di Ettore Grassano
“Sono cresciuto in un mondo in cui esistevano due pilastri contrapposti: Confindustra, e i sindacati. Oggi gli industriali procedono in ordine sparso, e il sindacato è morto. Viviamo in una nuova realtà”. Le parole di Piero Sansonetti, direttore del Riformista, ascoltate settimana scorsa in qualche spazio di commento in tv, mi sono venute in mente scorrendo il programma di Siamo tutti migranti, due giorni di dibattito e confronto organzzati ad Alessandria dalla Cgil. Al di là della qualità dell’evento, e dell’eccellenza dei relatori, il tema interessante è quello posto provocatoriamente da Sansonetti, giornalista oggi settantenne, una vita a sinistra, Unità e dintorni.
Il sindacato, quello classico da tutele dei lavoratori salariati, se non è ancora morto, certamente bene non se la passa, e sta in piedi soprattutto grazie ai contributi statali, e dei pensionati. Il calo di iscritti è costante (questo in fondo però vale anche per tante altre istituzioni e realtà novecentesche, dai partiti ai giornali), ma soprattutto è ormai cosmica la distanza dal lavoratore di oggi: precario, a partiva iva o coordinato e continuativo che sia.
Il sindacato allora che fa? Cambia pelle, e sostituisce i diritti dei lavoratori (sempre meno, e sempre più i disoccupati e inoccupati assistiti a vario titolo e grado) con i diritti civili. Essenzialmente quelli dei migranti (da cui arriva lo spunto per questa estemporanea riflessione) e quelli sull’uguaglianza di genere. Che non sono più, chiaramente, soltanto parità effettiva tra uomini e donne, ma tutta la mescolanza che ben conosciamo, fino a tratti caricaturali che dipendono però dalla sensibilità di ognuno, e dal sentire delle masse di quest’epoca.
Era meglio il sindacato di ieri? Ha senso quello di oggi? Certamente da almeno vent’anni i sindacati in Italia sono corresponsabili del progressivo smantellamento del ‘sistema dei diritti’ dei lavoratori, cominciato, ricordiamolo, con l’introduzione negli anni Novanta da parte dei Governi di centro sinistra degli allora co.co.co.
E oggi abbiamo gente che viene assunta con colloquio on line, e licenziata con una pec.
Naturalmente non è solo colpa dei sindacati, parliamo di trasformazione epocale dei mercati mondiali e così via, ma certamente l’istinto di autoconservazione ha prevalso su tutto il resto, e se gli italiani hanno smesso di iscriversi in massa qualcosa devono pur aver percepito.
Avranno un luminoso futuro i sindacati dei diritti civili? Non lo sappiamo, è una scommessa. Di certo c’è che all’interno del PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) l’Unione Europea destina all’Italia complessivi 191,5 miliardi di euro, e anche se spesso si finisce col parlare di infrastrutture, va tenuto presente che una significativa parte delle risorse è destinata proprio a sostenere le politiche di genere, di inclusione, di integrazione. Insomma il business c’è, i nuovi clienti anche.
E allora adelante, companeros: l’avvenire è tutto da scrivere, e da conquistare.