[Io ti scrivo che sto bene
in questo niente da fare
scrivo una cartolina
che non voglio ritornare
Al pomeriggio la corriera
la sento arrancare
mi siedo sopra un muro
per guardarla ripartire
senza me]
Quando ero piccolo, per dimostrare che in un posto in vacanza c’eri andato davvero, dovevi mandare a tutti i tuoi conoscenti – ma proprio a tutti, anche al compagno di classe che nell’anno scolastico ti aveva rubato una tonnellata di focaccia e allo zio che non sentivi da così tanto tempo da far sorgere il sospetto ai tuoi genitori che fosse morto – una cartolina dal luogo di villeggiatura. Ce ne erano di brutte, di orrende e di inguardabili, e bisognai ringraziare la tecnologia, il progresso e l’infrastruttura internet via cellulare se dopo un periodo di declino ora è possibile spedire immagini altrettanto orrende dal proprio telefonino grazie ad un plugin di Instagram. Quest’estate ho collezionato una serie impressionante di piedi nell’acqua bassa della battigia inviatemi da molte persone che evidentemente non conoscono le mie perversioni sessuali abbastanza da sapere che non sono un feticista delle estremità. Le ho inoltrate tutte ad un amico che so che le ha apprezzate, ma non credo sia questo il punto.
Ora per dimostrare che a vedere una partita ci sei andato davvero, non basta la cronaca, i marcatori, le sostituzioni: sono tutte cose che puoi recuperare con un CTRL-C CTRL-V sulla tastiera del pc o con una telefonata. Mille volte meglio una cartolina di quello che è successo intorno alla partita, che puoi sapere solo se eri lì. Perchè dall’analisi attenta del dietro le quinte e sopra gli spalti di una partita di calcio, puoi comprendere l’Italia molto meglio che guardando tutte le sere Quinta Colonna.
Colonna sonora: Cartolina – Ivano Fossati.
Fantini che non dovrebbero darsi all’ippica
Uno dei lati positivi di essere un giornalista sportivo è che se le cose vanno bene ti ritrovi in una tiepida domenica pomeriggio di fine settembre a vedere Gaviese-Virtus Mondovì di Promozione Piemontese girone D, se ti vanno male ti ritrovi un gelido mercoledì sera di metà gennaio a vedere un recupero di Terza Categoria completamente ininfluente per la classifica con più persone in campo che sugli spalti ed il cellulare che squilla ogni cinque minuti con l’impaginatore che ti chiede se puoi mandare l’articolo via via che lui lo mette in pagina così si porta avanti con la chiusura del giornale. A questo giro a me ha detto bene – ma non temete, amici lettori, la vita è una ruota karmica che gira come le anteriori della mia Polo in trasferta – e mi sono ritrovato allo stadio della Gaviese, che già da solo varrebbe il viaggio perchè è uno di quei bellissimi stadi anni ’60-’70 in stile ligure incastrati fra condomini di portoghesi che guardano la partita e il fiume Lemme che scorre placido lì vicino e che tornerà prepotentemente alla ribalta all’intervallo quando molti degli spettatori maschi realizzeranno che la distanza fra i bagni ed il bar dove è custodita la chiave degli stessi è troppa per sperare di resistere.
Io sono a vedere questa partita perchè serve per il giornale ed in seconda battuta perchè nella Virtus Mondovì gioca quella che potrebbe essere una delle sue ultime stagioni Enrico Fantini da Cuneo, mio coetaneo (1976) dalla folgorante carriera calcistica con estremi che passano dall’avere vinto uno scudetto con la prima Juventus di Lippi per meno di dieci minuti giocati all’avere riportato la Fiorentina in serie A segnando entrambi i gol del doppio spareggio con il Perugia, finendo con la doppia promozione del Cuneo in tempi recenti compreso una stagione in D con una media gol da campionato dell’est anni ’80 (31 in 32 gare). Quell’anno seguivo il Derthona e la gara d’andata a Cuneo me la ricordo perchè – a parte essere una trasferta così lunga che forse conveniva inserirla in una settimana bianca – ero l’unico disponibile alla radiocronaca da Cuneo per le radio alessandrine e riuscii nell’incredibile impresa di portare avanti collegamenti con tre iverse emittenti senza mai sembrare malato nè di autismo per le ripetizioni nè di alzheimer per le dimenticanze segnandomi su un foglio di carta fino a dove avevo raccontato per quella specifica radio ogni volta.
Il primo tempo finì 1-1 con reti di Di Paola e Pellegrini su punizione con una complicità inquietante di Lorenzon, portiere del Cuneo nativo di Tortona, e con un 9-1 per il Derthona sui calci d’angolo; proprio quando sembrava che i bianconeri potessero portare a casa almeno un punto, a spegnere i sogni dei tifosi ci pensò ovviamente Fantini, e poco dopo ancora Di Paola appoggiò la pietra tombale e iniziò la grande rimonta del Cuneo che da ottavo vinse il campionato con due gare d’anticipo.
Una buona presenza di tifosi della Virtus ha animato un pomeriggio altrimenti un po’ soporifero fra lo sciopero degli ultras della Gaviese – il cui bagno della sede ho utilizzato ad inizio partita equivocando in buona fede su quale fosse la porta dei bagni pubblici di cui prima -, i fumi di un ottimo sigaro toscano di uno spettatore alla mia sinistra ed il direttore di gara del quale, fedele al motto del mio maestro «Non contestare mai le decisioni ma solo le violazioni al regolamento», riporto la stranezza di fischiare un fuorigioco su rinvio del portiere a metà ripresa e non gli insulti raccolti da entrambe le tifoserie che evidentemente non erano soddisfatte del suo stile british. Il tempo di raccogliere le mie cose a fine partita, correre a prendere due dichiarazioni dagli allenatori e risalire in macchina per rimanere intrappolato in quel laoocontico ingarbuglio che è la periferia di Serravalle dopo l’apertura dell’Outlet, ed era già tempo di pensare a iniziare a scrivere qualcosa perchè il telefono squillava ogni cinque minuti ed era l’impaginatore che voleva almeno le formazioni.
– Per la cronaca la partita è finita 0-1, marcatore al 38′ del primo tempo – triste, solitario y final – Fantini.