“Lo storicista pensa di essere molto intelligente, vede l’acqua scendere e pensa di poter anticipare il futuro. (…) Si può studiare quello che è stato, ma quello che è stato è finito e da adesso in avanti non siamo in condizione di anticipare un bel niente, non siamo in grado di seguire la corrente, dobbiamo semplicemente agire e cercare di rendere le cose migliori.”
Karl Popper, “La lezione di questo secolo”, Marsilio, Padova 1992
Stando ai dati del World Development Indicators del 2013, ai ritmi attuali la popolazione mondiale aumenta ogni anno di circa 84 milioni di abitanti. Di essi, ben 74 milioni, pari all’88,2% della crescita complessiva, vivono nei paesi cosiddetti «a reddito basso e medio basso». Per contro, la popolazione dei paesi «a reddito alto» (la classe che comprende tutti i paesi Occidentali, tra cui il nostro) aumenta annualmente di soli 7,8 milioni, pari al 9,3% della crescita complessiva. Si prevede, inoltre, che entro il 2020, vale a dire un orizzonte di soli sette anni, la popolazione mondiale crescerà di poco meno di 600 milioni di unità: più dell’intera popolazione dei 28 paesi membri dell’Unione Europea e poco meno del doppio rispetto alla popolazione dei paesi dell’Eurozona. La crescita della popolazione mondiale si concentrerà per oltre un terzo (pari a 207 milioni) nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana e per una cifra di poco superiore (208 milioni) nei paesi del Sud Est Asiatico, del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, i paesi dai quali proviene il flusso migratorio.
Di fronte a questi dati, coloro che si illudono di poter fermare un esodo da quei paesi verso l’Europa di dimensioni bibliche semplicemente respingendo i barconi dei disperati, assomigliano a quanti, ad un anno dal ventennale della disastrosa alluvione piemontese del novembre 1994, credono ancora che la causa di tutto ciò sia stata l’apertura di fantomatiche (quanto inesistenti) dighe. Coloro che ritengono che possa bastare la regolamentazione dei flussi migratori, sul tipo, per intenderci, di quelli introdotti dalla legge Bossi-Fini, ricordano invece quanti affidano ai lavori per la messa in sicurezza della città di Alessandria (basati sulle fasce di espansione protette dalle arginature) la speranza di riuscire ad evitare l’alluvione prossima ventura. Beninteso, niente non è, dal momento che se la sicurezza assoluta non esiste, tuttavia un po’ di sicurezza in più non guasta. Coloro, infine, che suggeriscono di aiutare i migranti così da farli rimanere nei loro paesi di origine allo scopo di impedire che i flussi migratori delle dimensioni attese raggiungano le coste dei paesi europei, ricordano quanti prospettano di trattenere le acque dei fiumi a monte mediante la costruzione di un sistema di casse di espansione e di laminazione delle piene. Seppur con un certo margine di ragione da un punto di vista prettamente teorico, questi ultimi non fanno i conti né con le dimensioni del fenomeno migratorio, né con il costo che l’attuazione di misure atte a favorire la crescita economica nei paesi di provenienza dei flussi stessi comporterebbe. Tutto ciò, a prescindere dalle difficoltà legate alla mancanza di democrazia, dei più elementari diritti civili e al livello di corruzione esistente in quei paesi.
In altri termini, date le dimensioni dei fenomeni migratori che si possono prevedere per i prossimi anni, non esiste una misura che, da sola, a maggior ragione per un piccolo paese come l’Italia, possa consentire di affrontare il problema. La sola strategia possibile, che, come per i fenomeni naturali, richiede l’acquisizione della consapevolezza del rischio, è quella che mira a contenere i flussi migratori verso i paesi europei in dimensioni socialmente accettabili per i cittadini dei paesi che li accolgono, combattendo con ogni mezzo i trafficanti di uomini e stanziando le risorse necessarie a rendere possibile la distribuzione dei flussi migratori tra i paesi dell’Unione. Si tratta evidentemente di politiche che solo l’Unione Europea può attuare, una volta che fosse avvenuto il passaggio dall’unione economica a quella politica. Purtroppo, come per altre questioni economiche, come l’aver lasciato la competenza delle politiche fiscali e di bilancio agli Stati nazionali, più il tempo passa e più il problema si avvita su sé stesso e diventa difficile da risolvere. Le drammatiche immagini che ci giungono dai luoghi di sbarco dei migranti ci inducono a riflettere sull’efficacia della politica dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. I numeri ci dicono che non è proprio il caso di farci soverchie illusioni circa l’alluvione demografica che ci attende nei prossimi anni.