Si torna a parlare con insistenza dell’Osservatorio ambientale della Fraschetta. Al processo Solvay gli avvocati della difesa lo citano come realizzato. Il Movimento 5Stelle, invece, ne chiede la realizzazione tramite una mozione in consiglio comunale. Insomma, esiste o non esiste? Di nome qualcosa esisteva, ma di fatto no. Spieghiamoci meglio.
Posso farlo io, che fui l’estensore materiale nel 1988 della corposa proposta di Osservatorio presentata da Medicina democratica e associazioni ambientaliste, e che da allora sull’argomento ho prodotto scritti alti il volume di un vocabolario. Ebbene, quella elaborazione era tanto innovativa quanto complessa ma qui non c’è spazio per presentarla compiutamente. Basti dire che mirava a creare, per tutta la Fraschetta e soprattutto per il polo chimico, un centro di democrazia diretta e partecipata (da associazioni ambientaliste, comuni, sindacati, imprenditori, comitati, circoscrizioni, provincia ecc.) con poteri decisionali e opportuni finanziamenti. Dunque non più delega a politici ed enti pubblici inaffidabili, bensì finalmente uno strumento di trasparenza e controllo popolare: unica garanzia per la cittadinanza a rischio, per la quale si rivendicavano innanzitutto le indagini epidemiologiche. Invece di realizzare quella elaborazione, cosa fecero gli amministratori alessandrini? Misero in piedi un vuoto organismo al quale pomposamente diedero senza pudore il nome di Osservatorio ambientale della Fraschetta, ma privo delle attribuzioni previste dalla nostra proposta.
Che quel falso Osservatorio fosse destinato a un fallimento, è emerso all’udienza Solvay dai giudizi dei dirigenti ARPA: “Mai dato risultati apprezzabili” (Vicidomini), “Una cosa banale” (Rossanigo), “Mai realizzato risultati” (Pavese). A conferma definitiva mi basta un unico esempio trascrivendo virgolettato uno dei nove punti del progetto originale. “…Sempre garantendo la massima pubblicità e trasparenza dei dati raccolti, anche tramite sistemi di trasmissione telematica, fondamentale è il monitoraggio di tutte le emissioni degli scarichi idrici e gassosi alle fonti e tramite stazioni di campionamento esterne, specificandone natura, processo, effetti sull’uomo e l’ambiente, l’Ente preposto e l’attendibilità dei sistemi, i punti di prelievo, la periodicità eccetera. Essenziale è il censimento e la mappa dei depositi, delle discariche e delle lavorazioni dei rifiuti tossici, nocivi, speciali e urbani, accompagnati da indagini idrogeologiche sui rilasci alle falde acquifere e alle pubbliche fognature…” Chiuse le virgolette.
Inevitabili domande finali: di quanto sopra rivendicato è stato fatto qualcosa dal sedicente Osservatorio? se i politici avessero realizzato la nostra proposta saremmo piombati nell’emergenza attuale?
*Medicina democratica Alessandria