Spettabile redazione,
dal 13 Agosto l’Emilia Romagna sta cercando di risolvere alla meglio (si fa per dire) il contagio di aviaria, virus del tipo H7, che ha colpito in sucessione gli animali di tre suoi allevamenti: le galline di Ostellato (FE), le galline di Mordano (BO) e i tacchini di Portomaggiore (FE).
I comunicati della Regione Emilia Romagna sono stati rassicuranti fin dall’inizio, secondo il principio (sano o ipocrita?) del non creare allarmismi ma qualcosa non mi a convinta da subito. Le galline di Ostellato da sopprimere erano 128.000 e sono più che raddoppiate diventando 280.000; le galline di Mordano erano 500.000 e ne sono state abbattute 600.000; i tacchini di Portomaggiore da abbattere sono 18.000 e diventeranno quanti? Se la situazione era così tranquilla come dipinta e non vi era pericolo di contagio (soprattutto nei confronti degli esseri umani), perché procedere lo sterminio con questo ritmo? Forse perché il pericolo c’è e c’era fin dall’inizio. Per ora si sfiora il milione di animali. Anche la Giunta della Regione Piemonte, alla scoperta del secondo focolaio, ha emesso un comunicato di cui riporto uno stralcio “È bene precisare che il rischio di contagio umano, segnalato ogni anno in alcune aree dell’Asia, è sempre collegato a pessime condizioni di igiene degli allevamenti, cattive condizioni di ventilazione, promiscuità costante ed abituale tra animali e uomo e assenza di controlli ufficiali. In Europa e nel nostro Paese le migliori condizioni di igiene e di benessere rappresentano di per sé una buona barriera che, associata ai controlli ed alle misure del servizio veterinario, rendono trascurabile la probabilità che il virus dell’aviaria possa colpire l’uomo…I controlli dei Servizi Veterinari del Piemonte sono costanti ed accurati e, soprattutto in situazioni di emergenza e di incertezza, il consumatore può avere maggiori informazioni e rassicurazioni sulla qualità e sicurezza dei prodotti privilegiando la cosiddetta “filiera locale” e non soltanto il prezzo a scaffale dei prodotti.”
Insomma che la Regione Piemonte fa un ragionamento pro domo sua quindi, cari consumatori piemontesi, comprate galline e uova del Piemonte e l’Emilia Romagna (che è in Italia, non in Asia!) risolva come meglio crede i suoi problemi di aviaria. E’ interessante sottolineare come le autorità cerchino di convincere i consumatori che “in situazioni di emergenza e di incertezza” la condizione dei prodotti sia ancora più rassicurante. Ogni volta che scoppiano tali pandemie, c’è chi si sente ancora più tranquillo proprio in virtù di questi (presunti) controlli più rigorosi.
Io non mangio galline e uova ma guardo con curiosità la provenienza delle uova che trovo al supermercato in cui faccio la spesa: sono quasi tutte provenienti da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto.
La Regione Emilia Romagna, giusto per farci stare ancora più “tranquilli” ha deciso l’embargo su galline e tacchini, confermando però, in maniera oserei dire cocciuta, che non vi è rischio alimentare per il consumo di carne e uova. Il loro ritiro è stato deciso “esclusivamente come misura di estrema cautela in quanto potenzialmente venute a contatto con il virus. L’eventuale contaminazione non è pericolosa per il consumatore, bensì per il possibile contatto delle uova o dei relativi scarti (gusci) con altri avicoli”.
Pochi giorni fa è stato registrato il primo caso di aviaria H7N9 a Taiwan, a testimonianza di un contagio in espansione anche oltre i confini della Cina dove 110 persone sono state infettate e 23 di loro decedute. All’inizio di Aprile, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva affermato che la trasmissione dell’H7N9 tra esseri umani non è stata accertata, ma Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (NIAID) degli Stati Uniti, invita a non abbassare il livello di guardia perché bisogna sempre tenere in considerazione l’imprevedibilità delle influenze e la possibilità che il virus possa mutare.
In Italia, la stampa e la TV nazionale hanno dato poco rilievo alla vicenda di questi giorni, forse per non turbare troppo i consumatori impegnati nel periodo ferragostano a frequentare sagre, grigliate, picnic e mangiate varie che purtroppo vedono quasi sempre protagonisti gli animali, nella parte delle vittime. Volendo approfondire la cosa, mi sono informata sui giornali on line dell’Emilia Romagna su cui scorrono immagini raccapriccianti e da cui emerge un altro dramma nel già triste dramma: quello dei lavoratori addetti a sterminare questo milione di animali. Un milione: pensate ad un colpo d’occhio di un milione di galline e tacchini. A Mordano, gli addetti allo sterminio indossano tute, guanti, maschere e visiera: si vedono solo gli occhi che sono davvero lo specchio della loro anima per nulla tranquilla. Afferrano le galline vive per le zampe e le lanciano in grandi cassoni, dove vengono gasate. Cinquantamila al giorno in un’agghiacciante catena di montaggio. La morte tramite gas mi ha fatto tornare alla mente tristi vicende storiche e purtroppo c’è un angolo di mondo, in cui anche in questi giorni il gas nervino fa la sua parte su disgraziati esseri umani. “Basta non perdere il lavoro”, dice un lavoratore di origine senegalese. Tra un’infornata di galline e l’altra, lui e i suoi compagni si tolgono l’imbragatura e si riposano all’ombra. In quella situazione non sono riuscita a vedere il confine tra vittima e carnefice che diventa a sua volta vittima di un sistema economico distorto. E soprattutto non sono riuscita a vedere dignità in quel lavoro perché, sebbene sia un lavoro legale che serve a vivere, non c’è dignità in uno sterminio di esseri senzienti: così sono definiti gli animali all’articolo 13 del Trattato di Lisbona.
Mordano conta 4.600 abitanti: nell’allevamento di 600.000 galline lavorano circa cento di loro che ora pensano solo a non perdere il lavoro. Come biasimarli? E’ ovvio che chi riesce a fare quel tipo di lavoro, sia poi preoccupato di perderlo. I contadini vicini all’allevamento sperano che non debbano essere soppresse anche le loro galline. Si pensa anche a una probabile restrizione per la caccia poiché i fagiani si cibano del sorgo che cresce attorno allo stabilimento quindi potrebbero essere anch’essi infetti.
Le parole del Sindaco di Mordano hanno dell’inverosimile “È triste, poveri animali per poche galline malate e incolpevoli saranno eliminate tutte, anche quelle più sane e laboriose, fedeli lavoratrici”…come se non sapesse che siamo noi umani a renderle “malate” o “sane” perché noi le riduciamo così …. e come se quelle galline abbiano scelto in prima persona di essere “laboriose, fedeli lavoratrici”… L’unica cosa azzeccata che ha detto il Sindaco è che sono incolpevoli. E aggiunge “Stasera, in paese, inizia la Festa de L’Unità. Per dare il buon esempio mangeremo frittate. Le uova, se cotte, non fanno alcun male”. Mi è tornata in mente una scena grottesca in cui il giornalista Lamberto Sposini, nel dare la notizia dell’aviaria in un telegiornale di parecchi anni fa, per dimostrare di non essere condizionato dall’allarmismo, addentò un pezzo di pollo in diretta. Come si suol dire… il bello della diretta.
Di tutta questa storia che spero sia finita col terzo focolaio, restano nella mia mente un milione di “carcasse” (così sono ingiustamente definiti i corpi degli animali morti) bruciate nell’inceneritore. Ormai anche questa è fatta e in questi casi mi tornano in mente le parole dell’indimenticabile Presidente Sandro Pertini riferite a una catastrofe umana, il terremoto dell’Irpinia del 1980: “Il miglior modo di ricordare i morti è di occuparsi dei vivi”. Vorrei che tutti ci occupassimo, ciascuno nel nostro piccolo, degli animali che restano vivi in quei capannoni lager, perché è da lì che arriva la maggior parte del cibo animale che è sulle nostre tavole. Bisogna scegliere di non mangiarli per garantire loro il diritto a non nascere.
Cordiali saluti.
Paola Re – Tortona