Ricevo in mattinata una di quelle lettere raccomandate in busta verdina che non lasciano presagire nulla di buono. Mittente: Camera di Commercio di Alessandria.
Apro la busta, e leggo. Trattasi di “Verbale di accertamento di infrazione amministrativa“. Urca… e che cosa avrò mai infranto? Risposta: non ho presentato nei tempi previsti dall’art. 18 D.P.R. 581/95 (da leggersi con voce fantozziana, please) la denuncia di trasferimento di sede e residenza della impresa individuale con cui gestisco le mie attività professionali.
Insomma, ho cambiato casa e l’ho comunicato in ritardo alla Camera di Commercio. Questa “leggerezza” (credevo ingenuamente che l’Agenzia delle Entrate e la Camera di Commercio si parlassero, e invece…) non è poi così lieve, a ben vedere. Con il mio comportamento ho violato l’art. 2194 del Codice Civile, e per questo sono passibile di sanzione amministrativa: euro 20, da saldare entro 60 giorni dalla notificazione del verbale.
Nulla da eccepire, chi sbaglia paga. Hanno ragione loro, i Camerali: il ritardo e la colpa sono solo miei, ed è giusto che le norme vengano applicate come si deve. Bravi. Nella missiva mi si informa anche del fatto che dovrò aggiungere ai 20 euro dell’infrazione ulteriori 20 euro “a titolo di rimborso spese di procedimento e notifica“. In tutto 40 euro, senza tante discussioni.
Passi il costo della notifica (ossia 8,25 euro per la raccomandata, manco me l’avessero consegnata con il taxi), ma i rimanenti 11 euro di spese di procedimento hanno quel gusto stantìo, da Ancien Régime, che nessun decreto del Fare o Disfare riuscirà mai ad eliminare.
Questa è casta, ragazzi, e i suoi “procedimenti” costano.
PS: nel verbale leggo anche che, dopo aver pagato, dovrò essere io (non la banca, o chi per essa) a trasmettere tempestivamente alla Camera di Commercio “le attestazioni dei versamenti effettuati”. Chapeau.