Sono 24 le statue collocate sotto la cupola del nostro Duomo [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Se chiediamo ad un alessandrino cosa rappresentano le 24 statue collocate sotto la Cupola del Duomo è quasi certo che pochi sapranno rispondervi, ed è un vero peccato perché esse rappresentano proprio l’esistenza stessa di Alessandria, o meglio ancora, la resistenza del popolo alessandrino quando, nel 1175, seppero resistere all’assedio del Barbarossa. La cupola del Duomo infatti, venne realizzata tra il 1875 e il 1879, per ricordare il settimo centenario della vittoria della Lega Lombarda sulle truppe di Federico Barbarossa durante la battaglia di Legnano avvenuta il 29 maggio 1176. Le 24 statue, infatti, rappresentano i Santi Protettori delle 24 città della Lega Lombarda.

Il primo dicembre 1167 sedici città lombarde tra cui Milano strinsero una Lega giurata, con l’obiettivo di sostenersi a vicenda nella lotta contro l’imperatore Federico Barbarossa per l’affermazione delle loro libertà. Per sottolineare anche in modo simbolico questa loro determinazione i Lombardi decisero di fondare una nuova città, del tutto sottratta all’influenza imperiale. La città prese il nome di Alessandria, dal nome del papa che appoggiava le rivendicazioni dei Comuni lombardi e che aveva scomunicato Federico Barbarossa.

A Milano, secondo la pubblicazione “Ars Bellica”, esistevano tracce di un carro ferrato a quattro ruote in una chiesa di Milano, quella di San Giorgio in Palazzo, già esistente diciotto anni prima della battaglia di Legnano avvenuta nel 1176. La descrizione dei cronisti dell’epoca, lo presentano come un carro a quattro ruote, trainato da tre coppie di buoi e rinforzato sulla fiancata da piastre di ferro. La sua funzionalità era legata alla presenza di una grande cassa a più ripiani, ricoperta da drappi rossi, nella quale era conservato tutto ciò che serviva per medicare i feriti, dagli unguenti alle bende, dagli olii agli sciroppi. Sopra una cassa si stagliava un’asta, culminante con una croce d’oro dalla quale pendeva un vessillo con una croce rossa, l’immagine di sant’Ambrogio o quella del Signore.

In epoca più recente gli italiani vissero momenti altrettanto drammatici dopo l’entrata in guerra dell’Italia caldeggiata da Mussolini il 10 giugno 1940, confidando nel fatto che la guerra sarebbe terminata rapidamente. La guerra in Europa ebbe di fatto inizio nel 1939 per terminare soltanto il 2 settembre 1945 con la resa dell’Imperatore giapponese Hirohito.

Tra i bombardamenti alleati che colpirono l’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, da registrare quello avvenuto il 30 aprile 1944. Poco dopo mezzogiorno un rombo di motori assordante. Erano i bombardieri alleati. Quella fu una domenica di sangue per la nostra città che subì il primo grande bombardamento della Seconda Guerra Mondiale. Gli aerei quadrimotori colpirono il centro urbano. Vennero colpiti soprattutto i quartieri popolari ma le bombe non risparmiarono neppure il Duomo e la Chiesa di S. Alessandro.

Vennero distrutti Palazzo Trotti Bentivoglio in via Vescovado, che ospitava la Biblioteca del Risorgimento, e l’Istituto della Divina Provvidenza agli Orti. Una seconda incursione avvenne poi verso la mezzanotte tra il lunedì 1 e il martedì 2 maggio. Questa volta venne raso al suolo il Teatro Municipale adiacente al Municipio che per fortuna non venne toccato. Duramente colpito invece il rione Cristo oltre alla zona ex Pista. Le vittime furono 239.

Un altro attacco, forse uno dei più cruenti, in termine di vittime civili, fu senza dubbio quello che colpì, il 5 aprile del 1945, la nostra città. Infatti venti giorni prima della fine della guerra, una incursione angloamericana colpì, tra le altre cose, l’asilo di via Gagliaudo. L’attacco provocò la morte di 160 persone e, tra queste, 40 tra bambini, suore e insegnanti dell’Istituto Maria Ausiliatrice. Al termine del conflitto le vittime civili dei bombardamenti di Alessandria, quasi tutte avvenute nell’ultimo anno di guerra, risultarono essere 522.

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Sotto la cupola del Duomo

Nel 1879, dal 24 al 29 aprile, si svolsero grandiose cerimonie per la riapertura della restaurata nostra Cattedrale. In quella occasione i Delegati di 24 città della famosa Lega Lombarda, consegnarono al nostro Capitolo 24 statue dei rispettivi Patroni a celebrazione del VII centenario della battaglia di Legnano. Le statue vennero collocate sull’alto della grande cupola, quale monumento a ricordo della vittoria dei Comuni contro i tedeschi del Barbarossa. L’offerta era altresì riferita alla resistenza del popolo alessandrino del 1175 nell’assedio del Barbarossa, resistenza che fu in certo qual modo preludio alla battaglia di Legnano.

Destino volle che sotto quella Cupola, otto secoli appresso, fosse firmata una resa ancora tedesca che segnava anche un ritorno alle antiche libertà Comunali. Tra Il 25 e il 26 aprile 1945, nel nostro Duomo veniva infatti conclusa dinnanzi ai Capi del Comitato di Liberazione cittadina la capitolazione dei tedeschi in fuga.

L’avvenimento di cui ricorre in questi giorni il decennale, appartiene oramai alla storia di Alessandria e, fatto veramente significativo, i verbali relativi sono consacrati sul libro del Capitolo del Duomo. La nostra Società di Storia provvide a pubblicare nel 1947, precise e dettagliate memorie sia dell’intermediario delle trattative, Mons. Gho, Canonico del Duomo, sia di alcuni esponenti del Comitato di Liberazione. Sono memorie che nel loro complesso costituiscono pagine importanti di storia nostra, ottima e preziosa fonte per lo studioso di domani.

Fu una capitolazione vera e propria, richiesta dal Comando tedesco stesso, e in proposito il Can. Gho così racconta: Il 26 aprile il Capitano Lautischar, un Ufficiale viennese di religione cattolica, già conosciuto in precedenza al tempo della morte del Vescovo Milone, venne a chiedere a nome del suo Comandante, Col. Becher, di ottenergli un incontro con i Maggiorenti del Comitato di Liberazione.

In quei giorni la città, martoriata da tante incursioni viveva ore paurose. Lo scoppio della Polveriera di Casalbagliano, provocata dai tedeschi, aveva oltremodo impaurito la popolazione; si diceva che anche il Ponte Bormida sarebbe saltato e si temeva anche per i nostri ponti, notoriamente minati. Sparatorie notturne in più parti della città, facevano presagire scontri cruenti e le notizie più gravi si divulgavano ovunque, facilmente credute dal popolo; molta gente presa dal panico aveva cercato rifugio sulle vicine colline.

Impressionato da questa situazione che poteva precipitare da un momento all’altro, il Can. Gho è subito tentato dall’offerta dell’Ufficiale austriaco, ma giustamente teme le rappresaglie del nemico in caso di rottura: apertamente manifesta il suo pensiero, ed il Cap. Lautischar comprende e lo rassicura come cristiano e come credente; si rende anzi personalmente garante. Parla con accenti di così sincero accoramento che turbano il nostro buon Sacerdote: sappiamo che oggi ancora, a distanza di dieci anni i due protagonisti di quel giorno conservano ottimi rapporti di amicizia.

Ed ecco il Can. Gho farsi intermediario presso il Comitato di Liberazione, che nascostamente era riunito in una corsia dell’Ospedale Civile. Alla richiesta di incontro i componenti il Comitato si mostrano esitanti e discordi; i giovani animosi vorrebbero combattere e vincere il nemico con le armi in pugno; altri invece temono che il prolungarsi delle trattative, rechi vantaggio ai tedeschi. Interviene allora l’Ammiraglio Girosi, appena liberato con altri, dal Reclusorio di piazza Goito; ostaggio qualificato e importante, fu trascinato fino in Alessandria dai tedeschi in ritirata. Si misurano le forze da una parte e dall’altra nel caso di combattimento intorno alla città e per ultimo, si discute sul luogo dell’incontro: a questo punto interviene Don Gho che indica e consiglia il Duomo. Certo il Canonico avrà pensato che dall’alto della Cupola, i 24 Patroni di Legnano, avrebbero dato ancora una volta la vittoria alla nostra gente!

E in Duomo avviene infatti l’incontro: Il Vicario Capitolare Mons. Civera presiede con l’autorità del suo rango, l’eccezionale incontro, ed è presente anche il Generale Comandante Hildebrandt. E’ un militare tedesco, duro, irriducibile; nascono presto complicazioni e gli animi si eccitano e si riscaldano. Vengono scambiate frasi vivaci, parole che feriscono: anche gli sguardi si fanno cattivi: la rottura delle trattative sembra inevitabile. Ma ecco il Capitano Lautischar avvicinarsi al Can. Gho e con tono umile e buono dirgli: A voi, Sacerdote, il compito di riportare tutti alla calma e alla Pace! E così fu veramente: il duro Generale di fronte alla fermezza dei rappresentanti di Alessandria, piegò il capo accettando tutte le condizioni propste. Era la resa dei tedeschi che liberava la città da un grande incubo salvandola da orrori e rovine.

Piero Angiolini 23-04-1955