di Dario B. Caruso
Un caffè, grazie.
Permettetemi, oggi mi lascerò andare a quelle chiacchiere spicciole che una volta – quando la vita sociale era più semplice e meno artificiosa, quando il lunedì era il giorno del dopo campionato di calcio, quando la carta stampata aveva la meglio sulla stampa gridata, quando si tornava a casa da scuola con un cinque e ci si vergognava – facevamo nel bar del quartiere (quando esistevano i quartieri).
Mi ritengo uno sportivo nel senso che metto sul piatto quali siano le chance di vittoria e le possibilità di sconfitta, in ogni ámbito.
Conosco la fatica nel preparare un progetto e nel portarlo a termine.
Riconosco gli errori altrui ma provo anche a riconoscere i miei.
Con questi presupposti, analizzerò la sconfitta calcistica della Nazionale di Mancini contro la temibile Macedonia del Nord.
Dico temibile per sottolineare quanto questi ragazzi siano stati dileggiati (più o meno apertamente) dalla stampa specializzata, dai cronisti e dagli opinionisti televisivi.
Mancini & co. hanno dichiaratamente sottovalutato i macedoni, loro dall’alto dei conti correnti milionari, loro dall’alto di una tecnica sopraffina, loro dall’alto di un recente titolo europeo.
Hanno perduto senza alibi, prendendo un gol a pochi minuti dal novantesimo dopo una supremazia schiacciante basata sul possesso palla e niente più.
Mi piace ancora tirare qualche calcio al pallone con gli studenti di dodici tredici anni; alcuni di loro militano in società sportive locali, qualcuno maggiormente dotato si allena con il Genoa o la Samp. Ho l’impressione che non sappiano toccare la palla, non abbiano visione di gioco e soprattutto preferiscano aggirare la regola piuttosto che seguirla.
Siamo nel pieno della crisi del calcio italiano che comincia appena prima di Italia ’90.
Quel mondo subisce un primo scossone con lo scandalo del calcio scommesse del 1980 (Milan in B). Se ne esce rapidamente grazie ad un nugolo di campioni, sul campo e nella vita (Spagna ’82).
Lo scandalo scommesse del 1986 si fa sentire più pesantemente; i Mondiali del 1990 vedono il flusso di una grande quantità di denaro che permette la costruzione di nuove strutture sportive incentivando però anche il malaffare.
Da allora in avanti l’importazione di campioni (o presunti tali) stranieri diviene spasmodica (Juve Moggi 2006, Calciopoli bis 2011), aumentano le quotazioni dei cartellini di uomini che tramite i procuratori assurgono ad azioni in borsa (Neymar vale 222 milioni di euro).
Per contro si depauperano le scuole calcio, scompaiono gli oratori, i campetti di periferia e i cortili, lo spirito del giocare insieme, di chi farà il portiere volante e di rialzarsi in fretta dopo un fallo subíto che l’avversario non si fermerà e andrà in gol.
Concludo i miei discorsi da bar.
Passo alla cassa e….cazzarola! è aumentato nel frattempo anche il caffè.