«Forse è colpa della comunicazione».
Se avessi un euro per ogni volta che ho sentito pronunciare questa frase, oggi sarei milionario.
Qualche sera fa, ad un incontro del Movimento 5 Stelle, Maria Rita Rossa si è difesa dalle accuse di scarso rendimento dando la colpa alla “poca comunicazione”. Salvo poi ammettere che per la comunicazione il Comune aveva comunque tagliato tutti i fondi, per destinarli a cose più utili (come no).
Rita Rossa non è la sola ad aver utilizzato l’elegante escamotage, a dire il vero. Anche l’esimio professor Renato Balduzzi, durante l’ultimo incontro in Prefettura sul Terzo Valico, ha invocato una “maggiore e diversa comunicazione” davanti al ministro Lupi. Di fronte alla parolina magica, tutti hanno benevolmente annuito, grati all’onorevole Balduzzi per aver lanciato una così provvidenziale ciambella di salvataggio. Ci voleva qualcosa su cui scaricare la tensione, e anche l’imbarazzo.
Chiariamoci: non ce l’ho con nessuno in particolare, e sono ben consapevole che l’elenco dei detrattori della comunicazione è molto più lungo e sostanzioso. Mi sono limitato a rappresentare i casi più recenti ai quali ho assistito personalmente.
Se la ggente non capisce perché si deve costruire una galleria qui e non lì, o perché bisogna pagare più tasse, o perché dopo tre giorni di pioggia battente viene giù il mondo, la colpa non è di chi ha lucrato, devastato o semplicemente ha omesso di fare ciò che era nelle sue responsabilità.
La colpa, ricordiamocelo bene, è sempre e comunque della comunicazione, moderno capro espiatorio di tutti i peccati di lorsignori.