“Mica sarà venuto a trovarmi per farmi polemizzare con qualcuno, vero? Non è proprio il momento!”. Nicola Giorgione non è solo manager sanitario di lungo corso, ma anche persona spiritosa, capace di prevenire e ‘smorzare’ con una battuta e un sorriso le intenzioni più bellicose. Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio di Alessandria dal novembre del 2008 (“e con un contratto che scade il 30 aprile 2015”), sta guidando la struttura (una delle più qualificate e complesse dell’intera sanità regionale, con i suoi 2.300 dipendenti e un conto economico di circa 230 milioni di euro l’anno) in anni ‘perigliosi’, tra riorganizzazioni non indolori dettate dal Piano Sanitario regionale, e la necessità comunque di mantenere, e migliorare, standard qualitativi di eccellenza, sotto il profilo sanitario. Proviamo allora a farci raccontare, anche senza polemiche, come stanno le cose, e cosa è lecito attendersi nei prossimi 12-18 mesi.
Dottor Giorgione, che ad Alessandria abbiamo un’Azienda Ospedaliera di eccellenza, uno dei 4 cardini regionali insieme a Molinette (Torino), Cuneo e Novara, lo sappiamo. Quel che ci si domanda legittimamente è ancora per quanto, a fronte di tutte le voci sul ‘dissesto’ della sanità piemontese….
Non esageriamo. Nonostante tutti i pur necessari piani di rientro, dal punto di vista finanziario, nessuno ha mai messo in discussione la centralità della nostra struttura articolata, ricordiamolo, su tre hub di eccellenza, e non su uno solo: l’Ospedale Civile, l’Infantile Cesare Arrigo e il Centro Riabilitativo Borsalino. Che sono altrettanti fulcri di attività di diagnosi, cura, assistenza e riabilitazione. Siamo una realtà ad elevata intensità di cura, che si rivolge ad un bacino di due province, Alessandria e Asti, per un bacino di riferimento di circa 650 mila persone: per il bacino di Alessandria in senso stretto, città e dintorni, siamo anche riferimento per le cure di bassa e media intensità, che teoricamente agli altri pazienti dovrebbe essere erogate dagli altri presidi ospedalieri del territorio.
Perché teoricamente?
Perché in realtà esiste un principio costituzionale in base al quale un paziente ha diritto di scegliere la struttura sanitaria in cui essere curato. E naturalmente noi, se possiamo, non mandiamo mai via nessuno. Anche se, al contempo, siamo impegnati e coinvolti nel processo di riorganizzazione della rete sanitaria sul territorio, di cui spesso si parla anche sui media, anche se forse enfatizzando più le dinamiche di campanile, che non quelle funzionali e qualitative. Ossia: la sanità piemontese è in corso di riorganizzazione non solo per razionalizzare i costi, ma anche e soprattutto per cercare di costruire un sistema di erogazione di servizi e prestazioni più qualitativo ed efficiente.
Tutto ciò presuppone una forte collaborazione tra voi, come Azienda Ospedaliera, e gli altri presidi ospedalieri territoriali, che fanno capo all’Asl provinciale. Il processo è avviato, e tutto procede come dovrebbe?
(sorride, ndr) Il processo è avviato, il confronto c’è, le difficoltà non mancano. Senza entrare nei meandri di tutte le normative giuridico contrattuali e simili, diciamo che stiamo lavorando proficuamente perché la riorganizzazione non comporti, in corso d’opera, conseguenze negative per i cittadini/pazienti, che devono naturalmente rimanere il punto di riferimento centrale della nostra attività.
Avete problemi, come tanti, di risorse, e tagli di personale già avvenuti, o in vista?
Problemi di risorse certamente sì, e una rigorosa spending review in corso da tempo. Essendo però un’azienda sana, sul fronte dei conti, e che ha sempre raggiunto in questi anni l’obiettivo del pareggio di bilancio, abbiamo potuto finora contare, sul fronte del personale infermieristico e medico, su un turn over al 50%: ossia possiamo assumere un nuovo addetto, ogni due che vanno in pensione. Mentre le assunzioni di personale amministrativo sono bloccate da tempo.
Questione primari: è vero che negli ultimi anni i primari del Santi Antonio e Biagio che sono andati in pensione non sono stati sostituiti?
No, la sostituzione c’è sempre, eccome: ma con dei medici facenti funzione che sono già in dotazione organica. Sono 11, mi pare (cito a memoria, spero di non sbagliarmi) i primariati per i quali si è ricorsi a questa soluzione ‘interna’. Anche qui, le motivazioni sono articolate: non solo di risparmio diciamo, ma di ridefinizione di regole nazionali e regionali, procedure interne e commissioni di concorso. A breve, comunque, dovremmo poter mettere a concorso 3 posizioni da primario.
Quali sono, dottor Giorgione, i veri fiori all’occhiello dell’Ospedale civile di Alessandria?
Senza fare classifiche, le posso dire che i reparti di eccellenza sono numerosi: dalla chirurgia vascolare alla cardiochirurgia, dalla neurochirurgia all’ematologia, alla cura dei tumori al colon. Complessivamente, la nostra Azienda Ospedaliera è davvero una realtà all’avanguardia, da difendere con le unghie, e naturalmente da far crescere ancora. Questo credo che gli alessandrini lo sappiano bene: siamo un vero patrimonio pubblico, che genera servizi di qualità per la cittadinanza, e al contempo rappresentiamo anche una leva non trascurabile per l’economia del territorio. Che, di questi tempi soprattutto, è un altro elemento da non trascurare.
A che punto è la realizzazione della struttura edilizia sopra il Dea? Che ne farete?
E’ un progetto nato parecchi anni, che io trovai già avviato. La struttura è praticamente completata, e in fase di collaudo. L’idea era quella di collocarci nuove sale operatorie, una nuova rianimazione, e un’importante area tecnologica. Il punto però è che fu finanziato solo l’aspetto edilizio: per cui il punto è capire se, e in che tempi, la Regione Piemonte ci metterà a disposizione le risorse per dotazioni strumentali e arredi. Sia chiaro: le difficoltà di sistema le conosciamo tutti, e tutti dobbiamo adeguarci: però il Santi Antonio e Biagio fa parte di quel quadrante di strutture di eccellenza regionale che lei citava all’inizio, per cui speriamo bene.
Spesso si sollevano anche segnali di allarme sul fronte dell’ospedale infantile Cesare Arrigo, e di suoi possibili ridimensionamenti. Qual è la situazione?
Ecco, lì quando leggo imprecisioni, o slogan qualunquistici, mi arrabbio. Perché, mi creda, è assolutamente vero il contrario: l’Ospedalino di Alessandria è un gioiello di competenze, ma anche di innovazione tecnologica. Lì abbiamo investito molto in questi anni, e continuiamo ad investire, altro che ridimensionamento. Le faccio un elenco, certamente incompleto: abbiamo la pediatria infantile più nuova, moderna ed efficiente di tutto il Piemonte, e grazie alla Fondazione Uspidalet abbiamo dotato il Cesare Arrigo di tecnologie all’avanguardia, con la possibilità, ad esempio, di fare la Tac lì, in loco. C’è un reparto di terapia intensiva neonatale di livello europeo, come pure la rianimazione infantile, il cui personale di altissimo livello fa sì che siamo punto di riferimento nazionale per gravi patologie respiratorie. E poi ancora potrei citare l’ortopedia infantile specializzata nell’allungamento degli arti, e una serie di servizi di supporto ai piccoli pazienti e ai genitori, come la family room per ospitare i genitori che arrivano da lontano, e devono stare vicino ai piccoli. Insomma, mi sembra che segnali positivi ce ne siano davvero tanti.
Dottor Giorgione, il Santi Antonio e Biagio ha limiti logistici e strutturali evidenti, non nascondiamocelo. Il progetto del nuovo ospedale è definitivamente tramontato?
Credo che guardare al futuro rimanga indispensabile, tenendo anche conto del fatto che la realizzazione di una nuova moderna struttura ospedaliera è un processo che richiede parecchi anni, non si fa dalla sera alla mattina. Quindi spetta agli enti deputati a pianificare gli investimenti in sanità, e anche agli enti territoriali, sviluppare una riflessione al riguardo. Il progetto di alcuni anni fa prevedeva la realizzazione di un nuovo ospedale, con un investimento di circa 360 milioni euro. Ma nessuno aveva individuato le risorse, per essere concreti. Si discusse molto di ubicazione, ci furono varie ipotesi, poi un’indicazione di massima del Comune, ma tutto si fermò in Regione, nel 2010. Speriamo che prima o poi un confronto riparta: anche perché, nel frattempo, noi dobbiamo procedere, con un treno che viaggia e non può fermarsi, e al contempo deve capire come affrontare il domani. E non è che sull’attuale struttura non si facciano interventi: se ne fanno, eccome, perché è indispensabile. Ma naturalmente, per quanto si intervenga, è inimmaginabile ottenere da una serie di ristrutturazioni parziali lo stesso risultato che si avrebbe con la messa a punto di una nuova struttura, moderna e funzionale da tutti i punti di vista: dalle tecnologie, alle risorse energetiche, alla localizzazione fisica, che è tutt’altro che secondaria.
Lei è ad Alessandria dal 2008, e ha vissuto come noi tutti questi anni difficili, complicati. Non le è mai venuta voglia di essere altrove?
(sorride, ndr) Ad Alessandria io mi trovo così bene da averci preso anche la residenza, è una città a misura d’uomo. Le difficoltà sono enormi, ci facciamo i conti ogni giorno. Però al futuro guardo sempre con ottimismo, e sono certo che, facendo ognuno la nostra parte, ne usciremo. No, non vorrei essere altrove, qui vivo e lavoro benissimo.
Ettore Grassano