di Dario B. Caruso
È di questi giorni la vicenda del professore sospeso dall’insegnamento per tre mesi; in più con lo stipendio dimezzato.
Una storia che lascia dietro sé parecchi punti di domanda sulla situazione attuale del pensiero libero.
Se è vero – com’è vero – che la libertà personale è inviolabile (art. 13 della nostra Costituzione) e che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (art. 21 della Stessa), allora i conti non mi tornano.
Il prof. Raimo insegna al liceo Archimede di Roma.
Durante la sua attività di attivista politico – quindi al di fuori dell’ambito di lavoro – dedica alcuni epiteti molto coloriti al ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara.
L’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio dispone in via immediata la sanzione: sospensione e decurtazione di retribuzione.
Gli studenti, con altrettanta immediatezza, si mobilitano a favore del docente; si chiedono dove si trovi l’illiceità.
Si innesca così un corto circuito in cui la scuola, suo malgrado, si ritrova quale scenario involontario del fattaccio. Accade sempre: la scuola parafulmine, la scuola figlia di un dio minore, la scuola additata poiché seconda in ogni frangente.
Il primo pensiero che mi salta in mente credo che sia comune a tutti: se Raimo fosse stato un barbiere, un barista, un commercialista, un atleta, un delinquente o chissà cos’altro, le sue affermazioni – seppur riprovevoli sotto il profilo dell’educazione dialettica – sarebbero passate sotto silenzio.
Alla stessa maniera se fossero state pronunciate da un esponente politico di spicco, addirittura da qualcuno con incarichi di governo.
L’aggravante, secondo l’USR, è proprio la professione: con queste affermazioni potrebbe influenzare i propri studenti.
Ed è dunque il libero pensiero che va a sovrapporsi al libero insegnamento.
Vedrete: arriveremo ad apostrofare gli studenti quali rivoluzionari visto che manifesteranno liberamente il proprio diritto di avere un insegnante di classe anziché un supplente temporaneo.
Insegno da molti anni.
La tutela del pluralismo è un valore aggiunto, è un diritto che mi tengo stretto e che non deve confliggere con le norme e le leggi vigenti.
La libertà di insegnamento consente al docente di manifestare apertamente in classe il proprio pensiero, di comunicare le proprie idee, di esporre le proprie teorie e i propri punti di vista, ma anche di ascoltare lo studente e prendere in considerazione un punto di vista analogo o divergente.
È la scuola, un punto di incontro di idee e prospettive differenti.
Ribadisco questi concetti e poi mi dico che il prof Raimo ha espresso pensieri forti.
Ma non a scuola.
Si tratta dunque di un esercizio di libertà limitata.