di Ettore Grassano
“Sono arrivato a Tortona nel 1978, per fare l’agricoltore. Ho sempre fatto ‘la spola’ tra qui e la Liguria, e certamente a Rivalta Scrivia mi sento a casa mia: anche se questi ultimi anni sono stati faticosi, come sa bene chiunque operi nel settore turistico ricettivo”. Giuseppe Catto prima di parlare ti osserva per qualche secondo, e riflette: da imprenditore di lungo corso preferisce la sostanza dei fatti, e rilasciare interviste certamente non lo diverte. Però è uno che cose da dire ne ha eccome, e che l’evoluzione (e anche l’involuzione, per certi versi) del nostro Paese l’ha vissuta tutta nella trincea del lavoro: nel tortonese, appunto, ha fondato nei primi anni Ottanta l’Hotel Ristorante il Carrettino, brand conosciuto e apprezzato non solo a casa nostra, e gestisce la Fabbrica, limitrofa cascina che produce cereali e ortaggi, ma soprattutto è specializzata nell’allevamento di bestiame da carne, dai bufali all’angus, ai vitelloni di razza francese. Ma Catto si occupa anche di un importante albergo resort a Finale Ligure, mentre i suoi fratelli gestiscono importanti strutture turistico ricettive a Sanremo e a Limone Piemonte. Insomma, Giuseppe Catto ha certamente il polso e la visione di quanto sta accadendo nel nord ovest, in ambito turistico e nella ristorazione. E, pur non amando lamentarsi, non nasconde che i motivi di preoccupazione ci sono, anche in un’estate che, in Liguria, è da quasi ‘tutto esaurito’.
Catto, partiamo da Tortona, anzi da Rivalta Scrivia: lei è un ligure piemontese, oramai…
(sorride, e riflette, ndr) O addirittura un tortonese che vive anche in Liguria. Quando comprammo due cascine qui a Rivalta, ormai più di quarant’anni fa, probabilmente non immaginavo che mi sarei legato così profondamente a questa terra, e non solo per lavoro. L’anno della pandemia è stato certamente durissimo, anche perché un’attività come la nostra, basato sulla produzione agricola e sull’allevamento degli animali da carne, non puoi fermarla. In ogni caso ormai da mesi siamo ripartiti, con determinazione, e i motori stanno tornando a girare, sia a livello di ristorante e di ospitalità, con le nostre 44 camere climatizzate e dotate di ogni confort, e con lo spaccio delle carni e delle altre nostre produzioni, aperto dal giovedì alla domenica.
Chi sono i vostri clienti?
Tutti, in sostanza. Abbiamo convenzioni con gruppi industriali per il loro personale, durante la settimana lavorativa. E l’estrema vicinanza sia all’Interporto e al Parco Tecnologico, sia a tutti gli snodi autostradali, fa del Carrettino un punto di riferimento importante anche dal punto di vista logistico non solo per tutta la provincia di Alessandria, ma per chi si vuole incontrare in un punto baricentrico rispetto a Piemonte, Lombardia e Liguria. Altro grande filone è sempre stato, ed è, quello delle cerimonie e dei matrimoni, ma anche dei pranzi e delle convention aziendali.
Lei però, sia direttamente a Finale Ligure, sia attraverso le esperienze dei suoi fratelli in altre rinomate località della riviera e del Piemonte, ha ‘il polso’ della situazione turistico ricettiva sull’intero nord ovest: qual è la situazione?
Molto critica, purtroppo. In Liguria luglio e agosto sono da tutto esaurito, perché la gente non ne poteva davvero più di starsene in casa. Ma già da settembre ci sono tante, troppe incognite. Da un lato rischiano di mancare all’appello gli stranieri, che in autunno hanno sempre costituito un segmento ricco e interessante del mercato, dall’altro lato sentiamo voci di ogni tipo sul ritorno della pandemia, nelle sue tante varianti. Un clima di incertezza che certamente non consente di lavorare con serenità. Come fai a programmare, a mettere in piedi iniziative, a promuovere progetti? Si vive alla giornata, o alla settimana. In montagna poi è decisamente peggio, da un anno praticamente è tutto fermo, dopo una serie di imbarazzanti ‘tira e molla’ governativi: al sabato ancora non sapevi se al lunedì si potevano aprire gli impianti sciistici: il danno è stato enorme.
Stato, Regioni, Comuni: insomma, quali reali aiuti sono arrivati dalla mano pubblica alle imprese?
(riflette, ndr) Qualcosa si è visto: la cassa integrazione ad esempio, senza la quale la situazione di molti lavoratori del settore sarebbe stata ancora più drammatica. Ma i sostegni alle imprese sono stati assolutamente inadeguati, e soprattutto l’assoluta incertezza ha lasciato l’intero comparto turistico ricettivo in ‘sospensione’ per mesi, su diversi fronti. Insomma, si poteva e doveva fare di più. Ma noi siamo abituati a lavorare, più che a lamentarci. Per cui cerchiamo di guardare avanti, e speriamo che il peggio sia passato.
Diversi suoi colleghi, nell’alessandrino come altrove, hanno segnalato un’altra criticità: si fa estrema fatica a reperire personale sia generico che specializzato. E’ davvero così?
Purtroppo sì. Lo ha sottolineato lo stesso presidente di FederAlberghi, e sono iscritto su whats app ad una chat con colleghi piemontesi e ligure che quasi quotidianamente segnalano problemi di questo tipo. Parliamo, si badi bene, di persone a cui vengono offerti contratti super regolari, di categoria, anche con benefit interessanti. Non poche volte, e sicuramente più che in passato, ci si sente rispondere ‘no grazie’, quest’anno preferisco starmene fermo, con il sussidio, poi l’anno prossimo vedremo’. Questa è la realtà con cui oggi ci si deve confrontare in Italia, almeno nel nostro settore. Probabilmente chi fa le leggi dovrebbe porsi qualche domanda….