Violazione dei diritti umani, guerra contro le donne, prodotto della misoginia di partner ed ex partner o di diseguaglianze di genere: le definizioni del femminicidio, cioè l’uccisione di una donna in quanto donna, non finiscono mai.
Proprio come i femminicidi.
Dei quali, da giornali, internet o tv, sappiamo tutto grazie a cronache iperdettagliate: luogo del delitto, modalità dell’uccisione, particolari sulla vita privata e le relazioni della donna uccisa, reazioni di vicini di casa e familiari…
Parlare di femminicidi solo in concomitanza con un evento tragico e raccontarli come fatti di cronaca è in realtà una forma di occultamento, di rimozione: a fronte di numeri spaventosi, la narrazione in cronaca non coglie il senso profondo delle similitudini tra un caso e l’altro, della ripetitività di uno schema di rapporti tra vittima e assassino per cui la donna viene uccisa nel momento del rifiuto di condizioni di vita inaccettabili. Una volta riportati i fatti, poi, si ritrae l’attenzione nascondendo a se stessi che è necessario agire, intervenire con cambiamenti radicali affinché l’orrore della violenza estrema non si ripeta.
La violenza fisica poi è solo la parte più immediatamente percettibile delle diverse forme di violenza agite sulle donne.
Prima vengono quegli atti, quelle parole, quei comportamenti lesivi del rispetto, che creano un terreno di violenza diffusa, pervasiva, talvolta subdola, terreno fertile per l’escalation di cui il femminicidio è spesso il tragico epilogo.
La violenza sulle donne è anche psicologica (con svalutazioni, denigrazioni, violazione della privacy), economica (controllo del denaro e minaccia di negare risorse), è lo stalking, il controllo ossessivo e possessivo, è quella subita nei luoghi di lavoro, è violenza sessuale, è la violenza che si esplica online: forme gravissime ma troppo spesso non riconosciute dalle stesse donne che le subiscono, così da produrre un effetto “normalizzante”, cioè l’accettazione di una persecuzione quotidiana a bassa intensità, come se fosse appunto normale.
Il silenzio delle donne sulla violenza subita ci dice quanto essa sia “normalizzata” e come la soglia di tolleranza sia altissima.
Nel tentativo di una diversa narrazione, che restituisca la complessità di questi fenomeni come intreccio di fattori culturali, sociali, economici, Donne Insieme con me.dea Centro antiviolenza e associazione Break the Silence Italia propongono un incontro pubblico il 25 novembre alle 21, all’Auditorium Parco del Po (Lungo Po Gramsci 8/10 a Casale Monferrato) dal titolo “Ti riguarda, ci riguarda: parliamo di violenza sulle donne e femminicidio” in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
Condurrà la serata Monica Lanfranco, giornalista, femminista e fondatrice del Centro di formazione e incontri Altradimora. Lanfranco cura corsi di formazione sulle pratiche della nonviolenza, sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione di genere. Tra le sue tante pubblicazioni, ricordiamo Uomini che (odiano) amano le donne, da cui è stato tratto il primo laboratorio di teatro sociale per uomini contro la violenza sulle donne.
Ad affiancarla, Sarah Sclauzero, presidente dell’associazione me.dea e coordinatrice dei centri antiviolenza, che grazie alla sua esperienza nei centri di Casale e di Alessandria fornirà il quadro della situazione sul nostro territorio.
Nella giornata di sabato 26 novembre, dalle 16 alle 19, in continuità con la serata di approfondimento, si terrà un presidio in piazza Mazzini a Casale, dal titolo “Rompi il muro! ”: oltre a rappresentare simbolicamente le donne uccise per mano di uomini, sarà allestita una bacheca aperta, dove ciascuna in forma anonima potrà lasciare testimonianza di gesti e parole offensivi ricevuti nel corso della vita.