di Enrico Sozzetti
In Italia la presenza è concentrata a Bollate, con il quartier generale e il centro di ricerca, e a Spinetta Marengo con “l’impianto più importante del gruppo”. Il fatturato 2023 si è attestato su 1,3 miliardi di euro. L’impianto a carboni attivi (26 milioni di investimento) per il trattamento delle acque industriali. La costante collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale
I prodotti sono oggi insostituibili. Senza sarebbe quasi impensabile lavorare, viaggiare, comunicare nei modi cui siamo abituati oggi. Il cuore pulsante dell’innovazione nel campo della chimica avanzata è Spinetta Marengo con lo stabilimento che oggi si chiama come la società che è nata dalla scissione di Solvay all’inizio di dicembre 2023: Syensqo. La storica multinazionale belga si occupa della chimica di base, mentre quella avanzata è al centro del core business di Syensqo che sviluppa l’attività su quattro piattaforme di crescita: batterie, idrogeno verde, composti termoplastici, materiali e biotecnologie rinnovabili. Sul fronte internazionale la società occupa oltre tredicimila dipendenti di cui il quindici per cento impiegato in ricerca e innovazione. I siti produttivi sono sessantadue in trenta nazioni e dodici sono quelli in cui si concentra unicamente la ricerca e sviluppo. In Italia la presenza è concentrata a Bollate, con il quartier generale, il centro di ricerca (circa trecento persone coinvolte) e il sito produttivo nella frazione di Ospiate, e a Spinetta Marengo con quello che viene definito “l’impianto più importante del gruppo”. In Italia gli occupati sono in tutto 1150 e il fatturato 2023 si è attestato su 1,3 miliardi di euro. Le vendite nette globali della società sono state pari, sempre l’anno scorso, a 6,8 miliardi con un flusso di cassa di 448 milioni di euro.
Ventisei milioni per quaranta colonne
Ed è proprio a Spinetta Marengo che è andato in scena l’ultimo capitolo, in ordine di tempo, degli investimenti non produttivi bensì per la sostenibilità ambientale. Con il tradizionale taglio del nastro è stato ufficialmente inaugurato l’impianto a carboni attivi per il trattamento delle acque industriali di raffreddamento e meteoriche, già avviato a metà del 2023 e adesso in pieno funzionamento. I lavori di costruzione sono stati completati in un anno, l’investimento è stato pari a 26 milioni di euro e sono state coinvolte centosessanta persone e quindici imprese locali. L’impianto si sviluppa su una superficie complessiva di un ettaro (diecimila metri quadrati) ed è formato da quaranta colonne di filtrazione in grado di trattare in totale 3.700 metri cubi all’ora di acqua, una portata equivalente a quarante piscine olimpioniche al giorno. “Questo investimento è solo l’ultimo in ordine di tempo degli ingenti investimenti per la sostenibilità ambientale effettuati a Spinetta Marengo da Syensqo che nell’ultimo anno ha raggiunto i quaranta milioni di euro” spiega Stefano Colosio, direttore dello stabilimento di Spinetta Marengo.
Nel 2022, su un’area vicina, è stato avviato anche l’impianto a osmosi inversa (un investimento di quindici milioni) per il trattamento dei reflui acquosi di processo, circa quarante metri cubi all’ora, per separare i tensioattivi Pfas delle acque. “L’acqua demineralizzata viene riutilizzata nei processi industriali. Il trattamento con carboni attivi costituisce il passaggio finale di un ulteriore trattamento delle acque industriali di raffreddamento già trattate da impianti intermedi” aggiunge Colosio.
‘Una tecnologia adattata agli inquinanti’
L’impianto utilizza circa ottocento tonnellate di carboni attivi che devono essere rigenerati almeno due volte all’anno. Il processo, eseguito dal fornitore di Syensqo, prevede prima il riscaldamento dei carboni a ottocentocinquanta gradi, quindi la combustione a quasi milletrecento gradi delle sostanze inquinanti. I carboni, che subiscono una perdita media del dieci per cento, vengono successivamente integrati e riportati nello stabilimento di Spinetta. “Questo tipo di tecnologia – spiega Leonardo Marchese, già direttore del Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica (Disit) dell’Università del Piemonte Orientale, e attuale responsabile scientifico del Centro di Ricerca e sviluppo per il risanamento e la protezione ambientale (Rispa) – è vecchia di quasi ottant’anni, ma è l’applicazione in relazione agli inquinanti che fa la differenza”. Il centro di ricerca è nato a febbraio con l’accordo quinquennale tra Università del Piemonte Orientale e Syensqo. Il Rispa (finanziato con cinque milioni di euro; i laboratori sono allestiti all’interno della sede di Alessandria del Disit) lavorerà “allo studio di nuovi materiali e processi sia per l’abbattimento di inquinanti esistenti sul territorio alessandrino, sia per l’eliminazione di sostanze potenzialmente nocive per l’ambiente dalle acque di processo”.
Disit, la bonifica di siti contaminati
La proposta nasce sull’onda delle esperienze dei ricercatori del Disit nell’ambito delle bonifiche di terreni inquinati presenti nell’area “Bacino del Tanaro”. Marchese ricorda, per esempio, gli interventi di bonifica da cromo esavalente, contaminante storico presente nell’insediamento industriale del polo chimico di Spinetta Marengo. “Grazie a una tecnologia unica e innovativa sviluppata in collaborazione tra il Disit e Solvay, approvata dagli enti preposti nell’ambito della procedura di bonifica dello stesso sito, è stato possibile – spiega – conseguire risultati definiti “eccezionali” dal mondo universitario che nel 2020 hanno portato alla certificazione di “avvenuta bonifica” di un primo lotto contaminato. La tecnologia è tuttora in utilizzo nel polo chimico ed è stata oggetto di varie pubblicazioni accademiche. Sono inoltre da menzionare gli studi che hanno portato allo sviluppo da parte dell’Ateneo di tecniche di fitorisanamento per la bonifica di suoli inquinati, che hanno riguardato soprattutto i casi di inquinamento da metalli o metalloidi”. In questo contesto sono stati svolti numerosi esperimenti nel sito dell’ex Europa Metalli (oggi Kme) di Cassano Spinola, alla St Microelectronics (Malta) e sempre a Spinetta dove, in particolare, sono stati compiuti studi riguardanti prevalentemente l’uso di una felce, la Pteris vittata, per la fitoestrazione di arsenico dal suolo.
Durante l’inaugurazione, i vertici della società hanno ripetutamente sottolineato come “i siti italiani forniscano un significativo contributo al portfolio Syensqo di soluzioni innovative e all’avanguardia sul mercato sviluppate per far fronte alle attuali sfide ambientali e sociali nei settori dell’economia dell’idrogeno, dell’elettrificazione e della digitalizzazione, con l’obiettivo di avere un impatto significativo sul miglioramento della qualità della vita”.
Sullo sfondo restano l’eredità degli inquinanti della vecchia chimica tradizionale (Solvay ha acquistato l’area produttiva dall’Ausimont) e le proteste degli ambientalisti che chiedono misure stringenti per le produzioni, l’abbandono dei materiali di base usati, le bonifiche radicali e anche la chiusura dello stabilimento.