L’evasione fiscale non è solo made in Italy…[La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Una decina di giorni fa è apparso sul sito www.chicago-blog.it (che rimanda a www.leoniblog.it) un articolo di Oscar Giannino sull’evasione fiscale. Con la puntualità che gli va riconosciuta nonostante note disavventure di immagine, il giornalista fa il punto sulla lotta all’evasione fiscale, sempre citata, anche recentemente negli Stati Uniti, da Enrico Letta come prima causa delle difficoltà di bilancio italiane. Per altro Letta segue un indirizzo che con Monti aveva portato anche a un disgustoso blog pubblicitario sugli ‘evasori’ dallo stile inequivocabilmente fascista del tipo “Taci, il nemico ti ascolta”, anche se qui l’invito è piuttosto a ‘parlare’, visto che il fisco ha anche aperto la porta ai delatori anonimi e di questo passo si arriverà certamente anche ai ‘pentiti fiscali’ cui condonare le pene a patto che facciano nomi di altri grandi evasori.

E tutto ciò in nome dell’equità fiscale, declinata in ogni sfumatura ma sostanzialmente riconducibile agli assiomi ‘se pagassero tutti il bilancio italiano sarebbe in pareggio’, ‘pagare tutti, pagare meno’ cui aderiscono convintamente quella parte dei cittadini che a ogni piè sospinto rivendica la propria fedina fiscale immacolata. Così dice la vulgata, ma così in realtà non è. Se infatti tutti i lavoratori dipendenti subiscono il prelievo fiscale alla fonte e quindi sono contribuenti fedelissimi, è anche verosimile che nella quotidianità si comportano in modo diverso rientrando nella media. Di fronte al prestatore di un qualsiasi servizio (ovviamente con le eccezioni del caso), alla domanda consueta, consuetissima: “con fattura o senza?”, mi sembra verisimile che anche (sempre con le eventuali ‘virtuose’ eccezioni) loro si orientino in grande maggioranza verso la seconda soluzione.

Ma, al di fuori della solita retorica antievasione, il fatto è che il cittadino viene messo in unaGiannino Oscar situazione ambigua. Ma come? Lo Stato chiede a loro di esigere la fattura in ogni occasione e quindi di sostituirsi, non solo con la propria persona, ma anche col proprio denaro – ‘con fattura farebbe 121 euro (anzi, ora 122, pare), senza fattura solo 100’ -, all’inefficienza dello Stato stesso che da solo non è in grado di individuare e punire il prestatore di servizi che evade l’Iva e dichiara al fisco un reddito inferiore a quello realmente percepito. Insomma non basta essere contribuenti corretti, no, bisogna anche investire altri soldi di tasca propria perché il fisco faccia il proprio lavoro? E tutto senza riceverne alcun beneficio visto che quella fattura al contribuente non serve proprio a niente. Se potesse dedurla dalle spese nella dichiarazione dei propri redditi il ruolo di collaborazione fiscale del cittadino troverebbe una giustificazione nel ritorno economico, e invece no, non si può. Devi pagare per te e per l’altro. Non so, mi sembra che qualcosa non torni.

Ma torniamo al ragionamento di Giannino da cui siamo partiti. Come al solito la stampa ci mette del suo propalando titoli trionfalistici che dipingono il fisco italiano mentre miete successi nella strenua lotta all’evasione. Del tipo, ‘Accertati 17,5 miliardi di evasione’. Bene dice il lettore, una pezza al bilancio ce la mettiamo. No, non è così, ci spiega Giannino. Quello che il fisco dovrà recuperare sono solo le tasse dovute, ed evase, su quei 17,5 miliardi e cioè all’incira 8 miliardi. Vabbè è sempre qualcosa, uno dice. E no, perché la percentuale media dei recuperi fiscali italiani si attesta sul 45 per cento della somma dovuta. E cioè nel nostro caso 3,6 miliardi.

Questo è lo stato dell’arte. Ma non basta. Al nostro ragionamento che cerca di fare le bucce al pensiero unico, servirà anche l’ultima parte dell’articolo di Giannino che qui citiamo espressamente:

“Un’ultima osservazione. Bisogna far tara anche di un altro luogo comune diffusissimo: quello dell’Italia regina solitaria dell’evasione e dell’economia “in nero”, dannata conseguenza di una devianza antropica connaturata al nostro DNA nazionale, incapace di immedesimarsi nel bene pubblico, e intossicato di Machiavelli e Guicciardini. Qualche giorno fa è stata pubblicata una aggiornata stima comparata del “nero” in Europa, a cura del professor Friedrich Schneider per la grande società di consulenza A.T. Kearney. Ebbene la stima del nero italiano, pari al 21% del Pil, è in realtà di poco sopra la media europea, perché a batterci, con punte fino al 30% e oltre del Pil, sono i Paesi esteuropei. Ma i nostri 330 miliardi circa di economia “insensibile” al fisco vengono superati, come ammontare, dagli oltre 350 miliardi della virtuosissima Germania. Certo, la percentuale del nero sul Pil tedesco è più bassa della nostra. Ma come imposte evase ci battono, i signori tedeschi. Malgrado abbiano una pressione fiscale di diversi punti inferiore alla nostra, beati loro”.

Mi sembra di aver infatti letto che il tasso di evasione tedesco si aggiri sul 12% e quindi il nostro 21% non è poi in termini assoluti quella mostruosità che si vuol far vedere. Anche perché non ho mai capito se in quella percentuale ci stanno anche i miliardi evasi dalla criminalità organizzata o no.