L’amministrazione comunale di Alessandria ci invita ad intervenire per trovare un approccio equilibrato, realistico, e scientificamente appropriato, capace di uno sguardo prospettico verso la ricerca del “bene comune”.
La nostra prospettiva è la seguente: Solvay risulta essere una grande azienda chimica di livello mondiale, e ne deduciamo che, se non riesce a gestire le proprie produzioni senza lasciare percolare in continuazione i suoi prodotti chimici nel sottosuolo, non è certo per
incapacità tecnica, ma solo per incuria o, peggio, per aumentare i profitti.
Troveremmo pertanto doveroso che il Consiglio comunale aperto di martedì prossimo si
“aprisse” con tutta una serie di comunicazioni di Solvay, ma anche del Comune, della
Provincia e dell’Arpa, che con l’occasione ponessero fine al malvezzo degli “omissis”,
delle secretazioni e delle non pubblicazioni di tutti quegli atti e quelle notizie dalle quali può
dipendere la salute dei cittadini e dell’ambiente della zona di Spinetta e non solo, come
viene da pensare se si legge lo studio epidemiologico pubblicato nel 2019 dalla struttura
di epidemiologia ambientale della stessa ARPA.
Basti pensare al fatto che l’autorizzazione AIA di Solvay del 2010 è stata solo da poco resa
pubblica dalla Provincia, con un ritardo di dieci interi anni, oppure ricordare i
cinquantasei omissis contenuti nella istanza di Solvay per l’estensione della produzione
del cC6O4, e i trentotto omissis che caratterizzano lo stesso provvedimento autorizzativo
emanato dalla Provincia il 26 febbraio scorso, che arrivano ad omettere persino le
informazioni riguardanti le emissioni degli impianti.
E, oltre ai vari PFAS (dal cC6O4, all’ADV7800, al PFOA, ecc), ci chiediamo quanto finora
non è dato di sapere a riguardo delle decine di altri composti inquinanti – Cromo VI,
Cloroformio, Tetracloruro di Carbonio, Tetracloroetilene, Triclorofluorometano,
Diclorodifluorometano, Bisfenolo? – che verosimilmente potrebbero essere dispersi nel
sottosuolo, nelle falde e nell’aria, dentro e fuori dal sito industriale, a scapito della salute
dei cittadini, ma anche degli stessi lavoratori di Solvay!
Sarebbe anche altrettanto doveroso che il Consiglio si aprisse rendendo noti gli sviluppi
della recente autorizzazione alla produzione ed uso del cC6O4 del 26 febbraio scorso,
che prevedeva uno stop iniziale per garantire l’assoluta tenuta della condutture degli
impianti e l’eliminazione delle perdite dovute non solo a tubazioni ma anche ad emissioni
diffuse. Oggi a che punto siamo? La ditta ha realizzato gli interventi programmati? ARPA
ha predisposto la propria valutazione tecnica? Insomma: la produzione e l’uso del
cC6O4 sono già ripresi?
Quello che sappiamo è che Solvay, contro i provvedimenti adottati da Provincia e
Comune, ha recentemente presentato due ricorsi al TAR. In particolare la ditta ha
impugnato i limiti agli scarichi nelle acque della Bormida in quanto, a fronte di una
produzione annua autorizzata di 60 tonnellate, Solvay trova stretto poter scaricare nel
Bormida “solo” 940 kg/anno, quindi oltre l’1,5% del cC6O4 prodotto: qualcuno ci può dire
se questo è normale? Inoltre, visto che Solvay dovrebbe produrre questa molecola solo
per lavorazioni interne, senza lasciarne traccia nel prodotto finale, ci potrebbe anche
rivelare dove finisce il restante 98,5%? Forse in aria? Oppure nei fanghi e nelle resine? E
poi questi che fine fanno?
E Solvay dovrebbe anche parlare dello sversamento accidentale di una soluzione
concentrata di cC6O4 avvenuto l’8 dicembre scorso, ma che finora non è mai stato reso
pubblico. Legambiente ne è venuta a conoscenza accedendo alla documentazione
allegata ai ricorsi di Solvay, ma fino ai primi giorni del mese di marzo di questo non erano
stati informati neppure Provincia, ARPA o Comune, eppure nella falda Solvay ha poi
riscontrato un aumento del cC6O4 fino a ben 1.219 microgrammi per litro . Eppure il
poter seguire e verificare dall’inizio la dinamica evolutiva del plume di contaminazione
generato dallo sversamento avrebbe potuto almeno essere utile per chiarire come si
diffonde questo inquinante nel terreno e nelle falde. Ancora una volta Solvay ha perso
l’occasione per poter comunicare celermente un incidente e permettere alle autorità di
indagare l’evolversi del fenomeno nell’interesse e nella sicurezza dei lavoratori e della
popolazione.
Insomma, secondo Legambiente il Consiglio Comunale aperto dovrà essere il momento di
pretendere che Solvay cambi finalmente approccio nei confronti dell’ambiente e della
salute dei cittadini di Alessandria!
E noi ci saremo con Andrea Minutolo, Responsabile Scientifico di Legambiente
Nazionale, a testimoniare la gravità della situazione e l’impegno di Legambiente tutta
affinché siano stabiliti limiti nazionali stringenti rispetto a queste sostanze inquinanti che
portino all’eliminazione dei PFAS nei processi produttivi. #LIBERIDAIVELENI
Michela Sericano
Legambiente dell’Ovadese
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