I nostri morti [Il Flessibile]

caruso_copertinadi Dario Caruso.

Non è stata suggestione, ne sono convinto.

Nonostante i condizionamenti dei media, l’eccessiva circostante attenzione all’aspetto estetico e commerciale, la frequentazione più assidua del solito di camposanti, sono convinto che sarebbe accaduto comunque.

La notte tra l’1 e il 2 novembre ho sognato mia madre.

Era più giovane di quando se n’è andata, quasi quattro anni fa.

Ed era bella e profumata.

Lo è sempre stata, sempre e comunque; per un figlio è così.

È bastato che mi guardasse negli occhi, mi rivolgesse poche parole e per me il risveglio è stato diverso.

mamma_darioMi sono sentito lieve, sereno, con la coscienza candida e il cuore in ordine.

Non ricordavo le parole che mi aveva detto.

Lo sguardo poi non era un semplice sguardo; era più che altro un volto luminoso con i lineamenti che intuivo piuttosto che comprenderli.

Insomma, la mattinata e la giornata intera mi sono apparse meno faticose.

Nei giorni scorsi ho parlato a lungo con alcuni adolescenti.

Il mestiere dei ragazzi è sempre stato quello di fare muro nei confronti degli adulti, genitori o insegnanti che siano, chi più e chi meno.

“Alla fine sono i miei coetanei gli unici che possono capire le mie diversità”.

Fino a questo punto tutto rientra nella normalità.

Scrutando però a fondo nel loro sguardo vedevo lineamenti finiti e senza luce; e non riuscivo a comprenderli.

Non è stata suggestione, ne sono convinto.

I nostri morti sono così.

Ci danno forza anche quando non ci sono più.

Ce la tolgono quando non hanno prospettive.