Dove c’è una sinistra che non è più sinistra omologandosi alle posizioni dell’avversario o si è disintegrata c’è anche una larga parte del sindacato che ha smesso di essere tale.
Meno male che non siamo più negli anni 50 dicono. Ripartiamo da quel fatidico maggio del 1949, quando il sindacato c’era e portarono i braccianti bolognesi a uno sciopero dopo oltre dieci mesi di contrasti in cui si chiedeva di risolvere con la trattativa diretta con la Confagricoltura una vertenza che gli agrari respingevano, ignorando tutte le richieste che gli venivano rivolte.
La risposta a questo atteggiamento fu lo sciopero di tutti i lavoratori della terra. Le organizzazioni operaie autonome organizzarono gruppi di braccianti che non aderirono allo sciopero e che si recarono nei campi a lavorare.
Centinaia di uomini e donne decisero di far desistere quei lavoratori e di impedire l’azione di crumiraggio.
L’azione repressiva non si fece attendere. Intervennero i carabinieri e la celere con cariche indiscriminate, lancio di bombe lacrimogene, colpi di mitra sparati in aria, lavoratori bastonati e picchiati, arresti e distruzione di biciclette.
Questa azione non ebbe il risultato sperato dalle autorità, perchè il giorno successivo le centinaia di scioperanti che cercarono di impedire il crumiraggio erano diventate migliaia.
Carabinieri e polizia intervennero ancor più duramente scatenando una caccia all’uomo vera e propria. Cercarono di identificare i più accesi, quelli che fomentavano, che avevano un ascendente sui compagni. Per tutto il tempo una caccia all’uomo vera e propria si susseguì ininterrottamente e continuò anche quando c’erano soltanto piccoli gruppi isolati di lavoratori che tornavano a casa.
In uno di questi gruppi c’era Maria Margotti che si trovava in località Ponte Stoppino di Marmorta, quando furono raggiunti da un autocolonna con in testa una staffetta in motocicletta.
Il motociclista giunto a un centinaio di metri dal gruppo sparò una raffica in quella direzione. Si gettarono tutti a terra, Maria non si alzò più.
Pronta fu la reazione dei lavoratori con manifestazioni. Molinella fu messa in stato di assedio dalle forze di polizia, i lavoratori furono tenuti fuori dal perimetro cittadino in migliaia.
Naturalmente la notizia che si diffuse allora fu manipolata anche dalla falsa informazione che fu data dalla stampa in cui si diceva che il carabiniere fu costretto a sparare, con una distorsione dei fatti tale da far passare gli scioperanti per delinquenti.
Occorsero tre anni prima che la verità venisse alla luce e dopo una strenua battaglia il Tribunale condannava il carabiniere Francesco Galati a sei mesi di carcere per l’uccisione di Maria Margotti, vedova, madre di due bambine.
Chi era Maria? Ecco cosa disse Renata Viganò: Morì così, col fazzoletto bianco da mondina.
Poi ci eravamo trovate insieme la sera della Liberazione alla Pecorara proprio con la Maria e le bimbe nella cucina gremita di gente, mentre gli inglesi seduti intorno alla tavola prendevano da mio marito comandante e dagli altri ufficiali della brigata partigiana i disegni dei campi minati. Una bella sera, quella, sebbene fossimo ancora in prima linea, coi tedeschi a due chilometri di distanza ed in atto la battaglia di Argenta dove morirono in tanti.
Era ancora in prima linea Maria quando fu colpita a morte. In questo presente incerto è bello tenere vivo il ricordo di quelli come lei, che sapevano cosa chiedere al futuro. Ne resti un grande esempio.