di Enrico Sozzetti
La visione dell’Università del Piemonte Orientale e l’auspicata risposta di Alessandria dovranno fare i conti con i tempi della burocrazia e la ricerca dei fondi. Che per ora, nonostante alcuni annunci, non ci sono
Ad Alessandria è stato accolto con titoli roboanti l’annuncio che l’Università del Piemonte Orientale sta cercando uno spazio per realizzare «un campus universitario all’avanguardia da destinare ai corsi delle aree medico-sanitarie e dell’area umanistica». Una idea su cui è impossibile trovare qualcuno che sia in disaccordo, ci mancherebbe. Ma è anche una idea che per ora resta tale, non fosse altro che i tempi per vedere aprire un cantiere si devono calcolare in anni. Se tutte le cose vanno per il verso giusto, è naturale. E qui, la faccenda un po’ si complica.
Iniziamo dalla procedura. «La decisione di creare un nuovo campus nel capoluogo alessandrino è stata il primo passo formalizzato dal Consiglio di amministrazione Upo nel mese di dicembre. Lo step successivo, attraverso procedure pubbliche trasparenti, è la ricerca attraverso un avviso pubblico di manifestazioni di interesse alla vendita per identificare l’area più adatta» racconta un comunicato stampa dell’Ateneo. Una visione di sviluppo per Alessandria che il Piano strategico 2019 – 2024 dell’Upo sintetizza in cinque parole: “Realizzazione di un campus universitario”. E che si traduce nell’avviso pubblico datato 20 gennaio 2021 e che indica nel 15 febbraio 2021 la scadenza per presentare l’offerta di cessione che potrà arrivare «da proprietari pubblici e privati, singoli e associati (di terreni confinanti), e dovrà essere conforme alle caratteristiche pubblicate sul sito dell’Università del Piemonte Orientale».
Cosa cerca l’Ateneo? «Un’area pianeggiante con una superficie compresa tra i 18.000 e i 22.000 metri quadrati, facilmente accessibile dalle vie già esistenti e nelle vicinanze del Dipartimento di Scienze e innovazione tecnologica (Disit), che ha sede in viale Michel nel quartiere Orti».
Idee chiare, a fronte di una disponibilità di aree non proprio abbondante. Si vedrà. Prima di tutto bisogna attendere le offerte che saranno successivamente valutate e analizzate prima dall’Ateneo poi a livello ministeriale. Se tutto fila liscio, si parla di diversi mesi prima di stabilire la regolarità e la congruità dell’offerta. Nel frattempo si aprirà un altro fronte. Se l’eventuale area offerta non fosse già dedicata a residenze e servizi, sarà necessaria una variante. E qui, a seconda del tipo di variante al Piano regolatore, i tempi potrebbero essere medio-lunghi (anni). Intanto si è almeno pensato alle risorse? No, per adesso. Il Rettore, Gian Carlo Avanzi, in una intervista a un giornale locale alessandrino, ha dichiarato che si investiranno sul futuro campus fino a «sessanta milioni di euro». I soldi dove sono? Sono previsti mutui? Dal Bilancio previsionale 2020-2022 non risultano né impegni di spesa, né l’accensione di mutui fino al 2022. Dove e come potrebbero quindi essere reperiti i fondi con una tempistica, e certezza, ragionevole? Non si sa. Alla domanda, l’Ateneo non ha risposto e ha precisato che al progetto del Campus verrà dedicata una specifica conferenza stampa, la cui data è ancora da fissare.
I punti da chiarire, per dare corpo e concretezza all’idea del campus, sono molti. Lo stesso Avanzi ha parlato di condizioni come un «accordo di programma con enti locali, in primis Comune e Regione, per un cofinanziamento» (ma è già stata chiesta la eventuale disponibilità, considerando lo stato non proprio brillante di tutte le casse pubbliche?) e il ministro Gaetano Manfredi (dal 10 gennaio 2020 alla guida del dicastero Università e della ricerca) «ha detto che non si tirerà indietro (parole arrivate prima delle dimissioni del presidente del Consiglio, ndr)».
E non è tutto. Il Rettore ha affermato che «se si costruisce un sito come lo intendo io», allora «si porterebbero tutti gli studenti, compresi quelli del Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche economiche e sociali». Uno scenario futuribile in cui Palazzo Borsalino, oggi sede del Digspes, verrebbe progressivamente svuotato. E lo storico contenitore che fine farebbe?