In Italia si può fare tutto. Per pochi.

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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Il caso nel quale è rimasta coinvolta la ministra Cancellieri si presta a molte interpretazioni. Le più sfacciate – e che non vorremmo vedere mai – sono quelle politiche, dettate dal desiderio di strumentalizzazione, di uso e abuso del momento oppure di semplice voglia di far casino, sollevare un polverone e cercare di guadagnarci.
Come si fa a guadagnarci? Semplice. Si ottiene visibilità. Si sceglie da che parte stare per calcolo di convenienza e si va su tutti i telegiornali, su tutte le prime pagine, in tutti i blog di questa nostra Repubblica ormai fondata sui social network. Sai che tristezza.

A che titolo, ad esempio, può il PdL avvicinare il caso Cancellieri-Ligresti a quello Berlusconi-Ruby? A nessuno, ovviamente. Due telefonate, ma in contesti e con finalità completamente diverse. Da una parte, l’interessamento per un caso vero, non costruito e creato dal telefonante; dall’altra parte, un caso messo in piedi artificiosamente da chi ha fatto la telefonata e, come si evince dall’imputazione, a suo beneficio diretto.
Ma anche Grillo c’è andato giù pesante. Richiesta di dimissioni. Così, senza neanche aspettare l’audizione della ministra in Parlamento. Anche a Barbablù il nostro ordinamento consente di parlare, di dire, di difendersi. Perché la sentenza prima del dibattito? Beh, si sa, in politica si va giù di grosso. E di convenienza.

Se guardato con occhio scevro dal tornaconto, ma non per questo ingenuo, il caso Cancellieri-COMUNALI: CANCELLIERI, DISAFFEZIONE CITTADINI ERA NELL'ARIALigresti rivela di noi, della società che abbiamo costruito e continuiamo ad alimentare, un aspetto che chiamerei sociale e definirei prepolitico perché tocca le chiavi dei nostri rapporti personali, del nostro vivere insieme, prima di qualsiasi caratterizzazione di colore o di parte. Quella che qualcuno ha chiamato del “diritto naturale”, a cui si appella ognuno di noi prima di buttarla in politica o in caciara. Prima ancora dei codici e delle pandette.

Ha agito secondo diritto naturale la ministra Cancellieri? Certo che sì. Chiunque avrebbe agito come lei, al suo posto, qualora fosse venuto a conoscenza di un probabile, pesante danno che un carcerato poteva subire dalle sue condizioni di detenzione. Chiunque avrebbe avuto un moto di condivisione, un sentimento di pena e di pietà nei confronti di una persona con il pregresso della Ligresti.

Ma chiunque avrebbe avuto il cellulare della ministra? Chiunque avrebbe avuto accesso al DAP? Chiunque avrebbe potuto trovare il medesimo ascolto, se non si fosse chiamato Cancellieri o Ligresti? Infiniti esempi ci dicono di no. Quindi, cerchiamo di profittare di questa circostanza per  andare oltre, scavare sotto ciò che fa disputare in superficie e mettere a nudo le radici malate della nostra convivenza. Viviamo in un mondo di disuguaglianze sempre più accentuate, dove la differenza la fanno il reddito e l’appartenenza. Questo è l’intollerabile vero, perché ormai i diritti che hanno conquistato i nostri nonni, le garanzie messe in Costituzione dai nostri padri, le tutele per cui abbiamo combattuto anche noi vengono lacerate, sminuite, dismesse ogni giorno che passa.

Io non voglio stare in un clan e non voglio nemmeno essere obbligato all’appartenenza perché solo così posso trovare riparo e qualcuno che ascolta. Sono un cittadino di questa Repubblica? Ebbene, voglio che le istituzioni funzionino, che non ci sia bisogno di telefonate tra la vita e la morte, il lavoro e la disoccupazione, la disperazione e il benessere.
Lo dice anche la Costituzione: tutti sono uguali davanti alla legge. Già, ma prima? E’ questo prima che m’interessa.