Un piccolo rabbuffo ai media alessandrini

Patrucco Giancarlodi Giancarlo Patrucco
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L’ho sentito ieri sera al Tgr Piemonte: un uomo, di origine maghrebina, si presenta al Cissaca per chiedere un posto di lavoro. Poi comincia a urlare, tira fuori un coltello e minaccia, prima una dipendente e poi la direttrice del Cissaca che interviene richiamata dal trambusto.

Io scrivo abitualmente su Cittàfutura on line, espressione di un’associazione politico-culturale che edita il giornale omonimo. Qui siamo tutti volontari e non abbiamo né gli strumenti né le risorse per stare sull’attualità. Però, siamo vocati a fare delle notizie di attualità, in specie quelle riguardanti la nostra città, oggetti di approfondimento, di riflessione, di commento e di analisi. Così, poiché la notizia del Cissaca mi sembrava importante e, nell’attuale situazione alessandrina, anche allarmante, ho passato qualche ora sfrucugliando fra i principali giornali on line di Alessandria.

Ho letto che il medesimo maghrebino già aveva combinato guai in Comune, qualche giorno prima, frantumando un quadro e scagliando un portacenere contro una porta a vetri. Motivo? Sempre lo stesso: richiesta di aiuto, disoccupazione, una famiglia sulle spalle.
Ho letto le dichiarazioni della dipendente, della direttrice e del Presidente del Cissaca, Mauro Buzzi, allarmati perché ne hanno già passate altre, anche se non pericolose come questa.

Ho letto che Rita Rossa ha chiesto al Prefetto la convocazione del tavolo sulla sicurezza, alla luce di altri fatti vandalici accaduti nei giorni precedenti. Ho letto la sdegnata dichiarazione del capogruppo della Lega Nord, Roberto Sarti, che se la prende con la politica buonista e le incredibili proposte del ministro Kyenge per arrivare a dire che “il gesto di oggi non deve essere considerato come un gesto di un disperato, sarebbe troppo facile. Il gesto di oggi va punito severamente anche al fine di non creare la convinzione che per ottenere qualcosa sia necessario ricorrere alla violenza.”

Vero, tutto vero. Alessandria è una città che corre qualche rischio, gli operatori sono i più esposti, la violenza dev’essere punita, qualunque sia il motivo scatenante.

Però…Però, sono rimasto sorpreso e persino un po’ stranito per la dovizia dei resoconti sui fatti accaduti a fronte della pochezza di notizie sulla persona che li ha compiuti. Mettendoci tutto il mio impegno, ho raggranellato una misera manciata di elementi: l’uomo si chiama Laroussi Krimi, ha cinquant’anni, è tunisino, è disoccupato da tempo e ha una famiglia che comprende un figlio disabile.
Nient’altro.
Nessuna informazione sui suoi pregressi in Italia: da quanto tempo è qui, da quanto tempo sta in Alessandria, cosa faceva prima, come tira a campare adesso.
Nessuna informazione sulla famiglia: dove abitano, quanti sono, che tipo di disabilità affligge il figlio, che cure riceve, a quali sussidi ha diritto.
Nessuna informazione sul suo stato penale, precedente e attuale: ha subito altre condanne, è indiziato di altri reati oltre a quelli citati qui, è in carcere o ai domiciliari, avrà un avvocato pro bono oppure qualche associazione pensa di intervenire per assicurargli una difesa.
Non si sa. Sembra che la cosa non interessi nessuno.

Lo so. So già cosa me ne verrà, da questo mio intervento. I più gentili mi definiranno”buonista”. La solita anima pia che si commuove per il delinquente più che per le sue vittime. I più aggressivi mi daranno del “comunista” o del “catto-comunista”, deplorando questa deriva di cattiva sociologia, anzi di sociologismo, che ogni tanto affiora in simili circostanze. I più smaliziati bolleranno questa mia uscita come esempio di cinismo. Un modo infame per fare un po’ di pubblicità a me stesso e al mio giornale.

Capisco. C’è dentro tutto. Ma, dentro, c’è anche un dovere che ha riflessi professionali e umani. O etichettiamo Laroussi come delinquente abituale, come psicopatico, come soggetto incapace di vivere in un mondo fatto di rispetto per le regole, oppure andiamo a vedere chi è Laroussi.

Perché ha fatto quel che ha fatto non è una domanda retorica. Capire chi è, come vive, cosa pensa non è un esercizio inutile. Una possibilità non si nega mai. A nessuno.