Dicono i giornali di ieri:
Nuovo catasto a prezzi di mercato, grazie a un algoritmo che determinerà i parametri.
“Ma i tempi di attuazione non saranno brevi”
Attenzione signori: dopo spreed e spending review, la nuova parola d’ordine potrebbe essere algoritmo. Si torna all’italiano, se non altro. Anche se con un termine matematico-filosofico che moderno non è, ma che nell’accezione attuale evoca un software super evoluto che dirà qual è la soluzione migliore, oggettiva e indiscutibile. Quindi giusta. L’algoritmo ce lo spacciano come dogma insomma, e salvezza. Vedremo.
Di fatto, che sta succedendo? Che il governo Monti bis, alias Letta junior, passa sopra a qualsiasi piccola o grande porcata (quella storia dei 50 uomini della Digos o dei Servizi che fossero, che sequestrano una donna e una bambina e le rimandano in Kazakistan ‘all’insaputa del Governo’ è un capolavoro di cialtronaggine italica, resa possibile dal fatto che noi tutti siamo in fondo persone amorali, e di queste nefandezze che non toccano le nostre tasche ce ne freghiamo bellamente), ma soprattutto prende tempo, non sapendo bene che pesci pigliare.
Che davvero si possa sperare in un improvviso ‘addolcimento’ tedesco, in caso di sconfitta elettorale della signora Merkel, ci pare improbabile. Che qualcuno con sale in zucca (e mani in pasta) sia davvero convinto che nel giro di qualche mese le cose possano cambiare in meglio, con una vera ripresa economica basata sul nulla, o su un semplice ‘traino’ internazionale, è ingenuo ipotizzarlo.
Quindi è chiaro che le proprietà immobiliari, ossia case e terreni (di qui il riferimento inziale al catasto), saranno la prossima terra di conquista del fisco, il limone da spremere finché c’è succo, insieme magari ad una bella patrimoniale, e al taglio di pensioni e sanità.
La situazione della nostra finanza pubblica è drammatica, e i costi della macchina statale e locale sono mostruosamente spropositati rispetto ai servizi erogati. Ammortizzatori sociali, con buona pace dell’orgoglio di chi ne beneficia, e non vuole che sia detto. Per carità, ho amici che in questi giorni mi spiegano che i debiti pubblici sono un mito, che basta non pagarli e non succede nulla. E lo fanno anche mettendo in campo fior di teorie economiche.
Ma noi, che ragioniamo come i contadini di una volta, quando leggiamo che la Regione Piemonte ha accumulato debiti per 2,8 miliardi di euro nel 2012 (che vanno a sommarsi a quelli precedenti, naturalmente), o che il comune di Alessandria, nel suo piccolo, continua a prendere tempo, e ad accumulare 25 milioni di euro di passivo ogni anno, tanto tranquilli non stiamo. Perchè la sensazione è che il fieno che abbiamo messo in cascina per ‘coprirci le spalle’ in caso di inverno rigido potrebbe sparire da un momento all’altro. Anzi, potrebbe già essere altrove, anche se evitano di dircelo esplicitamente.