Ho un amico (lo indicherò come Franco per semplicità) che si occupa di cavalli da quarant’anni. E’ noto a livello nazionale ed europeo per le sue competenze.
Recentemente Franco è stato invitato ad un concorso ippico. In giuria al suo fianco un commercialista (lo chiamerò Livio per brevità), non riconosce un baio da un pezzato ma sul curriculum risulta avere gli stessi titoli di Franco.
Il disappunto di Franco è evidente ma egli è troppo nobile per andare dall’organizzatore e dirgli: “Che cavolo significa, Bob?”.
Allora sorride e fa buon viso a cattivo gioco, visto che a tutti gli altri sta bene; Franco finge di essere interessato alle considerazioni di Livio che pontifica ampiamente sulla superiorità degli Arabi rispetto ai Berberi e sulle nuove frontiere della ferratura.
Franco tace.
Tutti pendono dalle labbra di Livio.
“Sarà il potere del suo dopobarba al bergamotto” pensa Franco.
Il giorno dopo sulle riviste specializzate (“Cavalli e segugi”, “Horses House”, “Denti e finimenti”) Livio e Franco hanno il medesimo rilievo. Anzi, a ben guardare Livio risulta un filo più considerato.
Mi pongo un quesito forse ingenuo:
E’ solamente il mondo equino a non essere equo oppure ciò accade nei settori vari della conoscenza e del mondo?
Quesito per i lettori:
Avete esperienze analoghe?
Quesito esistenziale:
Val la pena nella vita essere Franco?
PS: in un Comune italiano di circa 60mila abitanti l’attuale Assessore allo Sport ai tempi del Liceo era esonerato da Educazione Fisica. E non si chiama Livio, ma certamente neppure Franco.
Stampa