A pochi mesi dalla scomparsa, la Città di Casale Monferrato dedica una bellissima mostra intitolata ‘Il mondo fantastico e inquietante di Enrico Colombotto Rosso’. Il pittore torinese, adottivo di Camino, per moltissimi anni ha vissuto e prodotto le sue opere in una casa atelier tra le splendide colline del Monferrato, coltivando il suo fantastico giardino sempre colmo di fiori bianchi e nuove piante, cimitero di ricordi e di gatti che lo hanno accompagnato nell’arte e nella vita quotidiana.
Enrico Colombotto Rosso: bello, solo, ironico, generoso, ‘maledetto’ e irriverente fino agli ultimi giorni di vita. La mostra offre un ricco excursus delle sue opere, alcune delle quali molto importanti, quasi tutte datate agli anni ’50 e ’60, quelle che rendono immediata allo spettatore la percezione di ciò che fu l’arte di Colombotto Rosso. Surrealista fantastico, appartenente in primis alla corrente torinese dei Surfanta, se ne discosta per ascriversi a se stesso, e creare farfalle, libellule e spose, che pur rappresentando figure oniriche, spesso demoniache, dialogano anche con l’informale, con i fasti di Klimt, con gli sfarzi degli arabeschi e dei pizzi, delle ali, dei veli, che nelle trasparenze svelano piccole decadenti icone.
Nella sala grande delle stanze del castello spicca tra tutte la grande tela dedicata a “La sposa” (1960), figura ectoplasmatica radiosa di luce, che pur alludendo a un luttuoso addivenire, diffonde magia e fascino incomparabili. Come in questa opera, anche in tutte le altre è importante osservare a lungo i dettagli, i preziosi elementi decorativi che circondano i soggetti.
Così è anche nella “Madonna del Gatto” (1965), opera simbolo rappresentativa della mostra in locandina. Così è per le preziosissime scatole esposte in unica stanza, dove l’autore raccoglie come se fossero vecchie cianfrusaglie alcuni elementi stupefacenti per l’abbinamento e per il significato che portano.
In “Mezzo lutto” (anni ’90) un paio di décolleté femminili usate sono accostate a gusci di lumache, forse a rappresentare lo scorrere del tempo, la decadenza, il disfacimento verso il quale tutti e tutto vanno. Altre opere più essenziali riportano a un Bacon spirituale, dominate da colori forti e soggetti abbozzati come spiriti maligni.
Il “Ragazzo di Edimburgo” (1956) è l’opera più famosa, riproducente un mostro che insegue una ragazza terrorizzata. L’artista è ancora da scoprire nella sua grandezza: fine conoscitore delle avanguardie internazionali del dopoguerra, amico di Max Ernst, Leonor Fini e altri grandi dell’arte, attento collezionista, a sua volta di opere d’arte, ma anche di oggetti preziosi come bambole e scarpe femminili, fu definito nel 2002 da Vittorio Sgarbi, che ne è un grande ammiratore, ‘l ultimo dei surrealisti’ capace di plasmare e spogliare le figure di ogni superficialità cogliendone lo spirito e le malizie, e le terrene debolezze. Il suo costante grido di dolore si sublima nell’eleganza e leggiadria delle aperture alari, degli strascichi velati di malinconie infinite. La mostra, che offre circa quaranta opere, è ospitata nelle sale del Castello di Casale Monferrato dal 7 settembre al 6 ottobre 2013. È curata e seguita dall’artista Camillo Francia e dal Prof. Carlo Pesce.