Conosciuto ai più come presidente di ‘Alessandria VentiVenti’, Nicola Mandirola è una persona di passioni molto varie e articolate. Grande appassionato di sport (soprattutto sci e trekking) e di tecnologie applicate al mondo dell’educazione, attualmente sta cercando di scoprire, con grande curiosità ma con risultati che è lui stesso a definire “indegni”, il mondo dell’ingegneria applicata alla green energy. Buona lettura!
1) Nicola, ci racconti un po’ chi sei e che cosa fai?
Sono un 29enne che qualche tempo fa ha deciso di buttarsi a capofitto nell’ambito lavorativo in Italia più sfigato; per lavoro mi occupo sostanzialmente di educazione civica. Da sette anni curo, e tengo personalmente, alcuni laboratori interdisciplinari in molte scuole del Piemonte sul tema dell’educazione civica a partire dall’insegnamento della Costituzione Italiana.
Dopo aver conseguito un Master in Civic Education, oggi collaboro con il gruppo di ricerca del prof. Maurizio Viroli (Princeton University) che opera presso l’Università della Svizzera Italiana. Il secondo ambito di interesse – le smart cities – è più recente e può essere visto come un’evoluzione della mia principale occupazione. Si parte da una mia testarda convinzione secondo la quale è impossibile immaginare una smart city senza cittadini educati a viverla a 360°. Da qui – tra l’altro – nasce Alessandria VentiVenti!
2) Tu hai messo in piedi, insieme ad alcuni amici, ‘Alessandria VentiVenti’, definito come un “progetto di lavoro che ha come obiettivo primario quello di fare di Alessandria una città Smart”. Che cosa indica “VentiVenti”, e come si diventa “Smart”?
Ventiventi è un’associazione di volontari, con tutti i limiti che ciò impone, che si ispira alle direttive europee contenute in Lisbona2020. Oltre a questo il nome deriva dall’idea che per modificare una città, nelle abitudini dei suoi cittadini e nelle sue infrastrutture non materiali (chiamiamole facilities o servizi al cittadino), serva del tempo. Noi oggi abbiamo ancora sette anni per perseguire l’obiettivo dell’intelligenza.
L’uso delle parole al posto dei numeri è invece scaramanzia: ci siamo accorti infatti che tutti i progetti che nella nostra città hanno delle date in numero nel loro nome hanno goduto di alterne fortune…
Come si diventa smart è una domanda complicatissima. Io – noi – crediamo che un buon risultato si possa perseguire ed ottenere attraverso due vie: la prima è con l’educazione fin da piccoli ad un certo modo di agire. In secondo luogo si deve cominciare a pensare ai problemi in senso globale, cercando la strada più breve (che spesso è la più efficace) per raggiungere un obiettivo e mantenere questa impostazione con determinazione durante il suo perseguimento. Molte delle nostre idee riteniamo che siano intelligenti proprio perché non rivoluzionarie. Solo non le mette in pratica nessuno!
3) Quali reazioni stai avendo con questa iniziativa? Come sta rispondendo la città?
Francamente siamo tra pochi alti e molti bassi. Possiamo riassumere così la risposta: a metà strada tra l’indifferenza e la pacca sulla spalla accompagnata dalla frase: “sono giovani”.
Seriamente, ci sono ambiti cittadini più sensibili ai temi che portiamo avanti ed altri che non hanno proprio idea di cosa significhi in concreto pensare e costruire una smart city. La confusione e un po’ di scetticismo sono prezzi che avevamo messo in conto: l’approccio alle smart cities è complicato perché è multidisciplinare. Parlando di sostenibilità come metro di giudizio per una città intelligente, non stiamo parlando di un concetto semplice da intuire perciò sarebbe importante comunicare molto bene ciò a cui facciamo riferimento. Purtroppo, data la natura volontaristica dell’associazione, è difficile caricarci sulle spalle tutto il lavoro informativo ed educativo su questo tema.
4) I giovani alessandrini, dopo la laurea, sono praticamente costretti a cercare lavoro altrove. Come si può invertire questa tendenza, secondo te?
Nella nostra città ci sono poche aziende in salute e poco commercio; tra l’altro quello che c’è non pare essere al centro di un grosso progetto di incentivazione. Poi ci sono le Università che non producono lavoratori visto che anche molto del lavoro di ricerca – per vari motivi – è stato delocalizzato. Di per sé non sarebbe un problema se l’istruzione accademica fosse vista solo come momento di crescita intellettuale e non, come spesso è necessariamente vista come momento propedeutico al lavoro. In questo secondo caso, avere poca scelta è diventato un problema. Come anche un problema capitale è legato al fatto che l’università e la città non si parlano e continuano a vivere e camminare parallelamente. Invece una città appetibile è volàno per aumentare gli iscritti, come può essere importante per la città avere un’università in salute. Dato che non abbiamo grandi risorse, questo è il nodo da affrontare.
5) Come giudichi l’operato del sindaco Rita Rossa, dal tuo punto di osservazione? Che cosa dovrebbe fare, a questo punto, per raddrizzare la baracca?
La risposta ha bisogno di una doverosa premessa. Un politico di mia conoscenza, di parte avversa a quella che oggi governa, in piena campagna elettorale, mi disse: speriamo che la Rossa vinca, così noi al prossimo giro siamo di nuovo in pista. Detto questo e con l’umiltà di un giovane che fa il pendolare attraverso il Piemonte, occorre chiarire che sono sempre stato dell’idea che “fosse inevitabile dichiarare dissesto”, è certo che il primo anno abbondante poteva essere meglio sfruttato. Se si leggono le interviste agli assessori alessandrini, credo che sia una situazione ben percepita anche dagli stessi governanti. Probabilmente è mancato un po’ di coraggio.
Io credo che in una situazione come questa, il modo migliore per rendere meno pesante una situazione che per i cittadini è francamente insostenibile sia quello di puntare sui servizi da offrire. Alcuni sono banali, costano poco – o niente – ma darebbero il segnale inequivocabile di una netta controtendenza rispetto al passato e potrebbero attenuare un po’ i mugugni (solo un po’; siamo pur sempre alessandrini, eh!). Noi abbiamo fatto alcune proposte scritte, magari qualcosa può essere ripreso.