Napoleone, l’antica Cattedrale, la Banca d’Italia…troppo per una città imbalsamata! [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

Era il 1803 quando Napoleone fece abbattere l’antica cattedrale che dominava la piazza che attualmente è dedicata alla Libertà, ma che per oltre sei secoli fa era nota come la piazza della Cattedrale, per poi cedere il passo a Napoleone nel giugno del 1800, dopo aver vinto la battaglia di Marengo. E fu proprio nel 1803 che Napoleone decise di abbattere l’antica Cattedrale le cui macerie tutt’ora permangono sotto l’attuale area di parcheggio della nostra Piazza della Libertà, più o meno di fronte all’attuale palazzo in attesa di inquilini di quel che fu l’ex Banca d’Italia.

Ma prima della Banca d’Italia quel palazzo era destinato alla realizzazione di un desiderio di Napoleone, ossia la costruzione di quella che avrebbe dovuto essere la sua residenza in Alessandria. Ma i tempi della fortuna di Napoleone erano giunti ormai alla fine e il palazzo solo in parte realizzato finì per essere cannibalizzato dagli alessandrini che, poco alla volta, si appropriarono di quel che rimaneva del palazzo che segnò la fine di un’epoca ormai al tramonto.

E’ vero che il Capitolo del Duomo tentò di realizzare una nuova Cattedrale nel 1833 sul sedime ormai abbandonato dalla chiesa e in proposito già si erano presi accordi col governo di Torino quando d’un tratto il progetto, com’è come non è, venne archiviato e non se ne fece più nulla. Dobbiamo però tornare al 1951 per riparlare dell’edificio della Banca d’Italia in Alessandria.

Nell’articolo precedente l’attuale pubblicazione, ossia quando Piero Angiolini contemplava i lavori di ricostruzione della sede di Alessandria del palazzo della Banca d’Italia nel 1951-52, in seguito alla parziale demolizione della sede precedente. Certamente nessuno poteva immaginare che quel palazzo, collocato in una delle piazze più centrali della città, sia desolatamente vuoto dal 2008, e questo malgrado vanti una superfice commerciale di circa 4810 metri quadri, e da 14 anni ormai sia posto in vendita in blocco, oppure per singoli lotti con una procedura senza base d’asta.

Da troppi anni i passanti si intrattengono a contemplare quel palazzo così ricco di lucidi marmi bianchi e finestre sbarrate ma senza nessun avvicendamento di persone che rendano vita a quello che un tempo, non troppo lontano, era un edificio vivo in una città viva, non imbalsamata come quella che stiamo vivendo da troppo tempo ormai!

Immagini:

Plastico antica cattedrale fatta abbattere da Napoleone.
Immagine di Napoleone proiettata su schermo.
Disegno antica cattedrale abbattuta per fare spazio alle esercitazioni militari.

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          Cambiò nome 13 volte piazza della Libertà   

Piazza della Libertà è forse il luogo della città che, negli ultimi cento anni, ha dato più lavoro al nostro Ufficio municipale di toponomastica. Dapprima, per oltre sei secoli, era rimasto inalterato il titolo di piazza della Cattedrale, e cioè per quanto aveva resistito il vecchio Duomo, elevato dai nostri padri nel 1170 nel bel mezzo della città, proprio là dove in appresso dal 1883 fino al 1943 Urbano Rattazzi dall’alto del suo piedistallo, pareva dirigere a braccio teso il traffico cittadino.

Ma dopo la battaglia di Marengo vennero i francesi a comandare in Alessandria, ed ecco nel 1803, per volere di Napoleone, distruggere a colpi di mina il vecchio Duomo per dar posto ad una nuova piazza assai cara all’Imperatore, che messa al servizio dei soldati dell’armata fu detta “Place d’Armes”.

I malevoli andavano allora dicendo che Bonaparte, ospite del palazzo Ghilini, aveva semplicemente ceduto al desiderio di una bellissima Nobildonna che mal sopportava di avere dinanzi al suo balcone l’abside o, come si diceva, il brutto del Duomo, quando nei pressi un’altra dama si poteva godere dal Palazzo Cuttica di Cassine, la vista sulla mirabile facciata di San Marco (poi trasformata in Cattedrale).

Verità o diceria, sta di fatto che a parte il grave sacrificio del Duomo perduto, ne uscì una bella piazza spaziosa e regolare, cosa rara per quei tempi. Che poi fosse veramente cara a Napoleone lo prova un altro ordine, dato più tardi, di abbellire la piazza stessa costruendo un nuovo palazzo che doveva gareggiare niente meno con quello Ghilini, che gli stava a fianco.

Difatti abbattute alcune casupole all’angolo di “rue Marengo” (ora Dante), si gettarono le fondamenta e si eseguirono i primi lavori fuori terra, di un nuovo importante edificio. Vennero poi Lipsia e Waterloo e la caduta dell’Aquila imperiale provocò, con la reazione, la disperazione a “furore di popolo” di quanto già si era fatto del nuovo palazzo.

Intanto comincia la danza dei diversi nomi assegnati alla nostra piazza. Al tempo della restaurazione fu chiamata “piazza reale”, dal rango simile assunto in quel momento dal Palazzo Ghilini; questo nuovo titolo durò sino alla morte di Vittorio Emanuele II, epoca in cui la piazza venne intitolata al nome del primo re d’Italia. Nel 1833 era però avvenuto che il Capitolo del Duomo, insoddisfatto della forzata sistemazione in S. Marco, aveva tentato di ricostruire una nuova Cattedrale all’angolo della piazza sul sedime napoleonico: già si erano presi accordi col governo di Torino, assicurando un fondo di lire 300.000, quando d’un tratto il progetto, non si sa perché, andò in fumo.

Più tardi però sopravvenne la Banca nazionale che fece costruire il palazzo attuale, sede in seguito della Banca d’Italia. Da allora quella parte della piazza diventa per la gente nostra “l’angolo della Banca d’Italia” come già prima l’angolo diametralmente opposto era detto “del Municipio”. Occorre però avvertire che tutta la piazza, per quanto intitolata a Vittorio Emanuele, mai venne chiamata con questo nome: a lungo rimase Piazza reale, poi volta a volta il popolo la riconobbe con altri nominativi diversi, di facile spiegazione: Piazza Rattazzi, piazza del Municipio, piazza di Palazzo Rosso, piazza del Comando. Invece per i forestieri era la “piazza della luna” a motivo del caratteristico orologio a lunario del palazzo comunale che costituisce tutt’ora una curiosità per chi è di passaggio.

Ma con i titoli, diremo così ufficiali, non è ancora finita: nel ’43 compare il nome di Vittorio Emanuele, sostituito con “piazza Italia”: nel 1945 diventa “piazza del popolo”, poi “della Repubblica”. Oggi è “piazza della Libertà”. E’ tutto un semplice gioco di targhe che salgono o scendono: ma per il buon popolo rimangono sempre in piedi i vecchi nomi della tradizione duri a morire, come rimangono tutt’ora nell’uso comune le citate denominazioni dei due angoli opposti.

In questi giorni accade spesso di vedere i passanti intrattenersi, naso in su, a contemplare i lavori di ricostruzione del palazzo della Banca d’Italia, e nei commenti immancabili si sente quasi un pò di nostalgia per il vecchio “angolo” che si trasforma, anche con tanto di portici. Certo nessuno pensa che sta per avverarsi proprio un tentativo di Napoleone I di cento cinquanta anni fa.

Piero Angiolini – 1951/1952