Alla fine, dunque, le Province spariranno? Secondo il premier Letta, e il ministro D’Alia, così sarà, senza se e senza ma. Non ci sarà,insomma, un semplice maquillage all’italiana, con cambio di insegne a Palazzo Ghilini, tipo: nuovo Comprensorio di Alessandria e provincia. Avremo invece una vera e propria cancellazione dell’ente, con tutte le conseguenze del caso, di cui parliamo nell’intervista di stamattina con il presidente Paolo Filippi. Che, coerentemente con quanto ha sempre dichiarato, definisce la cancellazione delle Province una “ridicola propaganda”, con risparmi modesti (e addirittura incerti), e tantissimi punti interrogativi.
Vediamone alcuni: che ne sarà del personale in organico, e delle sedi di proprietà? E i mutui in corso, chi li paga? Le competenze, come verranno ripartite tra Regioni (spesso già in profondo rosso: citofonare Cota), e comuni nel baratro? Insomma, il rischio è davvero che parta un meccanismo che, alla fine, avrà generato tanti spostamenti formali, senza nessun risparmio di sostanza: o magari addirittura con sovraccarichi di spesa, come spesso succede in questi casi.
Personalmente, non siamo sostenitori ad oltranza delle Province, tutt’altro. E’ nostra convinzione che rappresentino davvero (per come sono state gestite nei decenni) uno dei tanti nodi di inefficienza pubblica. Ma, appunto, uno dei tanti: non l’unico, non il principale. Per cui, se è vero che per risanare il Paese da qualche parte si deve pur partire, l’impressione qui è che ci si stia concentrando su un “furuncolo”, rispetto ad un corpaccione malato che è impossibile curare davvero, senza costi da macelleria sociale. Come ad Alessandria peraltro ci raccontiamo da un po’: almeno in questo antesignani e precursori.
Non entriamo, naturalmente, con queste riflessioni flash, nei singoli temi e filoni. Ma l’altra giorno, per fare un esempio, un addetto dei centri per l’impiego mi diceva: “altro che dismessi: noi dovremmo essere potenziati, secondo quanto dice il Governo”. Già, perché i centri per l’impiego (oggi in carico proprio alle Province: dal 2014…non si sa!) dovrebbero farsi carico di trovare, dall’anno prossimo, almeno un’offerta di lavoro ad ogni neodiplomato e neolaureato della penisola, perché lo dice l’Europa. Ma quali offerte, in questo contesto economico, nessuno sa immaginarlo. E poi, che significa a tutti? A quale azienda può essere imposto per legge di assumere un laureato in lettere, o in scienza della comunicazione, se non sa che farsene? Agli enti pubblici, immaginiamo. Insomma, ecco un altro esempio di normativa senza criterio (finalizzata al posto di lavoro imposto per legge, e non alla creazione di lavoro vero, reale), che se applicata porterà risultati devastanti.
Intanto, però, aspettiamo davvero di comprendere meglio quale sarà l’iter di dismissione delle Province, e quali i risparmi (o i costi) ad esso collegati.
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