ma mettendo invece insieme forze e intelligenze, per far capire agli alessandrini, e alla politica in primis, che se muore il commercio, muoiono le città, e forse l’idea stessa di comunità.
Focalizziamoci su Alessandria allora, presidente Ulandi. Dopo un anno e mezzo di giunta Rossa, i commercianti che pagella darebbero agli amministratori comunali di centro sinistra.
Gravemente insufficiente: e temo, ad ascoltare un po’ le voci in città, che non sia un giudizio dei soli commercianti. Insomma: d’accordo l’emergenza dell’ente, e delle sue partecipate, il dissesto e tutto il resto. Ma una città capoluogo di provincia, tra l’altro ricchissima di potenzialità di ogni tipo (dalla sua posizione geografica, ad una sanità pubblica e privata di eccellenza, ad un polo universitario con 3.500 studenti, a molto altro ancora) non può sedersi e rassegnarsi, come è successo finora.
Il sindaco Rossa non più tardi di un mese fa ha annunciato una tre giorni sul commercio: quando si terrà?
Non deve chiederlo a me, ma al sindaco e all’assessore. Altro che tre giorni: noi è più di un anno che chiediamo incontri, e presentiamo progetti, e richieste di un approccio ‘sistematico’ al commercio. A partire, banalmente, da una programmazione annuale degli eventi, che non possono essere gestiti con assoluta approssimazione, senza un coordinamento. E come noi immagino stia facendo anche Ascom: il punto è che la cabina di regia, ad oggi, non si è proprio vista. I commercianti devono fare la loro parte, prendersi il rischio d’impresa: non chiediamo un euro di sovvenzioni pubbliche, sia chiaro. Anche perché di questi tempi…..però senza un disegno di città, in cui il commercio sia una delle leve (come l’urbanistica, come la cultura) con cui costruire un futuro degno, cosa possiamo sperare per il 2014?
Ce lo dica lei, dottoressa: che 2014 vi aspettate?
Noi ai nostri iscritti diciamo sempre di non mollare, di specializzarsi e puntare sulla formazione, e anche di essere flessibili. Per dire: d’estate perché non aprire dalle 17 alle 22, anziché prima, quando fa un caldo terribile? E non siamo neppure contrari a qualche apertura straordinaria domenicale, se ben incastrata all’interno di eventi davvero di livello. Ma chiediamo un progetto di valorizzazione del commercio cittadino: altro che continuare ad incentivare l’apertura di nuove strutture alle porte della città, come nell’area dell’ex zuccherificio. Sarebbe il colpo finale al nostro comparto.
Però, dottoressa, certe dinamiche culturali e comportamentali non le impone mica il comune: è un fatto che le persone dai 40-45 anni in giù preferiscono il ‘giro’ all’Outlet, o nella grande galleria commerciale, che non la boutique e lo ‘struscio’ in centro. E’ lo stesso fenomeno che ha ucciso tanti cinema cittadini, a vantaggio delle multisale….
Ma certe dinamiche culturali e comportamentali vanno anche valutate nelle loro conseguenze: vogliamo vivere in città dormitorio, buie, pericolose, abbandonate? E non entro neppure nell’ambito della riflessione occupazionale: ma anche lì il saldo tra vecchio e nuovo modello è ampliamente negativo: per numero di addetti, e per qualità della contrattazione e retribuzione.
Spesso, presidente Ulandi, esaltiamo le potenzialità turistiche inespresse del nostro territorio: ma ci sono davvero queste potenzialità? E perché mai gli stranieri in visita, ad esempio, ad Expo 2015 dovrebbero spingersi fino ad Alessandria?
Expo 2015 è un evento spot, una tantum, per quanto importante. Una ricaduta ricettiva può esserci, soprattutto sul fronte enogastronomico e alberghiero, ma anche lì mi pare che se ne parli da anni, e poco sia stato fatto concretamente. Come, ad esempio, potenziare la linea ferroviaria Alessandria Milano, che è roba da terzo mondo. Ma Alessandria ha, non scordiamocelo, oltre 36 mila turisti tedeschi e olandesi che arrivano ogni anno in stazione, con Autozug. C’è stato qualche iniziale tentativo di intercettarli, poi il nulla. Questi arrivano, prendono l’auto e ‘scappano’ fuori città, e fuori provincia. Perché mai non provare a capitalizzarli? E ancora, guardando oltre la città: il nostro Monferrato è una risorsa di enorme qualità, non inferiore alle Langhe, o alle campagne toscane. Eppure siamo i primi a snobbarlo, a non saperlo vivere e valorizzare….
Ettore Grassano