di Jimmy Barco
I Grigi in Serie B 46 anni dopo. Ed è partita la gara per far sapere al mondo quanto ognuno di noi addetti all’informazione aspettasse questa notizia, quanto abbiamo pianto di commozione, quando ci mancasse quella categoria, quanto ci siamo emozionati al rigore trasformato da Rubin, quanto siamo “Grigi dentro”, quante volte da bambini si andava al Mocca accompagnati da genitori o congiunti e quanti bocconi amari abbiamo ingoiato.
Siamo tutti diventati dei Catullo o dei Neruda della pelota. E’ bastato sostituire il nome dell’amata, oggetto di rovente e lacerante passione al quale i su citati si rivolgevano, con l’Alessandria Calcio ed il gioco è fatto. Noi, improvvisati Catullo o Neruda della Fraschetta, alle volte pare scriviamo e parliamo soprattutto per stupire i lettori e gli ascoltatori, per far sapere alla città le nostre doti di mente e di cuore.
Quanto ai festeggiamenti pubblici, in confronto quelli riservati all’Inter, fresca Campione d’Italia e considerando che Milano è venti volte più popolosa di Alessandria, sono sembrati una festa condominiale per l’inaugurazione nello stabile dell’agognato ascensore.
Ma c’è una peculiarità della festa mandrogna che mi ha sorpreso e che è stata rilevata anche da altri osservatori: tutte le generazioni ai festeggiamenti erano rappresentate. Una festa nella quale i protagonisti erano non solo tifosi e sportivi, come spesso capita in queste occasioni.
Un segnale indicativo e importante o solo voglia di gioire dopo tanti mesi di terrore e confino? Propenderei per la prima lettura. Perché non parlare di un nuovo ingrediente: un inaspettato spirito di appartenenza. Che proprio l’approdo fra i cadetti abbia funzionato da detonatore? Se questa mia tesi fosse, anche solo in parte, esatta possiamo realisticamente pensare che questa promozione possa trasformarsi in un motore di rinascita di una città capoluogo che sembra inesorabilmente avviata sul piano inclinato della crisi esistenziale.
Ma per fare sì che Alessandria tutta riesca a capitalizzare questa promozione sportiva dovremo usare certe accortezze. Per esempio cominciare a soprassedere sul particolare (rilevato da molti in questi giorni) che un torinese Doc come Di Masi, e non un imprenditore di casa nostra, sia stato protagonista e artefice indiscusso di questo balzo in alto.
L’Inter, per esempio, ha rivinto il campionato dopo una decina d’anni di digiuno ma per i nerazzurri, pur essendo diventati una “provincia” della galassia imprenditoriale dei Suning, nessuno si è sognato di sostenere che la Cina e un cinese hanno vinto lo scudetto: Campione d’Italia è l’Inter, punto e basta. A chi preferirebbe proprietà alessandrine per i Grigi sarà opportuno rinfrescare a i malati affetti da mandrognosi acuta.
Di Masi ha rilevato l’Alessandria calcio proprio da imprenditori e professionisti locali. Personaggi questi ultimi che oggi tutto possono dire, pensare o lasciar credere, tranne che questa promozione sia, neppure in piccola parte, merito loro.
La Storia dei Grigi infatti non l’hanno scritta nè Capra, né Camagna né tanto meno Pavignano, invero l’hanno comprata (la storia, intendo) ma non l’hanno mai studiata. Di Masi da questi su citati ha acquisito le insegne e le pagine gloriose alle quali questi postmandrogni sono totalmente estranei, Di Masi si è cuccato in saldo pure il DS Svicolone Menegatti, il mister Cusatis Scusatis e… tanti, tanti debiti.
Non è un segreto che, appena arrivato in città, Di Masi ha speso tempo e ingenti risorse finanziarie per pagare i puffi che la gestione degli alessandrini era riuscita ad accumulare con i fornitori nel breve volgere di otto mesi ( sì, avete letto bene, 8 mesi, non 8 anni; precisamente dall’aprile 2012 al gennaio 2013). E stendiamo un velo pietoso sui risultati sportivi ottenuti da questi tronfi dirigenti locali.
Studiare la storia serve anche per capire il presente, ma i mandrogni in generale spesso la loro Storia non la studiano, non si applicano o….fanno finta di non ricordarla, che è pure peggio.
Tornando all’argomento principe, vedremo come e fino a che punto Di Masi metterà mano alla struttura della Società per individuare nuove professionalità da inserire nell’organigramma.
Il tutto avverrà penso gradualmente, ma la Serie B impone, se non ti vuoi limitare ad una toccata e fuga, un approccio diverso rispetto al passato, più professionale.
Ogni dirigente deve occupare il proprio posto, così che si sappia chi fa cosa. Ognuno di loro poi sarà chiamato a rispondere dei risultati del proprio lavoro, evitando i facili alibi, attività largamente praticata quando c’è confusione dei ruoli.
Il DS, per esempio, sarà il diretto responsabile della campagna acquisti e, visto il budget a disposizione, a nulla vale lasciar credere che i giocatori bravi sono farina del suo sacco mentre la crusca l’ ha voluta qualcun altro….
Detta così sembrerebbe la solita enunciazione di principio sentita spesso e dovunque. In realtà credo che, se non si lavora soprattutto in quel senso, consolidarci in cadetteria rimarrà una pia illusione.
Venti buoni giocatori e un buon allenatore non bastano. Se per la gestione dell’Alessandria Calcio i problemi sono importanti ma circoscritti, per cavalcare un piccolo rinascimento ci vuole voglia di fare, fantasia e pure impegno da parte di politici e dirigenti, perché non basta, secondo me, la passione e l’impegno estemporaneo di qualche amministratore tifoso dei Grigi per cogliere obiettivi ambiziosi.
Sotto questo aspetto, per esempio, l’incontro avvenuto in Comune fra il Sindaco e la Società mi pare mancasse della solennità che l’occasione richiedeva.
Peraltro questa Amministrazione comunale ha sempre mantenuto rapporti collaborativi e di supporto con il Club, ma stavolta credo che l’Ufficio Comunicazione e i responsabili municipali del Cerimoniale abbiano organizzato un comitato di accoglienza e di ringraziamento davvero misero.
Dico ciò partendo da un presupposto discutibile magari ma fondato sull’osservazione delle realtà omologabili alla nostra.
I Grigi in Serie B infatti proiettano questa città fra le prime quaranta piazze calcistiche italiane. Una città questa che, fra i capoluoghi di provincia, nelle varie classifiche stilate ogni anno su Il Sole 24 Ore, arranca fra il settantacinquesimo e il novantesimo posto (su 92!), a seconda degli argomenti sotto valutazione.
Inoltre ritengo che portare in giro per l’Italia il brand “Alessandria”, diventa più facile rispetto al passato.
Disputare infatti un campionato nazionale di calcio con l’occhio di bue dei media focalizzato sulla nostra plaga paga e pagherà.
La Cittadella, la Chiesa di San Francesco, Palazzo Ghilini o il plesso museale di Marengo, giusto per citare alcune delle nostre glorie cittadine, sono quasi irrilevanti rispetto alla visibilità garantita da un campionato in B dei Grigi. Capisco che questo assioma sia indigesto all’intellighenzia nostrana un po’ snob e sostanzialmente autoreferenziale. Se sono stato blasfemo o superficiale me ne scuso ma, per quello che hanno fin qui prodotto in termini di immagine cittadina certi nostri intellettuali da operetta, sarà meglio per una volta non starli neanche a sentire o ascoltare i loro borbottii tipici di una pentola sul fuoco nella quale cuociono un quintale di fagioli della Val Borbera.
In cauda venenum. Temo che alcuni giornalisti sportivi qui da noi, almeno è la mia impressione da scrupoloso lettore e attento ascoltatore dei media, si siano un po’ montati la testa dopo il rigore decisivo calciato da Rubin contro il Padova. Adesso mi pare di intravvedere atteggiamenti tipici delle mosche cocchiere le quali, comodamente sedute sulle corna di un gigantesco bue durante un guado periglioso, e arrivate sane e salve sull’altra riva del fiume, sussurrano nell’orecchio dell’animale: “hai visto, ce l’abbiamo fatta!”
Ora sarà meglio ricordare a questi fenomeni dalla piuma rovente che è l’Alessandria Calcio che ha compiuto l’impresa sportiva, e loro si sono rivelati spesso testimoni quanto meno distratti e superficiali. Non si credano mica di aver scalato una categoria pure loro assieme a Longo e ai suoi ragazzi.
Ma se qualcuno di loro crede di essere diventato per incanto giornalista di Serie B si sbagliano. Certi personaggi erano scarsi anche quando i Grigi militavano in Eccellenza, sono rimasti gli stessi, non sono certo migliorati con gli anni e se l’Alessandria per un caso clamoroso dovesse arrivare in Champions League non è certo la loro professionalità che se ne giova automaticamente.
Adesso sarà l’onnipotente “mercato” a ristabilire le gerarchie, e i giornalisti migliori dovranno impegnarsi a scrivere e commentare più spesso sul fronte Grigio, così da alzare il livello medio della categoria e dell’informazione. Dal punto di vista massmediatico sarà la competenza del singolo a fare la differenza, non certo l’arroganza e la protervia di alcuni, inadeguati anche quando l’Alessandria militava in Serie D (D come Domodossola …). Chi vuole intendere intenda e gli altri, come si usa dire, in roulotte…