“Come imprenditore ho il dovere di continuare ad essere ottimista. Ma anche di valutare con razionalità gli indicatori di mercato: e per l’Italia il 2014 vedrà la disoccupazione crescere ancora, lo dice l’Istat. Quindi…”.
Nino Boido è un impresario edile, e non uno qualunque: da qualche settimana è stato designato dal Collegio Costruttori di Alessandria come rappresentante della categoria nella giunta della Camera di Commercio, che si spera possa essere, nel contesto di crisi epocale che stiamo vivendo, uno dei ‘pensatoi’ in grado di individuare con lucidità la via della ripresa, e di agevolarla, là dove possibile. Incontriamo l’architetto Boido, titolare e amministratore delegato della Firmitas di Casale Monferrato, a margine di un incontro operativo, uno dei tanti che ‘gli edili’ organizzano in questi mesi, per nulla rassegnati al declino che il settore sta vivendo, e anche un po’ ‘arrabbiati’ (anche se il termine più preciso sarebbe un altro) con le tante istituzioni, in primis quelle politiche, sempre più evanescenti e lontane dal proporre soluzioni ad alto tasso di concretezza: “le sole che oggi possono avere un senso”. I temi affrontati sono numerosi, come gli stimoli che emergono.
Architetto, mai mollare, naturalmente: ma per l’edilizia di casa nostra si intravvedono spiragli di ripartenza vera, per il 2014?
Proviamo a fare un abbozzo di analisi, vuole? Che il settore abbia perso circa la metà dei suoi addetti negli ultimi cinque anni, in provincia come nel Paese, è un fatto. E non mi si venga a dire: le partite Iva sono cresciute. Se chiude un’azienda con 50 dipendenti, e anche solo 10 di questi provano a ripartire da zero, con partita iva, le statistiche esultano: 9 partite Iva in più nell’edilizia! Ma non è, chiaramente, un segnale di salute. In realtà noi gli spiragli li cerchiamo, ostinatamente. Non ultimo puntando, con una decina di imprese della filiera edile (dalle costruzioni all’impiantistica, alla progettazione, agli arredi), su realtà molto più dinamiche di quella italiana, come il Marocco. Però è chiaro che quella edile, per sua natura, non è attività da export, ma legata al territorio…..
E qui da noi che succede, e che succederà?
Qui la situazione è davvero grave, nel nostro settore come in altri. E chi avrebbe avuto il dovere di prevederla, e in qualche modo prevenirla, ha gravi responsabilità. Quando sento il premier Letta parlare di ripresa, ma fra 12 mesi, oppure di sgravi fiscali che arriveranno, nell’edilizia, al 60%, mi innervosisco. Perché temo che non abbiano capito che gli sgravi fiscali vanno bene per le imprese che fatturano, o per i lavoratori che guadagnano, e prevedono di continuare a farlo con stabilità. In uno scenario come quello attuale, è ovvio che ci sia stata la fuga dal progetto casa. E se sommiamo lo stop imposto alle opere pubbliche, abbiamo la tempesta perfetta….
Come uscirne? Che non sia alzando bandiera bianca, si intende…
No, quello mai. Anche se, da imprenditore edile di terza generazione, e con figli piccoli, mi interrogo ogni tanto sul fatto che ce ne possa essere una quarta. Mi piacerebbe, non lo nego, ma solo se tornano ad esserci le condizioni per lavorare bene. Nel frattempo, cercherò di dare ai miei figli un’educazione internazionale. Perché, mi creda, il fatto di vivere su un territorio e in un Paese in crisi non deve farci credere che sia tutto il mondo a franare: non è assolutamente così, per fortuna.
Anche lei ha la sindrome dell’emigrante, architetto?
No, ma ho sempre viaggiato molto, per lavoro e per piacere. E posso assicurarle, per fare qualche esempio concreto, che la disoccupazione in due paesi pur molto diversi tra loro, come l’Inghilterra e il Marocco, la disoccupazione è in calo costante, si fanno progetti, si investe. Per non dire dell’Australia: dove la macchina pubblica è così trasparente ed efficiente che pagare le tasse (eque) è un piacere. Oltre che un dovere a cui non conviene sottrarsi, perché le sanzioni sono giustamente severe…
Insomma, il contrario che a casa nostra…
Qui purtroppo siamo al collasso: quand’ero ragazzo, mi ricordo che era prassi consolidata, nel nostro settore, contenere le spese generali al di sotto del 16% del fatturato aziendale. Ma oggi, con il crollo dei fatturati da un lato, e con una burocrazia sempre più inefficiente ma più esosa, è diventato impossibile. Un’azienda da 16 dipendenti, in Italia, deve sottostare agli stessi adempimenti fiscali e burocratici di una multinazionale, senza averne i benefici. E’ una follia. Ma non basta: se un’azienda edile ha un capannone da diciamo 2.000 metri quadri, in cui tiene i macchinari, produce la stessa immondizia di una famiglia standard. Ma paga 7-8 mila euro all’anno di tassa rifiuti e Imu: che sono 600-70 euro al mese! Ed è solo un esempio fra i tanti che potrei fare.
Ma come si fa a ridare davvero fiato al mercato dell’edilizia, che è sempre stato, almeno da noi, la spina dorsale del territorio?
Mio nonno, che aveva la terza elementare, diceva sempre: ‘se si ferma l’edilizia, si ferma tutto’. E così è stato in questi anni, senza che tutti gli esperti siano riusciti in qualche modo a capirlo in tempo. Ora vedo solo due strade, francamente: gli incentivi (ma veri, e anche locali) e le opere pubbliche. E consideriamo che in provincia di Alessandria, su una popolazione attiva potenziale di circa 180 mila persone, non meno del 20% è legato, in maniera diretta o indiretta, al mercato edile.
Partiamo dall’edilizia privata architetto Boido: ci sono migliaia di abitazioni vuote solo ad Alessandria, nel capoluogo. Ha ancora senso costruire?
Più che altro, quanti sono coloro che hanno ancora risorse da investire nel mattone, anche considerato che il bene casa è stato e sempre più sarà ‘bastonato’ sul piano fiscale? Diciamo che quello di un alleggerimento in termini di tassazione è uno dei pre-requisiti se si vuole rianimare il settore. Oltre ad incentivi economici e sgravi, anche di tipo locale. Ma, naturalmente, oggi si deve puntare sulla riqualificazione dell’esistente (dai centri storici alle campagne) assai più che sulla nuova edilizia residenziale. Teniamo conto che gran parte degli immobili sono stati costruiti più di vent’anni fa, e sono assolutamente privi dei necessari accorgimenti di risparmio energetico, e di riduzione di emissioni inquinanti sul fronte del riscaldamento. Lì c’è moltissimo da lavorare, anche perché ormai il valore di mercato di un immobile è correlato al possesso di un certificato energetico di classe A o B. Naturalmente le ristrutturazioni vanno incentivate, e i soggetti in grado di farlo, e di finanziare concretamente un simile rilancio del comparto, non possono che essere lo Stato (in primis) e le Regioni. Gli enti locali come Province e Comuni navigano a vista, nell’incertezza e nella precarietà di bilancio.
E sul fronte opere pubbliche, architetto? Lei è pro Terzo Valico e affini?
Certamente sì: dalle fasi di crisi come questa si esce solo con importanti investimenti in opere pubbliche. Alta velocità e ponti, ma anche strade ed edifici scolastici, dove davvero c’è una montagna di lavoro da fare, perché sta cadendo tutto a pezzi. Naturalmente, anche qui è essenziale una pianificazione statale, e sarà essenziale ‘intercettare’ i finanziamenti dell’Unione Europea per il periodo 2014-2020: lì, ancora una volta, si rende necessario l’intervento della politica, e non possiamo che incrociare le dita, e sperare in un risultato importante. Senza quella leva, uscire dalla crisi del nostro settore (ma non solo del nostro) sarebbe temo impossibile.
E la Camera di Commercio, architetto? Che contributo può portare?
Io lì sono un neofita, in giunta da poche settimane, e diciamo che sto imparando. Mi pare però che si tratti di un’istituzione che, sul nostro territorio, sta dando da tempo segnali di vitalità, e di capacità di proposta e coordinamento per le imprese. All’interno noi costruttori cercheremo di dare il nostro contributo, e di spingere verso proposte concrete e pragmatiche.
Ettore Grassano