Si è conclusa con successo la seconda edizione del Festival delle Medical Humanities “Iconografia della salute”, ideato e organizzato dal Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, con un’ultima giornata di confronto dedicata alla circolazione della conoscenza, alla generazione delle fake news e all’engagement del paziente.
Durante la tavola rotonda del mattino, moderata dalla Bibliotecaria del Centro Documentazione e Biblioteca Biomedica dell’Ospedale di Alessandria Federica Viazzi, è stato ripercorso infatti il cammino che ha portato la società dalla diffusione dei saperi a mezzo stampa fino alle attuali tecnologie legate ai social e ai software di verifica delle fonti, passando per l’esperienza vissuta in prima persona dall’Azienda e in particolar modo da Guido Chichino, Direttore di Malattie Infettive, durante l’emergenza Covid. “Con il passaggio dal manoscritto alla stampa – ha ricordato Sabrina Minuzzi, Ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia – si è verificato un maggiore controllo delle informazioni da diffondere, dato l’incremento delle copie di libri che si potevano produrre. L’aspetto interessante, però, è il fatto che anche i singoli lettori praticavano questo controllo andando a integrare i libri stampati con annotazioni a mano che rappresentavano sia esempi di confronto sia di scontro tra saperi”.
Un lavoro di analisi e coinvolgimento dell’utenza che prosegue anche oggi grazie a servizi come quello di BiblioVerifica presentato da Damiano Orrù, Bibliotecario della Biblioteca di Area Economica “Vilfredo Pareto” dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”: “Il Blog ha l’obiettivo di promuovere l’information literacy, la data literacy e la media literacy come premessa al fact checking autonomo e indipendente del cittadino. Il biblioVolontario, attraverso canali social, strumenti on-line e strategie di verifica, aiuta quindi a contrastare la disinformazione in ambito sanitario supportando la divulgazione scientifica e incentivando il cittadino all’utilizzo delle fonti web aperte istituzionali”. Il dialogo ha portato quindi a riflettere su quali sono le notizie a cui i cittadini devono prestare maggiore attenzione nel mare magnum delle informazioni presenti in rete e su come riconoscere le fake news. “Le fake news sono sempre esistite – afferma Cristina Meini, Professore di Filosofia della Mente e Filosofia della Comunicazione all’Università del Piemonte Orientale – ma in un mondo globalizzato e caratterizzato dall’azione di algoritmi di profilazione come quello attuale possiamo dire che ci vengano proprio a cercare. Ecco perché è importante ad esempio favorire il dibattito ed esercitare un pensiero critico che ci permetta di capire quando una notizia è vera, falsa, sbagliata o volutamente manipolatoria”. Nel contrastare quelle che vengono definite anche “bufale”, un ruolo fondamentale deve quindi essere svolto dalle istituzioni che, agendo sulle piattaforme in cui si trovano anche i cittadini, devono fornire in modo semplice, chiaro e facilmente fruibile informazioni attendibili, autorevoli e corrette, come ha ricordato Francesco Di Costanzo, Presidente di Pa Social e di Fondazione Italia Digitale: “La comunicazione pubblica è centrale nella lotta alla disinformazione, quindi per offrire servizi di qualità occorre che alle leggi, alle task force specifiche e all’impegno da parte delle piattaforme si affianchi una pubblica amministrazione dotata di strumenti al passo con i tempi e soprattutto professionisti dedicati e qualificati che conoscano le opportunità, le funzionalità e i rischi di queste piattaforme, fornendo così strumenti utili ai cittadini per difendersi”.
I lavori si sono poi chiusi nel pomeriggio, dopo la presentazione degli atti del Festival 2020 pubblicati su PAGEPress Publications e delle attività presenti all’interno dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria in materia di Medical Humanities, con una riflessione sul concreto impatto che queste discipline possono avere sul benessere sia dei pazienti sia dei professionisti sanitari. Ad aprire la tavola rotonda, moderata da Antonio Maconi, Direttore del Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione DAIRI, che ha visto l’intervento dei principali esponenti di Medical Humanities in Italia, è stata Monica Guberti, Dirigente Professioni Sanitarie Ricerca & E.B.P. dell’Irccs di Reggio Emilia: “I nostri progetti sperimentali portano avanti una logica di cura integrata: attraverso la formazione dei professionisti e l’introduzione delle Medical Humanities nella pratica clinica di ogni giorno supportiamo gli operatori e i pazienti nella relazione reciproca e nell’affrontare le scelte difficili legate ai trattamenti oncologici”.
Come ha sottolineato Mario Picozzi, Professore Associato di Medicina Legale e Direttore del Centro di Ricerca in Etica Clinica del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università degli Studi dell’Insubria, infatti, “i medici e gli infermieri chiedono di non essere lasciati soli davanti a complessità come il fine vita e la comunicazione di prognosi infauste. Occorre quindi passare da una formazione a compartimenti stagni a un dialogo tra le discipline, perché ascoltando musica, leggendo libri, guardano serie tv e contemplando le opere d’arte si fa meglio la propria professione”.
Da qui l’importanza di prendere a modello esperienze come quelle condotte da Vincenza Ferrara, Responsabile del Laboratorio di Arte e Medical Humanities della Facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza Università di Roma sulla visual thinking strategy, ovvero sull’utilizzo dell’arte come strumento di apprendimento e limitazione dello stress. “Attraverso l’arte visiva si sviluppano diverse capacità quali ad esempio comunicazione, tolleranza dell’ambiguità e pensiero critico – ricorda – che permettono ai curanti di curare ancora meglio, come dimostrato dai questionari di misurazione dell’impatto di questo approccio da cui è emerso che chi ha frequentato l’attività ha visto diminuire lo stress”. Il successo del lavoro in ambito sanitario, infatti, è in buona parte dovuto alla creazione di relazioni forti all’interno del gruppo degli operatori e di un rapporto empatico nei confronti dei pazienti, aspetti che possono essere favoriti dall’approccio umanistico. “Nella mia lunga esperienza lavorativa – afferma Ivo Casagranda, Professore a contratto all’Università degli Studi di Pavia, Formatore e comunicatore scientifico e Esperto nell’organizzazione ed innovazione in Medicina d’Urgenza – ho potuto constatare come siano quattro i principali aspetti di Medical Humanities che migliorano l’esercizio della nostra professione, ovvero la self-awareness, l’empatia con il paziente, la mindfulness, e l’architettura dei luoghi di cura e di assistenza”.
Infine l’intervento di Vittoradolfo Tambone, Full Professor of Legal Medicine and Bioethics Unity Research of Bioethics and Humanities – School of Medicine Università Campus Bio-Medico, ha definito i punti sui quali continuare a lavorare: “Innanzitutto servono strumenti tecnologici adeguati e persone competenti, poi occorre entrare in modo sistemico a tre livelli, ovvero culturale, incidendo sulla progettazione e produzione di cinema, letteratura e musica, politico, creando un tavolo specifico sulle Medical Humanities con i Ministeri coinvolti, e infine industriale. Infine serve rielaborare le logiche interne del sistema perché per la pratica clinica occorrono davvero competenze multidisciplinari insite in questo approccio”.
Un ultimo appuntamento in presenza conclude questo Festival delle Medical Humanities, ovvero la presentazione del libro “Siamo fatti di nulla” di Nadia Presotto, autrice scomparsa da poco che con la vendita del suo diario di malattia raccoglieva fondi per il progetto “Adotta un ricercatore” avviato dall’Azienda Ospedaliera di Alessandria e dall’Università del Piemonte Orientale e sostenuto da Solidal per la Ricerca. Sarà possibile quindi ricordare Nadia e approfondire il tema della ricerca sul mesotelioma sabato 30 ottobre alle ore 17.30 presso la Galleria Visioni 47 in Via Trotti, 47 – Alessandria. A seguire, inoltre, sarà possibile visitare per l’ultimo giorno la mostra Ars Curandi dell’architetto e fotografa Elena Franco.