Comitato Stop Solvay: “Situazione PFAS nel sangue degli abitanti della Fraschetta sempre più allarmante, il biomonitoraggio cominci subito”

La situazione sanitaria delle comunità che vivono intorno allo stabilimento ex Solvay di Spinetta Marengo, ad Alessandria, è allarmante e fuori controllo.

Secondo un supplemento di analisi sui campioni ematici (raccolti nell’ambito di un biomonitoraggio indipendente i cui esiti principali erano già stati resi noti lo scorso giugno da Anémos, Comitato Stop Solvay e Greenpeace Italia), nel sangue di tutte e 36 le persone monitorate è stato infatti trovata la presenza di un PFAS specifico, l’ADV, prodotto dallo stabilimento ex Solvay.

Nonostante queste nuove prove dimostrino un impatto diretto delle attività dell’azienda sulla cittadinanza, i tempi del biomonitoraggio sanitario prospettati dall’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi sono estremamente lunghi e incapaci di rispondere con l’urgenza richiesta alla gravità della situazione.

Nei mesi scorsi 36 cittadini e cittadine, in autonomia e con proprie risorse economiche, hanno sostenuto i costi delle analisi dei propri campioni di sangue presso un istituto estero (Università di Aquisgrana), con l’obiettivo di verificare le concentrazioni di questi inquinanti.

Ogni persona ha riportato una somma di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) superiore a 2 μg/L (microgrammi per litro), la prima soglia di allerta individuata dalla National Academy of Sciences già adottata come valore di riferimento dal protocollo della Regione Piemonte, oltre la quale possono verificarsi impatti sanitari.

Inoltre, in cinque persone i PFAS erano presenti in quantità superiori a 20 μg/L, soglia oltre la quale non dovrebbero più entrare in contatto con tali sostanze.

Gli esiti del supplemento di analisi diffuso venerdì, relativi alla quantificazione di varie miscele ADV (N2, N3, N4, N5, M3 M4), ne hanno rilevato la presenza in ogni campione e, nella maggior parte, sono risultate i PFAS più abbondanti, superando spesso i livelli di PFOA precedentemente determinati. In particolare, il 64% delle persone presentano una somma di ADV che da sola supera i 2 μg/L, senza contare gli altri PFAS già presenti nel loro sangue.

Sommando le concentrazioni delle miscele ADV agli altri PFAS, 4 persone su 10 hanno una sommatoria di PFAS superiore o uguale ai 20 μg/L. Finora non era possibile quantificare questa sostanza presso laboratori privati, a causa della mancanza dello standard di riferimento analitico.

Per il Comitato Stop Solvay e Greenpeace Italia questi dati smentiscono le affermazioni dell’ex Solvay: le attività attuali dell’azienda, e le massicce immissioni di varie molecole PFAS, tra cui le ADV, nell’aria e nelle falde acquifere già comprovate dalle analisi degli enti pubblici, impattano sulla salute della cittadinanza e risultano la principale fonte di esposizione per le comunità locali. La situazione peraltro potrebbe essere ancora più grave, considerando che gli esiti delle analisi diffusi oggi non includono la quantificazione del C6O4: molecola per cui l’ex Solvay non condivide a privati lo standard per effettuare le analisi nel sangue.

Le associazioni si chiedono infatti cosa accadrebbe se a queste analisi si dovesse riuscire ad aggiungere la quantificazione di questa sostanza nel sangue e nelle urine.
Probabilmente, il quadro che emergerebbe, sarebbe ancora più grave.

In questo scenario allarmante i tempi estremamente lunghi (fino a 3 anni) del biomonitoraggio regionale prospettati dall’assessore Riboldi lo scorso 12 settembre, insieme a tecnici di ARPA e ASL, non rispondono all’emergenza in corso.

Secondo Comitato Stop Solvay e Greenpeace Italia, lasciare che si attenda ben tre anni per questa operazione è sinonimo di irresponsabilità. Le due associazioni sottolineano come sia ingiustificabile la totale assenza di interventi per fermare l’inquinamento all’origine e far cessare le emissioni inquinanti, e si chiedono per quanto ancora le comunità locali dovranno essere esposte ai PFAS attraverso aria, acqua e alimenti.

L’inerzia regionale, a voler pensare male, parrebbe essere parte di una strategia in cui, piuttosto che difendere la collettività e il bene comune, l’obiettivo sia dare tempo agli inquinatori per continuare a fare profitto a scapito della popolazione. Continuare a dilungarsi in eterni tavoli tecnici per approfondire ancora la situazione (due anni per il coinvolgimento di circa 30 persone) è una beffa per la cittadinanza, soprattutto considerando che in poche settimane un gruppo di cittadini è riuscito ad auto organizzarsi per sottoporre ad analisi del sangue molte più persone rispetto a quante ne abbia coinvolte la Regione in diversi mesi.

Comitato Stop Solvay e Greenpeace Italia chiedono alla Regione Piemonte di estendere subito il biomonitoraggio a chiunque voglia prendervi parte e di concluderlo entro 12 mesi.

Chiedono inoltre di condividere in modo trasparente con la cittadinanza le azioni concrete per tutelare la salute pubblica e l’elenco degli interventi per garantire l’emissione zero di tutti PFAS e delle altre sostanze tossiche dal polo chimico, anche bloccando la produzione.

Comitato Stop Solvay