“Quest’anno il Milan va come la politica: male, è spento. E anche la Junior Basket Casale non se la passa benissimo. Ma lì sono fiducioso: abbiamo un paio di americani che, una volta ambientati, potrebbero fare la differenza. E anche nel Milan c’è pur sempre Kakà che, ogni tanto, tira fuori un colpo di classe dei suoi. Una magia, come con la Lazio. E’ per la politica che la vedo davvero dura in Italia: ci vorrebbe un miracolo!”. Paolo Filippi, presidente della moritura Provincia di Alessandria, è ormai una star della comunicazione on line di casa nostra. In tanti sul web abbiamo scoperto, in quest’ultimo anno, le sue doti di opinionista/polemista, commentatore puntuale e ‘pungente’ delle vicende locali, e nazionali. E il suo profilo facebook è diventato, per gli addetti ai lavori e per i non pochi appassionati di politica (nonostante tutto), un punto di riferimento costante per capire ‘che aria tira’, e quali sono gli umori non solo e non tanto dello stesso Filippi (provocatore ma anche diplomatico quando vuole, e mai a caso), ma della ‘piazza’. Almeno di quella virtuale. Incontriamo Paolo Filippi una sera, in pieno relax (per noi: lui si alterna tra le nostre domande e i clienti) al Circolo Canottieri. Anche per affrontare dal vivo ‘il mito’ che rapidamente si è creato ad Alessandria, del presidente-ristoratore, che avrebbe trasferito in riva al Tanaro il baricentro della politica provinciale, o di quel che ne resta. Dato il contesto di dismissione. Ma si parla anche di logistica, di Pd, di sindacati….
Paolo Filippi, presidente della Provincia ancora per quanto?
E chi può dirlo? Per legge, dovrei rispondere fino a maggio del 2014, come deciso dagli elettori. Ma di legale nella storia recente delle Province, tra una norma anticostituzionale e l’altra, è rimasto poco. E lo evidenzia la Corte Costituzionale, mica il sottoscritto. Eppure mi sembra che il ministro Delrio (da Filippi ribattezzato sul web Delirio: nomen omen, dicevano i latini, ndr) vada deciso per la strada fallimentare imboccata dal premier Monti. Nel silenzio surreale dell’inquilino del colle più alto, che su questo tema si è indignato assai meno che su altri. Quindi teoricamente dal 1 gennaio, se saranno convertiti in legge i decreti dei mesi scorsi, (con tutte le incognite legate, naturalmente, alla decadenza di Berlusconi, e alla tenuta dell’esecutivo), le Province diventeranno enti di secondo livello, e i primi a decadere saranno gli amministratori delle Province i cui capoluoghi sono città metropolitane. Per cui, per capirci, i sindaci di grandi città come Roma, Torino, Milano diventeranno dei super podestà: roba da far impallidire quelli dell’epoca fascista. A noi periferici non hanno neppure ancora chiarito se rimarremo in carica fino a maggio, o se decadremo a gennaio: ma direi che cambia poco. Ciò che è interessante è che questa operazione non solo non comporterà risparmi, sia pur minimi, ma rappresenterà per i contribuenti un aggravio di costi di un paio di miliardi di euro, secondo un dossier dell’Upi che vi invito a leggere nel dettaglio.
Oltre naturalmente, a rappresentare un’ulteriore mazzata alla democrazia di questo Paese. Ma questo ormai pare sia secondario, no?
Ma non sta esagerando per gusto del paradosso?
Ma quale esagerando: qui si continua a procedere per slogan qualunquisti, mentre il Paese affonda. E invece di avviare riforme serie e complessive, si è puntato fin dall’inizio ad individuare le Province, e solo quelle, come simbolo di spreco, e di costi abnormi. E le Province, lo ribadisco, sono state strangolate da continui tagli di risorse, talora assolutamente illegittimi. Ma adesso siamo al dunque, e tutti coloro che, a partire dall’Anci che sul tema ha avuto un comportamento scandaloso, stanno pregustando la spartizione delle spoglie, dico ‘vedrete, non sapete a cosa andate incontro’. Voglio proprio vedere cosa ne sarà dei debiti, dei mutui, delle strutture da gestire. E, naturalmente, dei dipendenti, che sono l’aspetto che mi preoccupa di più.
Da quel che dice Delrio, le Province non spariranno, ma lavoreranno come una sorta di agenzia per i comuni, essenzialmente sul fronte della manutenzione strade. Mentre le altre competenze e funzioni, a partire dalla gestione degli edifici scolastici, passeranno direttamente in capo ai comuni stessi.
(sorride, ndr) Se continua a citare questo personaggio, mi fa venire l’orticaria. E immagino che i comuni, appena cominceranno a fare due conti, si renderanno conto della follia che li aspetta. Ma non resta che attendere l’inevitabile, a questo punto. Come cittadini, e come elettori, ne prenderemo atto.
Intanto, però, la Provincia di Alessandria non sembra per ora aver abdicato: soprattutto sul fronte lavoro non mollate la presa, e leggiamo costantemente di tavoli di lavoro su aziende in crisi, ma anche di qualche tentativo di aiutare la partenza di attività imprenditoriali…
E, se mi consente, aggiungerei l’anticipo della cassa integrazione, che da diversi anni consente di non lasciare i lavoratori in difficoltà e senza entrate, nei mesi che trascorrono tra il riconoscimento del diritto e l’effettiva erogazione dalle istituzioni competenti: e quest’anno siamo anche riusciti ad allargare l’intervento alla cassa straordinaria e ai contratti di solidarietà. Massima concretezza insomma, e senza troppi comunicati stampa per attaccare questo o quello.
Si riferisce ai sindacati?
Purtroppo sì: non posso non constatare che i segretari provinciali dei 3 sindacati confederali, che peraltro sono persone intelligenti, hanno avuto in questi mesi, in particolare rispetto al comune di Alessandria, un atteggiamento da accanimento terapeutico: tra l’altro occupando sempre loro in prima persona la scena, senza lasciare che la questione fosse gestita dai diversi responsabili della funzione pubblica. Hanno trasformato il comune di Alessandria nella loro linea del Piave, cercando di sostituirsi ai partiti. Un atteggiamento che ritengo sbagliato, e di cui non capisco il fine ultimo: far commissariare il Comune? Co-gestirlo? Ecco, ricordo una video intervista illuminante, dei tempi della fiaccolata di solidarietà, in cui il segretario provinciale Uil Gregori interveniva sul tema, senza usare direttamente il termine co-gestione, ma chiedendola nei fatti. Ma la co-gestione dei sindacati negli enti pubblici non si può fare: è illegale. Ci deve essere dialogo, partecipazione, concertazione: ma co-gestione no.
Torniamo alla Provincia presidente Filippi, e ai rischi connessi alla neve. Davvero quest’anno, in caso di maltempo accentuato, rischiamo di dover aspettare il disgelo?
Ma no, è l’allarmismo di tutti gli anni, poi ce la siamo sempre cavata, anche se certamente la situazione risorse è quella nota, e stiamo inevitabilmente navigando a vista.
E la logistica?
Ho ribadito al ministro Lupi quel che vado dicendo da un anno: ossia che se vogliono ‘sganciare’ il Terzo Valico dal rilancio della logistica alessandrina noi non saremo loro complici. Naturalmente il Terzo Valico, se vogliono, lo fanno comunque: ma se ritengono importante procedere con il nostro appoggio, sanno che condizione imprescindibile è che la Regione mantenga gli impegni presi a suo tempo su Alessandria e la sua logistica. E’ un’opportunità di sviluppo economico troppo importante per tutto il territorio, per far finta di niente.
Dismissione immobili: davvero venderete anche la Palazzina ex vigili del fuoco, mettendo a rischio la sopravvivenza del Laboratorio Sociale, e di tutto ciò che è stato realizzato in questi anni?
Ma no, nella maniera più assoluta: e Claudio Sanìta, che è persona intelligente e per la quale ho sempre avuto molto rispetto, lo sa benissimo. Ho favorito e sostenuto quel progetto, che credo abbia avuto e abbia un ruolo importante sul territorio. E non solo finché ci siamo noi non si tocca: ma mi piacerebbe fare in modo di dar loro garanzie anche per il dopo. Se sia possibile, è altra questione e lo vedremo. Ma, per quanto mi riguarda, lunga vita al Laboratorio sociale: sono ragazzi in gamba! Magari potrebbero aprirsi anche un po’ di più alla città, ma questa è una mia valutazione.
Lei, dopo 15 anni da amministratore di Palazzo Ghilini (5 da assessore al bilancio, 10 da presidente), se ne va con la coscienza tranquilla? Pensa di aver fatto il possibile anche sul fronte dei dipendenti, precari compresi?
Coscienza tranquilla, e l’orgoglio di aver sempre operato con il massimo impegno, con trasparenza, raccontando sempre le cose come stavano. Con i dipendenti dell’ente, in particolare, c’è sempre stata da parte mia non solo rispetto, ma anche stima. Vorrei ricordare che se, ad ottobre 2012, non mi sono dimesso per cercare di perseguire legittime ambizioni politiche è stato fondamentalmente pensando a chi restava, nell’assoluta incertezza e con i rischi connessi. Lasciare la nave che affonda, alla Schettino, non fa davvero per me. I precari, mi chiede: ma abbiamo davvero cercato di percorrere ogni strada possibile, mi creda, e diversi di loro, con i quali ho rapporti personali, lo sanno bene. Rimane però un concetto di base: i contratti a termine si chiamano così perché scadono. So che nella pubblica amministrazione si è a lungo dato per scontato il contrario: l’importante è entrare, poi in un modo o nell’altro ti stabilizzano. Ma davvero in questo caso non ne avevamo la possibilità.
Ha parlato della sua scelta di un anno fa Filippi: davvero non tornerebbe indietro? Oggi sarebbe probabilmente in Senato, guardando a quel che è successo successivamente…
Mai avere rimpianti, soprattutto quando si sa di essersi comportati correttamente, e di aver operato scelte non per tornaconto personale, ma nel rispetto dell’interesse dell’ente, e anche di chi mi aveva affidato un incarico attraverso il proprio voto, e si aspettava che lo portassi a termine. Così ho fatto: che poi mi venga riconosciuto o meno conta poco.
Oggi Paolo Filippi, uscito dal Pd, come si colloca politicamente?
Battitore libero, e osservatore critico di quanto sta succedendo in questo Paese. Dove siamo al disfacimento, e dove i partiti politici sono così incapaci di selezionare la propria classe dirigente da affidarla o alla decisione di uno solo, o sempre e comunque a consultazioni popolari che in certi casi sono utili, in altri sono un modo per non prendersi responsabilità: e non sempre per quella strada si selezionano i più competenti.
Ma lei non ha mai pensato di tornare ad iscriversi al Partito Democratico, per fare da dentro la sua battaglia?
(sorride, ndr) No, per carità. Anzi, le racconto un aneddoto divertente. Non molto tempo fa, su richiesta del sindaco di Alessandria, ho partecipato ad un direttivo del Pd in cui si parlava di una serie di questioni tecniche che in effetti potevano coinvolgere anche la Provincia. Ebbene, so per certo che, nei giorni seguenti, c’è stato un tam tam di telefonate allarmate: del tipo ‘ma torna? E per fare che?’. Non torno, non torno, li tranquillizzo anche ora: largo ai giovani leoni! Del resto, che ci farei in un partito che ha sostenuto le larghe intese con il suo nemico di sempre, Berlusconi? E che ha letteralmente abbandonato i suoi amministratori locali, dopo aver posto le autonomie locali ai primissimi posti del suo programma di un tempo?
E cosa farà, politicamente si intende, alla scadenza del mandato? Gennaio o maggio che sia…
Prima di tutto non vivo di politica: rientrerò al lavoro, come funzionario dell’Ipab di Casale Monferrato, e valuterò semmai, questo sì, come conciliare quell’impiego con l’impegno imprenditoriale qui alla Canottieri. Anche qui, so che si è molto favoleggiato sul presidente della Provincia-ristoratore: è anche divertente, lascio fare. Ma sfido chiunque a sostenere che ho trascurato i miei impegni istituzionali. Siamo seri: con gli altri amministratori di Palazzo Ghilini siamo in trincea fino alla fine, con un grandissimo senso di responsabilità. Questa è la verità.
Va bene. Ma in politica dove la rivedremo?
Non lo so, davvero. Intanto vediamo cosa succederà da qui a fine anno. L’8 di dicembre non ho ancora deciso se partecipare alle primarie, come elettore di centro sinistra. Ma, nel caso, non sosterrò certo Renzi: quella giornata sarà una sorta di plebiscito sulla sua persona. Avete sentito parlare di programmi? Solo di leadership. Io osservo: ma non mi stupirei se, dopo la vittoria di Renzi alle primarie, ci si trovasse di fronte ad una deflagrazione del Pd. Vedremo…
Presidente, non è che, dopo la sua brillante esperienza come commentatore/opinionista su facebook, ci ritroveremo colleghi?
Magari: ma per me non sarebbe una novità. Il giornalismo fu un grande amore giovanile, a Casale. Lavorai per il settimanale la Vita Casalese, ma anche come conduttore radiofonico nelle radio libere, in particolare come inviato sportivo, sui campi di basket e di calcio. Me ne ricordo una mitica, anche se non so più da dove: ma insomma avevo in mano questo sacchetto di gettoni telefonici, e facevo la cronaca attaccato alla cornetta della cabina, da cui si vedeva soltanto, in pratica, un angolo di campo. Poi, negli ultimi tre minuti, si registrava la diretta stadio col proprio registratore, per trasmetterla e commentarla la sera in radio. Eh, bei tempi: sono passati più di trent’anni!
Ettore Grassano