Gentilissima ministra Cécile Kyenge,
Le propongo alcune riflessioni a proposito della vicenda che nelle ultime settimane l’ha vista suo malgrado protagonista, vittima delle esternazioni razziste del senatore Calderoli e di chi lo ha purtroppo imitato.
Ogni affermazione razzista mi addolora e persino gli epiteti, le battute e le barzellette scherzose mi irritano: è un tema su cui non accetto neanche l’ironia.
Il razzismo ha svariate sfaccettature e una di queste è il ricorrente paragone delle persone che hanno le Sue origini con i primati non umani, definiti in modo sbrigativo scimmie. E’ una estremizzazione del razzismo che frequentemente si applica agli animali e che va sotto il nome di specismo. Sono purtroppo diffusi i paragoni tra persone non proprio per bene e porci, maiali, iene, serpi, vermi, avvoltoi, topi da fogna o tra uomini non intelligenti e asini, somari o tra donne non intelligenti e galline, oche o peggio ancora tra donne dall’atteggiamento volgare e vacche e così via. Alcuni di questi paragoni sono addirittura infondati, per esempio, basta pensare che le oche sono tra gli animali più intelligenti, che i maiali non sono affatto sporchi e quando si rotolano nel fango è per proteggersi dalle scottature del sole: ecco l’intelligenza che fa loro capire l’utilità dei fanghi, quelli che noi andiamo a fare alle terme. E se mangiassero in libertà, sarebbero addirittura vegetariani ma siamo noi che li ingrassiamo con farine animali facendoli “mangiare come maiali” negli allevamenti, anticamera dei macelli, e negli stessi allevamenti li facciamo vivere ammucchiati a calpestare fango e sterco per poi dire “sporco come un maiale”.
La creazione di un’autorità di garanzia per i diritti degli animali a livello nazionale, così come esiste il Garante degli animali a livello locale (per esempio al Comune di Milano), sarebbe un passo avanti nella risoluzione della questione perché spesso il linguaggio è un’arma che uccide più di una spada. E in termini di razzismo, purtroppo Lei lo sa meglio di me. E’ chiaro che il paragone con i primati non umani ha un significato più profondo se è appositamente associato a chi ha le Sue origini.
Quando Lei ha ricevuto insulti che l’hanno paragonata a un orango e poi a un gorilla, il tutto condito con lanci di banane, ho cercato di immaginare il dolore e la mortificazione che Lei ha sicuramente provato e penso di non esserci riuscita perché penso che siano sensazioni davvero particolari.
Devo però riconoscere che in quelle occasioni ho sognato una reazione diversa da parte Sua: ho sognato una reazione antispecista, oltre che antirazzista, che in qualche modo spiazzasse il senatore Calderoli e coloro che la pensano come lui, forse ignari di condividere il 99% del DNA coi primati non umani, esattamente come Lei.
Forse, dichiarando apertamente l’orgoglio di essere paragonata a un orango o a un gorilla e ricordando a Calderoli che siamo tutti animali (noi animali umani e i primati animali non umani) avrebbe destato molto stupore e avrebbe sicuramente aperto un dibattito antispecista di cui c’è un gran bisogno.
Non vogliamo abituarci agli insulti razzisti ma ci sono certe parti politiche che insistono a farci abituare perché sono particolarmente avvezze a tali insulti. Abbiamo appurato che paragonare una ministra a un orango o a un gorilla non può essere punito ai sensi di alcuna normativa quindi, per difendersi da questi insulti, forse è necessaria un’arma più sottile, quella dell’etica perché con quella si dà una lezione di vita più efficace e più duratura di quanto si possa fare con una legge o con fiumi di parole che per diversi giorni inondano i mezzi di informazione e alla fine lasciano le cose esattamente come erano al punto di partenza: la ministra è una vittima e l’animale una squallida pietra di paragone con la vittima.
E’ singolare chiedere a una vittima l’aiuto per risolvere il problema che l’ha colpita ma io oso chiederglielo: se mai accadrà un’altra volta di essere paragonata a un primate non umano, pur esprimendole la mia sincera solidarietà, Le chiedo di riflettere se non sia meglio dare una risposta antispecista e magari presentarsi nei palazzi del potere con un cucciolo di quegli adorabili animali (di peluche, se no rischia pure di essere accusata di strumentalizzare gli animali). Sono certa che Calderoli e coloro che la pensano come lui resterebbero di stucco, disarmati dalla Sua ironia e sono certa che il popolo antispecista, di cui mi sento orgogliosamente parte, loderebbe un gesto unico e indimenticabile che forse aprirebbe la strada a un cambiamento.
Dagli animali non bisogna prendere distanza ma creare vicinanza perché l’esempio che ci danno è indiscutibilmente positivo: non esiste prova contraria di questa mia affermazione, e purtroppo è un affermazione non trasferibile sugli umani.
La saluto cordialmente con grande solidarietà e stima.
Paola Re – Tortona