La normalità è garantire al paziente critico le cure intensive, ovvero il più elevato livello disponibile di trattamento continuo. Una normalità che ha fatto, e sta ancora facendo, i conti con la pandemia da coronavirus, mentre si affianca la graduale ripresa dell’attività ordinaria fra riorganizzazione interna e un cantiere aperto al settimo piano.
Fabrizio Racca, direttore del Dipartimento Anestesia – Rianimazione che comprende le strutture di Anestesia e rianimazione, i blocchi operatori, la terapia intensiva pediatrica, quella cardiochirurgica e la terapia del dolore, parla dell’impatto pesante del covid, dei progetti di sviluppo e innovazione, del rapporto con l’Università del Piemonte Orientale e dell’attività di ricerca scientifica, mentre dal suo studio arriva il costante rumore del cantiere (su un’area è previsto il trasferimento della terapia intensiva neonatale).
«Gli obiettivi sono finalizzati a guardare oltre la pandemia, per fare ripartire l’attività chirurgia di elezione, i lavori della terapia intensiva cardiotoracovascolare e lavorare per il miglioramento del percorso del paziente» afferma Racca.
Il Dipartimento lavora su due fronti: all’ospedale infantile si occupa dell’anestesia e della rianimazione pediatrica, mentre al Civile dell’anestesia e rianimazione e della Terapia del dolore.
Al ‘Cesare Arrigo’ gestisce una terapia intensiva di cinque posti letto e all’ospedale Civile gestisce due terapie intensive, la terapia intensiva generale (dodici posti letto) e la terapia intensiva cardiotoracovascolare (sette posti letto).
«Quando è arrivata l’ondata del covid siamo passati da diciannove a trenta posti, reclutando il personale dalle camere operatorie perché qui la specializzazione non si può improvvisare. Ora siamo impegnati per garantire un eventuale ampliamento dei posti covid, ma anche, e soprattutto, per tornare alla piena attività specialistica complessa. Per questo – prosegue – si lavora molto in collaborazione con il Dipartimento chirurgico di Andrea Barbanera con il quale si analizzano e discutono i problemi per individuare soluzioni comuni. È un modello che può essere vincente perché consente di ottimizzare la gestione. Sono arrivato undici anni fa e posso dire che l’evoluzione, sotto le direzioni aziendali che si sono susseguite, da Nicola Giorgione a Giacomo Centini, è sotto gli occhi. L’organizzazione dipartimentale è stato il passo naturale».
Ma non è tutto. La progressiva interazione e gestione multidisciplinare ha profondamente modificato e cambiato il rapporto con la Medicina generale e la Medicina di urgenza e Pronto soccorso con l’obiettivo di ottimizzare il percorso dei pazienti. Quella che era una trasformazione in atto, ha subito una positiva accelerazione con la pandemia favorendo «collaborazioni come quella con il centro polifunzionale “Borsalino” che ha visto al centro la gestione dei pazienti covid nella loro fase di riabilitazione».
Fabrizio Racca quando afferma «noi lavoriamo con tutti» non semplifica, bensì sintetizza quello che avviene all’interno di un Dipartimento che con questo assetto riesce ad assicurare una importante produzione scientifica. «Nei mesi scorsi – sottolinea il direttore – siamo stati inseriti in alcuni studi nazionali su pazienti covid che si sono aggiunti ad altri studi che stavamo già svolgendo». I fronti aperti sono molti, si va dalle problematiche respiratorie e cardiache alle patologie neuromuscolari, tra le più frequenti che si incontrano in rianimazione, e in particolare uno studio su disabilità e gravidanza. La struttura guidata da Fabrizio Racca è al lavoro anche su altri progetti in fase di sviluppo con l’Università del Piemonte Orientale, fra cui uno sull’uso dell’ecografia diagrammatica su pazienti ventilati in terapia intensiva e un altro sullo svezzamento di pazienti ventilati con covid. E rispetto al rapporto con l’ateneo, il direttore del Dipartimento Anestesia – Rianimazione non dimentica il lavoro di formazione.
«Abbiamo scelto una impostazione particolare, anche grazie alla proposta di Martina Taverna, medico anestesista rianimatore della equipe, che vede i nostri professionisti impegnati in un tutoraggio molto stretto, quasi in simbiosi, con gli specializzandi. In questo modo riusciamo ad aver il polso reale di quanto stanno facendo e imparando, di quanto sono in grado di fare in autonomia. I risultati ottenuti finora sono molto incoraggianti. Alcuni specializzandi hanno scelto di tornare da noi e sono stati molto importanti in particolare nella gestione del reparto nella fase di emergenza».